Il bene che viene da Dio. Le tre parole che sono “il segreto della convivenza umana: grazie, permesso, perdono”

È illusorio “farsi da sé”, dimenticare “la realtà fondamentale della vita: che il bene viene dalla grazia di Dio, dal suo dono gratuito”

Il bene che viene da Dio. Le tre parole che sono “il segreto della convivenza umana: grazie, permesso, perdono”

“Preghiamo perché ci sia pace in Israele e in Palestina”. Negli occhi e nella mente le immagini che giungono da quella terra, “dove la violenza è esplosa ancora più ferocemente, provocando centinaia di morti e di feriti”, afferma Papa Francesco esprimendo vicinanza alle famiglie delle vittime e preghiere “per tutti coloro che stanno vivendo ore di terrore e di angoscia”. Così nel dopo Angelus lancia il suo appello per la pace: “gli attacchi e le armi si fermino, per favore, e si comprenda che il terrorismo e la guerra non portano a nessuna soluzione, ma solo alla morte e alla sofferenza di tanti innocenti”.

La pace di Israele e della Palestina, la pace di Gerusalemme e della Terra Santa “non è una pace, ma la pace in assoluto” affermava Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, che nel 1958 promuoveva gli incontri del Mediterraneo, perché proprio dalla Terra Santa potesse avere inizio “la nuova storia di pace, di unità e di civiltà dei popoli di tutta la terra”. A leggere oggi queste parole, alla luce di quanto è accaduto in quella terra, si rimane interdetti per il tempo che si è perduto e sconvolti per le tante vittime di guerre e violenze. Bisogna avere il coraggio di superare le lacerazioni, le vittorie, le sconfitte che hanno dominato la storia di quella terra perché, diceva La Pira, “non ci sarà pace nel mondo finché non ci sarà pace a Gerusalemme”.

Il dono della pace chiede il Papa all’Angelus “sui molti paesi del mondo segnati da guerre e da conflitti”; sull’Ucraina martoriata. Pace in Israele e in Palestina chiede il vescovo di Roma, perché “la guerra è una sconfitta: ogni guerra è una sconfitta”.

Angelus nella domenica in cui il Vangelo propone la parabola dei vignaioli omicidi dove Gesù rilegge la propria storia e la sua missione per il popolo dell’alleanza: e dove, in controluce, si intrecciano orgoglio, egoismo, infedeltà e rifiuto. A Dio che consegna sé stesso nelle nostre mani, ricordava Benedetto XVI nel 2008, che “accetta di farsi mistero insondabile di debolezza e manifesta la sua onnipotenza nella fedeltà a un disegno d’amore” la risposta dell’uomo è “spesso orientata all’infedeltà, che si traduce in rifiuto”.

Ricordiamo la parabola: c’è un padrone premuroso e dei contadini avidi che rifiutano di consegnare i frutti, bastonano e uccidono i servi venuti a chiedere il raccolto per conto del padrone, e uccidono anche il figlio del padrone mandato per ultimo.

La vendemmia si sarebbe dovuta concludere felicemente e invece “nella mente dei contadini si sono insinuati pensieri ingrati e avidi” afferma Papa Francesco, che dice: “alla radice dei conflitti c’è sempre qualche ingratitudine e i pensieri avidi, possedere presto le cose”. Ecco l’avidità dei lavoranti: “dovrebbero essere riconoscenti per quanto hanno ricevuto e per come sono stati trattati. Invece l’ingratitudine alimenta l’avidità e cresce in loro un progressivo senso di ribellione, che li porta a vedere la realtà in modo distorto, a sentirsi in credito anziché in debito con il padrone che aveva dato loro da lavorare”. Da agricoltori diventano assassini.

È illusorio “farsi da sé”, dimenticare “la realtà fondamentale della vita: che il bene viene dalla grazia di Dio, dal suo dono gratuito”. Se dimentichiamo la gratuità di Dio, afferma il Papa, “si finisce col vivere la propria condizione e il proprio limite non più con la gioia di sentirsi amati e salvati, ma con la triste illusione di non aver bisogno né di amore, né di salvezza. Si smette di lasciarsi voler bene e ci si ritrova prigionieri della propria avidità, prigionieri del bisogno di avere qualcosa in più degli altri, del voler emergere sugli altri”. Questa è l’anticamera di tante insoddisfazioni, recriminazioni, incomprensioni e invidie; “spinti dal rancore si può precipitare nel vortice della violenza”, afferma il vescovo di Roma: “l’ingratitudine genera violenza, ci toglie la pace e ci fa sentire e parlare urlando, senza pace, mentre un semplice ‘grazie’ può riportare la pace”.

Così Francesco ripete, all’Angelus, le tre parole che sono “il segreto della convivenza umana: grazie, permesso, perdono”.

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Fonte: Sir