"Le vocazioni non possono essere stimolate dall’esterno, non esiste una fecondazione artificiale”
Per il direttore dell'Ufficio nazionale Cei per la pastorale delle vocazioni, don Michele Gianola, "la vocazione ha a che fare con la vita, e la vita non risponde alle logiche della tecnica. Non ci sono strategie da attuare, problemi da risolvere, non dal punto di vista ingegneristico, non è così che si trasmette la vita".
E ancora: "Il celibato è prezioso per la vita della Chiesa ed ha un annuncio da portare a chi vive nel matrimonio, la vita consacrata è segno importante per chi vive il ministero o il laicato, la vocazione femminile lascia emergere alcuni tratti tipici a servizio del maschile e viceversa"
Un invito a leggere il messaggio di Papa Francesco, scritto per la 55ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni (Gmpv), a pregare insieme e a partecipare alle tante iniziative che si svolgeranno nelle singole diocesi italiane. Don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale delle vocazioni, è nel pieno dei preparativi per la Gmpv in programma domenica 22 aprile.
Perché è stato scelto lo slogan “Dammi un cuore che ascolta”?
Lo è stato fatto in stretta consonanza con la prospettiva del Sinodo dei Vescovi: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” è il duplice invito per la preghiera di oggi. La richiesta che Salomone rivolge in sogno a YHWH è una parola che ogni giovane in discernimento vocazionale può desiderare di avere sulle labbra.
La scelta di vita, infatti, si realizza nell’ascolto del proprio cuore, alla ricerca dei desideri più veri e profondi che il Padre stesso vi ha nascosto, perché la sua volontà sia anche la nostra.
Si realizza nell’ascolto della propria storia, in quel quotidiano mai banale che diventa lo spazio reale dell’incontro con il Signore. Si realizza nell’ascolto della Parola che svela passo dopo passo la nostra identità più vera, la nostra volontà più profonda, la nostra vocazione. Ma la medesima preghiera può abitare anche la voce di chi accompagna ogni discernimento vocazionale. Un cuore che ascolta il racconto di un giovane o una giovane alla ricerca dell’orientamento da dare alla propria libertà per tutta la vita è come un orecchio teso a riconoscere tutte le sfumature dell’azione dello Spirito che plasma pensieri, sentimenti e azioni nel progressivo compimento dell’opera più importante della vita, la costruzione della vita stessa perché sia “sprecata” insieme al Figlio per la vita del mondo.
Negli ultimi dieci anni rilevati, si è registrata una flessione dei seminaristi a livello nazionale di circa il 12 per cento. Vede un’inversione di tendenza all’orizzonte?
La Gmpv è un’occasione annuale per la preghiera di tutta la Chiesa per tutte le vocazioni. Non soltanto quelle al presbiterato ma anche alla vita consacrata maschile e femminile, al matrimonio e al laicato. Il dato della flessione del numero dei seminaristi non ci deve preoccupare, preoccuparsi non è un modo evangelico di affrontare la vita.
Semmai può essere ancora una volta lo stimolo perché ci occupiamo di coltivare il grano buono che cresce, la fecondità della vita e delle scelte, possiamo guardare ai giovani non in generale o come un problema ma imparare ad annunciare loro la bellezza della vita come vocazione, della scelta della sequela di Gesù, della decisione per una vita da spendere a servizio di qualcuno, nella propria missione per la vita del mondo.
Se prendo la prospettiva dello sguardo di Gesù nel deserto di Samaria (Gv 4) vedo un’inversione di tendenza: del suo incontro con la Samaritana egli vede la fecondità, le messi che già biondeggiano. Il grano è maturo, la messe abbondante può sorgere anche per noi, a partire da incontri veri con il Risorto, da giovani accesi che sapranno raccontare la bellezza della vita cristiana, da adulti redenti che potranno testimoniare con la vita e non solo con le parole la storia della loro Salvezza. E insieme potremo vedere il fiorire di una nuova Pentecoste, anche nella nostra chiesa occidentale, altrove già si vedono frutti ulteriori.
È preoccupato del ricambio generazionale dei preti italiani?
La questione del ricambio generazionale mi sembra una questione più ampia e che interessa la nostra cultura e la nostra società tutta intera. Personalmente ho molta fiducia nei giovani e molta anche negli adulti e negli anziani capaci di essere padri e di introdurre le nuove generazioni alla vita e alle scelte.
La vita è fatta di passaggi di testimone e la fecondità della Chiesa è favorita quando le giovani generazioni possono incontrare gli adulti di cui hanno bisogno e le generazioni più adulte – pensiamo alle nostre comunità parrocchiali, alle case di formazione, ai seminari – imparino ad essere generative, capaci di mettere al mondo, prendersi cura e lasciare andare.
Quali strategie vuole adottare la Chiesa italiana per stimolare le vocazioni?
La vocazione ha a che fare con la vita, e la vita non risponde alle logiche della tecnica. Non ci sono strategie da attuare, problemi da risolvere, non dal punto di vista ingegneristico, non è così che si trasmette la vita. La vita si trasmette attraverso l’amore, fatto di gesti concreti, reali, non in teoria ma nelle connessioni che si creano tra esseri umani attraverso le Parole e i Gesti capaci di comunicare e condurre nella comunione di Dio. Nessuno da solo, tutti membra dell’unico corpo che è la Chiesa, capace di accogliere e integrare, di guarire, consolare, condurre, risvegliare, rinnovare. Le vocazioni – al matrimonio, alla vita consacrata, al ministero, al laicato – vengono tutte dall’incontro con il Signore Risorto, quella è l’unica fonte.
Le vocazioni non possono essere stimolate dall’esterno, non esiste una fecondazione artificiale, l’unica loro sorgente è divina.
Per questo tocca pregare, invocare lo Spirito perché la vita di Dio venga disseppellita dai cuori che già abita, quelli di tutti gli uomini, perché ciascuno riconosca a cosa il Signore lo sta chiamando, per compiere la sua missione.
In tanti sostengono che le vocazioni stiano diminuendo perché il modello del prete così com’è stato costituito ormai è superato: c’è chi invoca il matrimonio e chi collega addirittura il celibato del sacerdote alla piaga della pedofilia…
Personalmente sostengo, invece, l’importanza dello sguardo corale e poliedrico che mi sembra molto più inerente alla Rivelazione e molto più efficace per guardare la Chiesa nella bellezza e nell’annuncio reciproco di ogni vocazione nei confronti dell’altra. Il celibato è prezioso per la vita della Chiesa ed ha un annuncio da portare a chi vive nel matrimonio, la vita consacrata è segno importante per chi vive il ministero o il laicato, la vocazione femminile lascia emergere alcuni tratti tipici a servizio del maschile e viceversa. Soltanto nella stima e nell’annuncio reciproco tra le vocazioni scorrerà vita nuova nella Chiesa e soltanto questa vita nuova che viene dal costato aperto di Cristo guarirà le ferite della sua Sposa, che ne deturpano il volto, che proprio non le appartengono.