Inizia il nuovo anno pastorale. La gioia di scoprirsi rigenerati nel battesimo
Editoriale di don Leopoldo Voltan per l'apertura dell'anno pastorale: si apre sabato 5 ottobre in Cattedrale (dalle 9.30). È l'occasione per cominciare insieme, come Chiesa di Padova, un nuovo tratto di strada e stringersi intorno al vescovo Claudio nel secondo anno di visita pastorale
«Io sono senza aggettivi, io sono senza predicati, io consumo le parole, io non ho parole pregnanti, io non ho parole cangianti, non ho parole perturbanti. Io non ho abbastanza parole, le parole mi si consumano, io non ho parole che svelino, io non ho parole che riposino (…). Ho solo parole correnti, ho solo parole di serie, ho solo parole del mercato, ho solo parole deludenti, le mie parole sempre mi deludono, sempre mi mancano». Questi versi di una poetessa italiana mi offrono l’occasione per interrogarmi sul valore delle parole che pronuncio/pronunciamo in nome della fede. Con il timore che parole preganti, perturbanti, capaci di svelare diventino, sulla nostra bocca, parole correnti e quasi di serie.
Potrebbe essere questa la sorte anche della parola “battesimo”. Ne siamo immersi fin dall’inizio della vita e motiva il nostro essere discepoli del Cristo, ma forse questa stagione di Chiesa ci domanda di riscoprire tutto il senso e il valore di questa immersione.
«Oggi tu sarai battezzato cristiano. Su di te verranno pronunciate tutte le grandi, antiche parole del messaggio cristiano e il comandamento battesimale di Gesù Cristo si compirà in te, senza che tu ne comprenda nulla. Nelle parole e nei gesti della tradizione intuiamo qualcosa di totalmente nuovo e di sconvolgente, senza tuttavia riuscire ad afferrarlo e a esprimerlo. La colpa è nostra. La nostra Chiesa, che in questi anni ha lottato solo per la propria sopravvivenza, quasi essa fosse il suo proprio fine, è incapace di farsi portatrice della Parola riconciliatrice e redentrice per gli uomini e per il mondo. [...] Quando tu sarai adulto, la forma della Chiesa sarà mutata assai. Non sta a noi predire il giorno – ma il giorno verrà – in cui gli uomini saranno nuovamente chiamati a pronunciare la Parola di Dio in modo tale che il mondo ne sarà trasformato e rinnovato. Possa tu essere uno di loro...».
Così scriveva il teologo Dietrich Bonhoeffer in occasione del battesimo del primo figlio dell’amico Eberhard Bethge, nel 1945. In queste righe sentiamo il cuore del battesimo: l’essere immersi nella Pasqua di Gesù; la portata sempre nuova e sconvolgente di questo dono; la destinazione rinnovatrice di questa figliolanza non per la nostra sopravvivenza ecclesiale ma per il mondo.
La posta in gioco è molto alta. Così mi ha scritto un amico: «La posta in gioco è la fede non come trasmissione scontata e sociale, ma come rigenerazione, riscoperta che impegna la scelta personale e comunitaria, che nasce proprio dall’esperienza della gratuità dell’amore di Dio. La posta in gioco è la fede che non è una devozione privata e intimistica, ma chiamata alla conversione nella vita e nella vita pubblica. La posta in gioco è la fede che non è un’assicurazione personale, ma una continua sottrazione di sicurezza, un mettersi in gioco in parrocchia, in famiglia, nel lavoro, nella società, nella politica...».
Proseguendo il cammino degli anni scorsi e nella scia luminosa della visita pastorale del vescovo Claudio, la nostra Diocesi vorrebbe riscoprire il battesimo, dono irrevocabile del Signore che mette in gioco tutta la nostra vita. Il battesimo riprende e illumina i passi di questi anni: la gioia di essere credenti, l’originalità e la soggettività di ogni parrocchia, la corresponsabilità di tutti i battezzati.
In ordine all’evangelizzazione: il dare forma concreta e vivente al Vangelo, autentica strada di umanizzazione. Non è una scelta intra ecclesiale, per serrare le fila e rinforzarci, ma estroversa, finalizzata al servire il nostro tempo e territorio. Destinatari di questo cammino sul battesimo sono in particolare gli organismi di comunione che potranno allargare le loro riflessioni agli altri operatori pastorali come pure all’assemblea eucaristica domenicale. Non sono nuovi Orientamenti pastorali, ma la prosecuzione dei passi iniziati in questi anni. Vorrebbero sostenere processi di consapevolezza e maturazione nel vivo delle scelte concrete.
Certo, non scompare il rischio, utilizzando l’immagine di partenza, che la parola “battesimo”, sempre nuova e sorgiva, si consumi e diventi strumentale, assoggettata ai nostri piani di efficacia e a progettazioni legate ai risultati. Quasi a preordinare un esito, un traguardo, un preciso raggiungimento. Forse in questo ci aiuta guardare ammirati i genitori nel generare e nel mettere al mondo un figlio. Ciò che nasce da loro è radicalmente altro da loro, un’alterità impensabile, che sbilancia il resto della loro vita. Del generare inoltre è anche il lasciar andare, il non trattenere a sé, la gioia di aver contribuito semplicemente all’autonomia e libertà delle persone.
Rigenerarci nel battesimo sia per noi parrocchie e realtà ecclesiali un ritornare a essere generativi: persone appassionate, nel nome di Gesù, alla vita degli altri, in umiltà e mitezza.