Un’attesa fiduciosa. Il seme è la parola seminata a larghe mani nel mondo, cresce e misteriosamente dà frutti

“Il Signore mette in noi i semi della sua Parola e della sua grazia, semi buoni e abbondanti, e poi, senza mai smettere di accompagnarci, aspetta con pazienza”

Un’attesa fiduciosa. Il seme è la parola seminata a larghe mani nel mondo, cresce e misteriosamente dà frutti

Il contadino, il seme, la fiducia. È attorno a questi termini che ruota la riflessione all’Angelus di questa domenica, che ha come tema centrale il Regno di Dio. Marco ci propone, nel Vangelo, due parabole affinché le persone potessero comprendere. È un po’ la preoccupazione che nel tempo ha sempre accompagnato gli uomini chiamati a predicare. Come non pensare ai manoscritti liturgici diffusi attorno all’anno mille che prendevano il nome di Exultet dalla prima parola dell’invocazione liturgica con la quale a Pasqua si annuncia la resurrezione. Si trattava di rotoli lunghi dai 2 ai 9 metri, che venivano srotolati dal celebrante man mano che procedeva nella lettura, illustrati con figure simboliche dipinte in senso inverso al testo, per consentire ai fedeli, poco acculturati, la comprensione delle parole pronunciate nella lingua latina. Nella cultura essenzialmente contadina nel tempo della predicazione di Gesù, la semina è un atto di facile comprensione: il contadino sa che il seme nel terreno agisce senza bisogno dell’intervento dell’agricoltore, e in tempi che non sono quelli dell’uomo. Il seminatore non ha dubbi che, nel tempo giusto, i frutti arriveranno e per questo pone la sua fiducia nel seme e nella bontà del terreno.

Papa Francesco, nelle parole che pronuncia prima della recita della preghiera mariana, sottolinea l’atteggiamento dell’attesa fiduciosa: le piante non spuntano subito, “ci vuole tempo e ci vuole pazienza”, saper attendere perché “sottoterra il miracolo è già in atto, c’è uno sviluppo enorme ma è invisibile”. Ecco una prima sottolineatura legata al Regno di Dio: il seme è la parola seminata a larghe mani nel mondo, cresce e misteriosamente dà frutti.

Marco propone poi l’immagine del granello di senape, storia simile, nella sua diversità: è il più piccolo di tutti i semi, ma dà vita alla “più grande di tutte le piante dell’orto”. Nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Ezechiele, troviamo una similitudine, ovvero il ramoscello preso dalla cima del cedro che diventerà un albero magnifico e “sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno”. La riflessione da fare è proprio sul concetto di piccolezza; le letture ci dicono che non si fanno cose grandi perché si è potenti o perché si è grandi. Nelle parole della liturgia c’è la consapevolezza della nostra impotenza, della nostra piccolezza: nelle due parabole, diceva Benedetto XVI, c’è crescita e contrasto: “la crescita che avviene grazie a un dinamismo insito nel seme stesso e il contrasto che esiste tra la piccolezza del seme e la grandezza di ciò che produce”. È il “miracolo dell’amore” che fa crescere ogni seme e “ci fa essere ottimisti nonostante le difficoltà, le sofferenze e il male che incontriamo”.

Così è il Regno di Dio, afferma Papa Francesco: “il Signore mette in noi i semi della sua Parola e della sua grazia, semi buoni e abbondanti, e poi, senza mai smettere di accompagnarci, aspetta con pazienza”, perché vuole che “nulla vada perduto, che tutto giunga a piena maturazione; vuole che tutti noi possiamo crescere come spighe cariche di chicchi”.

Ancora una volta il Vangelo ci ricorda che c’è una logica diversa da quella del mondo, che sceglie la via della debolezza e afferma la forza dell’amore che privilegia i piccoli, i deboli, gli esclusi per manifestare la forza della misericordia.

Ma il Signore ci lascia un altro messaggio, ci insegna “a seminare fiduciosamente il Vangelo là dove siamo, e poi ad attendere che il seme gettato cresca e porti frutto in noi e negli altri, senza scoraggiarci e senza smettere di sostenerci e aiutarci a vicenda anche là dove, nonostante gli sforzi, ci sembra di non vedere risultati immediati”.

È in questa chiave che possiamo anche leggere gli appelli del Papa perché si fermino le violenze e le guerre nel mondo. All’Angelus guarda agli scontri e ai massacri nella Repubblica Democratica del Congo, e rivolge un appello anche alla Comunità internazionale la per fine delle violenze. Tra le vittime, dice, ci sono molti cristiani: “sono martiri”. E chiede preghiere per la pace in Ucraina, in Terra Santa, in Sudan, Myanmar e dovunque si soffre per la guerra.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir