Perché viaggiare? Per amare. Torna per i giovani "Viaggiare per condividere"
Giovani e missione. Domenica 25 inizia il nuovo cammino annuale di "Viaggiare per condividere". Ecco le esperienza di tre ragazzi che lo hanno frequentato. Un vissuto da rileggere per rendere missionaria tutta la vita
«Perché frequentare “Viaggiare per condividere”?, Beh… perché è necessario. Per imparare a viaggiare prima con il cuore e con la mente. Poi anche con il corpo». Come spesso accade, il miglior sponsor di un’iniziativa è chi già l’ha vissuta. Le parole di Gioele Franchin, di Vigorovea, non hanno bisogno di interpretazioni e spiegano l’attesa che si respira per il nuovo inizio di questo percorso che da anni punta a introdurre i giovani (18-35) alla missione. Ma “Viaggiare”, o “VxC” come lo chiamano loro, non ha certo bisogno di pubblicità. Le adesioni stanno arrivando al Centro missionario, e anche se i “presente” continueranno ad accumularsi fino a domenica 25 novembre, data del primo appuntamento, sono proprio il passaparola e le testimonianze di chi ci è passato ad attirare i nuovi iscritti che hanno fame di formazione. E non solo.
«“VxC” ti fa uscire dal circolo dei tuoi pensieri, ti mette a confronto con le altre culture, con le altre persone. Ti costringe proprio a metterti nei loro panni. E il mondo, visto da lì, ha un aspetto un tantino diverso». A parlare è sempre Gioele, 19 anni, vita di parrocchia a Legnaro, vicino alla comunità di Villaregia, entusiasta del corso universitario appena iniziato in interior design allo Iuav di Venezia. Le suore di Madre Teresa che ha conosciuto quest’estate a Scutari, in Albania, lo hanno stupefatto. «Quando ho messo piede per la prima volta nella casa per ragazze con deficit mentali più o meno gravi, sono rimasto shockato. Non ero pronto per una cosa del genere. Dalla volta successiva, tuttavia, ho iniziato a percepire solo amore e ho cominciato a sentirmi a casa». Il volto del viaggio, per Gioele, è quello di Ergan, il bambino più vivace del gruppo di cui i giovani si occupavano al mattino: tutta la freddezza di quei giorni si è sciolta in quell’abbraccio, al momento della partenza, che il giovane padovano non dimenticherà.
Erica Pini invece è arrivata a “Viaggiare” da lontano, la sua provincia d’origine, Como. Ed è finita ancor più lontana: Mozambico, Alto Molocué, con i padri dehoniani. La povertà che ha toccato con mano lì non ha nulla a che vedere con quella vista in Brasile nel 2013, alla Gmg. Nell’Africa profonda è una questione di opportunità, di scelte, anche di sapere: tutto questo spesso manca. Ma non è tutto qui. «Mi sono sorpresa più volte a pensare: “che gambe lunghe quel bambino, da noi diventerebbe un grande atleta...”. Oppure: “come canta questa bambina, in Italia sfonderebbe come artista”. Poi però mi rendevo conto che nessuno di noi viene al mondo per “diventare qualcuno”: alla fine noi viviamo per amare. E, anche se sembra retorico, quest è possibile anche nel Mozambico di oggi».
In partenza, tutti pensiamo a che cosa potremo fare laggiù, in missione, «in verità si tratta di stare, di “condividere” appunto. Certo, qualcosa possiamo fare: “Viaggiare” mi ha donato una consapevolezza diversa – racconta la neo dottoressa in psicologia - In Occidente rischiamo di vivere al di sopra delle nostre possibilità, e altre parti del pianeta pagano un prezzo per questo. Le mille scelte di ogni giorno, minuscole e spesso compiute in automatico, specie quando facciamo la spesa, se fatte con cognizione di causa possono cambiare l’andamento delle cose».
Piera Congia, educatrice 26enne di Legnaro, non vede l’ora che venga domenica 11 (novembre). L’incontro tra tutti i giovani rientrati dai viaggi è in programma da tempo e lei lo attende con ansia. «Testimoniare tutto quello che abbiamo vissuto è fondamentale – assicura – ma mettere veramente a fuoco per noi ogni aspetto di questa esperienza è possibile solo con chi ci è passato. La bellezza dell’incontro con l’altro che abbiamo sperimentato si può verificare anche da noi, ma coltivarlo da soli è complicato, la frenesia della routine rischia davvero di farla svanire».
Anche Piera è stata in Mozambico, ma a Quelimane, con i padri cappuccini. I bambini dei due orfanotrofi, uno maschile e l’altro femminile, li hanno letteralmente travolti. «Dopo un po’, invece, stare con loro ti viene naturale e un po’ per volta tocchi con mano tutto ciò che il percorso con “Viaggiare” ti ha comunicato con gli incontri e il confronto. “Viaggiare” ti apre gli occhi sui grandi cambiamenti che ci stanno investendo, a partire dalle migrazioni. Ti fa andare oltre casa tua, oltre il tuo paesino, per guardare al mondo. Ripartire? Magari! Ma di testimoni c’è bisogno anche qui».
Un itinerario ricco e la cura del rientro
L’incontro di domenica 11 novembre per tutti i ragazzi rientrati dai viaggi missionari estivi rappresenta una scelta chiara da parte della commissione che si occupa di “Viaggiare per condividere”. «Il viaggio smuove sempre qualcosa dentro – spiega la referente Sandra Zemignan – Qualcosa che spesso conduce a scelte importanti per i ragazzi e che dà un significato diverso a tutto ciò che si intraprende o si continua». Dopo l’11 dunque verranno proposti altri incontri per compiere una rilettura personale e di gruppo dell’esperienza vissuta e individuare lo stile missionario da dare alla propria vita.
Il percorso di “Viaggiare” si apre domenica 25 alla Sma di Feriole con “Check in per il mondo” e prosegue con il weekend “Strada facendo” del 15-16 dicembre. Il 13 gennaio ci sarà “Quando l’altro siamo noi”, a cui seguiranno una proposta di spiritualità e altri incontri fino alla Festa della missione del 9 giugno.
Info e iscrizioni: cmd.viaggiare@diocesipadova.it