17 novembre. Giornata mondiale dei poveri, persone a cui andare incontro
Giornata mondiale dei poveri. Domenica 17 novembre ricorre per la terza volta l'appuntamento voluto da papa Francesco che nel suo messaggio auspica: «Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti». La povertà più grave è quella di relazioni. La speranza si accende con l'incontro personale e il dialogo, autentico e rispettoso
«La speranza dei poveri non sarà mai delusa». Viene dalle righe di un salmo il titolo del messaggio di papa Francesco per la terza Giornata mondiale dei poveri che la Chiesa celebra domenica 17 novembre, ultima domenica del tempo ordinario prima della chiusura dell’anno liturgico con la domenica di Cristo Re.
Nel suo messaggio il papa ricorda come «nella vicinanza ai poveri, la Chiesa scopre di essere un popolo che, sparso tra tante nazioni, ha la vocazione di non far sentire nessuno straniero o escluso, perché tutti coinvolge in un comune cammino di salvezza», ma che «la speranza si comunica anche attraverso la consolazione, che si attua accompagnando i poveri non per qualche momento carico di entusiasmo, ma con un impegno che continua nel tempo». Come ricorda il papa, «a volte basta poco per restituire speranza: basta fermarsi, sorridere, ascoltare. Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche; i poveri non sono numeri a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I poveri sono persone a cui andare incontro».
Ma chi sono questi poveri a cui ridare speranza? «I poveri non sono più solo le persone prive di risorse economiche – osserva Emanuela Tacchetto della cooperativa Gruppo R – anzi, spesso l’essere privi di risorse economiche è frutto di altri tipi di povertà, come la povertà relazionale, in contesti dove la persona non viene valorizzata e non riesce ad affrontare da sola le crisi che la vita le pone davanti».
«La povertà più grande è quella relazionale – le fa eco suor Albina Zandonà delle Cucine popolari – ci sono molte persone che hanno un disperato bisogno di incontrare chi sappia instaurare con loro relazioni vere, che li possano accogliere per quello che sono. La povertà oggi è il non sapersi guardare negli occhi, per questo l’obiettivo delle Cucine è riconoscere, instaurare un contatto personale con chi viene». Tra le tante barriere che alimentano le povertà relazionali ci sono anche quelle linguistiche, come ricorda Maria Annunciata Pagano della San Vincenzo: «All’Arcella organizziamo corsi di italiano e di educazione civica per stranieri. È un dono grandissimo che ci permette di arricchire i contatti con queste persone. Per i bambini, spesso stranieri, organizziamo i doposcuola negli stessi locali in cui si incontrano gli anziani soli. È bellissimo vedere questi ragazzi giocare a carte o a scacchi e fare qualche parola con questi nonni».
Insomma, come ricorda il papa citando la sua Evangelii Gaudium, per ridare davvero speranza al povero non ci si deve fermare «alla prima necessità materiale», ma si devono aprire le vie dell’incontro e del dialogo. Ma come? «L’incontro con i poveri è un incontro personale, proprio come quello del Buon Samaritano – sottolinea Mirco Sossai della Comunità di Sant’Egidio – sia che si tratti di visitare un anziano a casa da solo sia che si tratti di portare un panino a una persona in strada. Questo non significa che non si possa e non si debba lavorare insieme ad altri per trovare delle soluzioni. Ma l’incontro avviene sempre a livello personale, altrimenti non stiamo combattendo la povertà ma stiamo combattendo i poveri, come avviene troppo spesso». Di avviso simile Emanuela Tacchetto di Gruppo R: «Già dire che “incontriamo un povero” è sbagliato. In questo modo sottolineiamo come la persona a cui andiamo incontro ha qualcosa in meno rispetto a noi dal punto di vista relazionale ed economico. È giusto tenerlo in considerazione quando si cerca di aiutare, ma l’aspetto “umano” dell’incontro deve essere libero». E se l’incontro allora è autentico, «queste persone ci evangelizzano, ci fanno uscire da noi stessi e dal nostro egocentrismo», come sottolinea Mirco Sossai, «diventa amicizia», prosegue Maria Annunciata Pagano, «diventa condivisione e rapporto di fiducia come vuole il carisma vincenziano. Le persone che incontriamo sono felici di questo scambio di esperienze di vita, di gioie e di dolori».
Altro atteggiamento che non può mancare nell’incontro con il povero è quello della verità: «Non ci è chiesto di essere superuomini – ricorda suor Albina Zandonà – ci è chiesto di essere autentici. Senza autenticità non c’è relazione. Meglio essere sinceri quando si è stanchi o tristi, perché anche qui il povero sceglie di incontrarmi. I poveri a volte scomodano, a volte “rompono” i nostri schemi mentali. Ma è così che, incontrandoci alla pari, ognuno può dare qualcosa all’altro. E se siamo cristiani, se crediamo che Gesù si è incarnato, prenderci cura l’uno dell’altro dovrebbe far parte della nostra quotidianità. È preoccupante doverlo spiegare ai cristiani: questo atteggiamento dovrebbe essere naturale per noi come il respiro». Infine, il rispetto: «Non si arriva all’incontro pensando di essere migliori. Il rapporto è sempre un dare e un ricevere. E allora è il povero che aiuta noi a essere più autentici e a entrare in relazione, a costo di scomodare le mie idee e di mettermi in discussione».
In parrocchia
Sul sito www.caritaspadova.it sono a disposizione le tracce per l’animazione pastorale in parrocchia della terza Giornata mondiale dei poveri.
Oltre ad attività da provare nei giorni precedenti o seguenti alla domenica con i gruppi parrocchiali, vi sono utili spunti per la messa della domenica secondo le indicazioni contenute nel messaggio di papa Francesco La speranza dei poveri non sarà mai delusa.
Tra le proposte anche un invito a sperimentare i pranzi comunitari e la proposta di “Aggiungi un posto a tavola”, che consiste nell’invitare al pranzo della prima domenica del mese, a casa propria, qualche persona povera o sola.