Coronavirus. La difficile vicinanza ai credenti. Parla don Giuseppe Cassandro, pastorale della salute
Isolati. Pochi contatti giornalieri e solo con personale sanitario. È la condizione dei degenti nei Covid hospital del Veneto, dove da alcuni giorni sono in fase di trasferimento tutti i pazienti ricoverati con diagnosi da Coronavirus.
A interrogarsi su come poter sostenere le centinaia di persone che stanno affrontando questa terribile prova c’è la rete della Pastorale della salute della Diocesi di Padova, e in particolare i membri delle cappellanie ospedaliere sparse sul territorio.
Le restrizioni imposte nelle aree Covid
«Ci sono restrizioni che spaventano e a volte sono vissute in maniera drammatica dalle persone – confessa don Giuseppe Cassandro, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale della salute – Nei Covid hospital, tanto il personale quanto i pazienti e le loro famiglie attraversano una fase di grande problematicità. I pazienti dipendono in tutto e per tutto dal personale sanitario, il quale svolge un servizio encomiabile, ma a risentirne è la sfera delle relazioni e degli affetti. E poi c’è il dramma dei pazienti più gravi che muoiono da soli, senza poter rivedere la propria famiglia».
In questa situazione anche il servizio religioso è messo all’angolo. «Nelle aree Covid si accede solo su richiesta specifica del paziente – continua don Cassandro – ma è una richiesta che spesso il degente non è in grado di avanzare perché intubato o sedato. Le stesse famiglie che non hanno accesso non possono rendersi conto dei bisogni dei loro cari».
A questo si aggiunge il fatto che spesso gli operatori sanitari stessi non possono contare sulla presenza di guanti e mascherine, che dunque non ci sono nemmeno per i membri delle cappellanie, i quali sono comunque sottoposti alla normativa che vieta movimenti se non per stretta necessità e li sconsiglia a persone non più giovani.
Il diritto alla libertà religiosa
Tuttavia anche negli ospedali non convertiti per l’emergenza a Covid hospital, le regole per accedere si sono fatte più stringenti. Serve un accordo scritto con il primario per entrare nei reparti, per una visita breve. «Certo è un momento di eccezionale gravità – conclude don Giuseppe – ma a questo proposito occorre ricordare che il servizio religioso non è un beneficio della Chiesa all’interno degli ospedali, ma il riconoscimento del diritto alla libertà religiosa anche per chi è ricoverato e quindi ha minori possibilità di esercitarlo».
Si sperimenta il farmaco giapponese
Lunedì scorso, l'Agenzia italiana del farmaco ha dato il via libera alla sperimentazione sul territorio nazionale dell'Avigam, il farmaco proveniente dal Giappone che sembra avere effetti positivi sui pazienti affetti da Covid-19. La sperimentazione si farà anche in Veneto, come annunciato dal presidente Luca Zaia.
«Come già detto nei giorni scorsi la sanità del Veneto è pronta ad affrontare il protocollo che verrà deciso per testare il farmaco nei pazienti del nostro territorio – ha detto Zaia – È giusto e corretto non dare facili speranze. Questa è infatti una sperimentazione scientifica. È pur vero che non bisogna lasciare nulla di intentato nella lotta alla peggiore epidemia dal dopoguerra a oggi».