Talitha Kum, al via campagna delle religiose anti-tratta. Almeno 17.000 persone liberate nel mondo
Sono circa 3.000 le religiose anti-tratta e gli amici della rete Talitha Kum che in questi giorni, in occasione della Giornata mondiale contro la tratta di persone che si celebra il 30 luglio, hanno lanciato la campagna social #CareAgainstTrafficking (Twitter, Instagram e Facebook). Alcune testimonianze raccolte tra le 17.000 persone aiutate durante il 2020.
“Vengo da una famiglia messicana molto povera. Volevo lavorare per aiutare i miei genitori. Così, pur essendo ancora una ragazzina, accettai volentieri la proposta di mia cognata di occuparmi dei bambini di una sua conoscente in un’altra città. Quando arrivai, mi costrinsero a prostituirmi, minacciando di fare del male alla mia famiglia se mi fossi opposta. Non ero sola, c’era anche un’altra ragazza, anche lei minorenne. Fummo picchiate e stuprate. Ai miei genitori venne detto che ero morta”. La storia di Carmen è simile a quelle di tante altre di vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo. Carmen ha avuto la fortuna di riuscire a fuggire e incontrare, nel suo Paese, alcune suore della rete internazionale anti-tratta Talitha Kum: “Ora sono in un posto sicuro, in contatto costante con la mia famiglia e ho ripreso i miei studi, completando il ciclo di scuola secondaria con merito. Ho 17 anni e non è facile per me. Sono grata per la nuova possibilità che mi è stata data”. Sono circa 3.000 le religiose anti-tratta e gli amici della rete Talitha Kum che in questi giorni, in occasione della Giornata mondiale contro la tratta di persone che si celebra il 30 luglio, hanno lanciato la campagna #CareAgainstTrafficking. La campagna vuole dimostrare “che la cura può fare la differenza in ogni fase del percorso per combattere la tratta di persone: cura per chi è a rischio, cura per le vittime e cura per i sopravvissuti”. La campagna partirà dai social (Twitter, Instagram e Facebook) di Talitha Kum e chiede a tutti di aggiornare banner, profili e condividere pensieri usando l’hashtag #CareAgainstTrafficking.
In Pakistan, sfruttati in una fornace di mattoni. Tra le testimonianze raccolte dalle religiose anche quella di una poverissima famiglia pakistana con 5 figli, costretti a lavorare in una fornace di mattoni, sotto un sole cocente e davanti a fuochi ardenti, senza paga per anni, con violenze e abusi su donne e minori. “Il parroco e le suore di quella zona visitavano regolarmente la fornace – racconta il capofamiglia -. Non avevamo detto della nostra situazione a causa delle minacce del proprietario della fornace. Ma un giorno abbiamo preso il coraggio e abbiamo condiviso con loro tutta la nostra storia. Io e mia moglie siamo scoppiati a piangere: quel giorno non avevamo neppure da mangiare. Subito il prete ci ha dato del cibo. Ci ha accolto nelle stanze della parrocchia e offerto un lavoro: io cucinavo e pulivo la casa, mentre mia moglie lavorava in convento. I nostri figli potevano finalmente andare a scuola”.
Dalla Nigeria al Perù, le storie di Kate e Rosa. E poi la storia di Kate, in Nigeria, ingannata dalla zia con la promessa di un lavoro e poi costretta a prostituirsi in un bordello a Egbeda: “Un giorno, dopo essere stata picchiata, mi chiese di fare una commissione. Fu così cosi che riuscii a scappare e andare a casa di uno zio”. Il caso è stato segnalato a un’organizzazione per i diritti umani che ha informato la polizia: “Mia zia è stata arrestata per traffico di esseri umani”. Dall’altra parte del mondo, in Perù, Rosa, 19 anni, si è salvata appena in tempo. Voleva trovare un lavoro per pagare gli studi di gastronomia e diventare chef. Risponde ad un annuncio su internet ma quando va all’appuntamento viene costretta con la forza a salire in una macchina: “Hanno preso i miei documenti. Il loro piano era quello di portarmi fuori dal Paese alla fine della pandemia per sfruttarmi sessualmente. Ho approfittato della distrazione dell’uomo che mi sorvegliava e sono riuscita a contattare la mia famiglia. La polizia è intervenuta rapidamente e ha arrestato il proprietario del ristorante. Ora sto meglio e mi sto riprendendo grazie anche alle sorelle di Talitha Kum che mi accompagnano e mi aiutano a realizzare il mio sogno”.
Come Carmen, Kate, Rosa e la famiglia pakistana, almeno altre
17.000 donne, uomini e bambini sopravvissute alla tratta sono state aiutate e liberate dalle coraggiose suore di Talitha Kum durante il 2020,
in tutto il mondo. Hanno potuto dormire in case sicure, hanno avuto opportunità di istruzione e di lavoro, supporto per accedere alla giustizia e al risarcimento, e assistenza sanitaria e psicosociale. Nello stesso periodo, quasi 170.000 persone hanno beneficiato delle attività di prevenzione e sensibilizzazione. Fondata nel 2009 dalla Uisg (Unione internazionale delle superiore generali), Talitha Kum international coordina 50 reti in oltre 90 Paesi.
Appello ai cittadini e ai governi. “Chiediamo a tutte le persone di buona volontà di unirsi per affrontare le cause sistemiche della tratta di persone – afferma suor Gabriella Bottani, coordinatrice internazionale di Talitha Kum -. In particolare, chiediamo ai governi di impegnarsi per sostenere i sopravvissuti nel lungo termine, garantendo istruzione di qualità, opportunità e permessi di lavoro, accesso alla giustizia e al risarcimento, e assistenza medica e psicosociale”. “Talitha Kum – aggiunge suor Patricia Murray, segretaria esecutiva della Uisg – è impegnata non solo a sostenere le comunità vulnerabili ed marginalizzate di tutto il mondo, ma anche a smantellare i sistemi che permettono la loro oppressione e il loro sfruttamento”.
Triplicato il numero di bambini trafficati. Secondo i dati più recenti del “Global report on trafficking in persons 2020”, resi noti a febbraio 2021 dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc), il numero di bambini, tra le vittime di tratta intercettate, è triplicato negli ultimi 15 anni, mentre la quota di maschi è aumentata di cinque volte. Le ragazze sono vittime della tratta a fini di sfruttamento sessuale, mentre i ragazzi sono utilizzati per il lavoro forzato.
Nel 2018 sono state individuate e denunciate circa 50.000 vittime della tratta di esseri umani da 148 Paesi.
Ma il numero effettivo di vittime della tratta è molto più alto: si stimano milioni di persone sfruttate da reti internazionali di criminalità ben organizzate. Sono presi di mira in particolare i più vulnerabili, come i migranti e le persone senza lavoro. Secondo Unodc la recessione indotta dalla pandemia “sta esponendo ancora più persone al rischio della tratta”.