Coronavirus. Santuario di San Leopoldo e la basilica del Santo. Messe a porte chiuse. «Più fame e sete di Dio»
La basilica del Santo e il santuario di San Leopoldo hanno celebrato il mercoledì delle ceneri a porte chiuse. Per i rettori di entrambi i santuari, l'assenza dei fedeli è stato un colpo al cuore. Ma come in tutte le situazioni di difficoltà, anche in questa ci sono degli aspetti positivi.
Chiese vuote. Per chi le vede dal di dentro, deve fare un po’ impressione. La basilica del Santo e il santuario di San Leopoldo, rispettando le indicazioni della Diocesi, hanno celebrato il Mercoledì delle Ceneri e le messe dal lunedì precedente ai giorni successivi a porte chiuse. È stata la prima volta per entrambi i rettori. Le porte della basilica del Santo non venivano chiuse ai fedeli dall’incendio del 1749. Ma allora la cosa si risolse in due o tre giorni.
«Celebrare in una basilica senza fedeli – riconosce il rettore padre Oliviero Svanera – è stato… direi quasi scioccante. Già durante le celebrazioni del sabato e della domenica precedenti avevamo rispettato determinate precauzioni. Credevamo fossero sufficienti». Ma la comunità dei frati come ha vissuto questo periodo? «La nostra vita – risponde il rettore – non ruota solo attorno alla basilica. Ma abbiamo comunque trovato il modo di vivere le celebrazioni di questi giorni tutti insieme, concelebrando, lunedì scorso nella sala del Capitolo e da martedì nell’Arca del Santo. Abbiamo girato i banchi verso la cappella dell’Arca e anche i fedeli che venivano a pregare hanno potuto rivolgersi direttamente verso il Santo. Io stesso non l’avevo mai fatto. Nei momenti di crisi ci sono dei risvolti che non ti aspetti. Abbiamo avuto la grazia di celebrare nell’Arca del Santo, portando nelle nostre preghiere tutte le difficoltà delle persone che si affidano all’intercessione di sant’Antonio».
San Leopoldo diceva che Dio è medico e medicina: «Possa la sua luce illuminare anche le autorità che devono prendere delle decisioni importanti in questa situazione», auspica padre Flaviano Gusella, rettore del santuario di San Leopoldo. Anche alla comunità dei frati cappuccini vedere il santuario deserto ha fatto stringere il cuore. «Da parte nostra c’è una forte compartecipazione al dolore e alle sofferenze delle persone colpite dal virus e delle loro famiglie, ma anche tanta speranza. Situazioni come questa ci aiutano a riflettere sulla precarietà della nostra vita. Amministrare a porte chiuse dà ancora maggior valore al nostro essere intercessori presso Dio. La nostra funzione sacerdotale comporta anche questo essere “ponte”». Un senso di sofferenza viene percepito anche nei fedeli: «Capiamo anche il dispiacere di tante persone che non possono fare la comunione. Ma il digiuno eucaristico può acuire il desiderio. Io spero – conclude padre Gusella – che questa situazione ci aiuti a riflettere sulla fame e la sete di Dio e a non dare per scontati i doni del Cielo, neanche quelli spirituali. Speriamo anzi che questa fame e sete di Dio coinvolga anche chi generalmente non la sente».