Giubileo della comunicazione: riscoprire la speranza e il valore delle parole
Il Giubileo della comunicazione è un’occasione per riscoprire il senso profondo del nostro impegno come giornalisti e comunicatori, uniti nella missione di raccontare la verità e di prenderci cura del mondo attraverso le parole. È un richiamo alla speranza che ci unisce, spingendoci a ricominciare con coraggio e comunione, lontano da logiche di potere che sacrificano verità e umanità. Citando don Primo Mazzolari, scrivere significa curare le parole e, con esse, il mondo. Questa è la sfida del comunicare: costruire reti e trasmettere speranza concreta, fondata nella fede. Un punto di partenza per ritrovare il cuore della nostra vocazione
Giubileo è una parola antica. Spiazzante. Impegnativa. È una parola che ci sfida a recuperare il senso di tutte le altre parole. A non avere paura di ricominciare, se il nostro parlare ci sembra diventato vuoto. A non arrenderci all’incomunicabilità, se le nostre parole le abbiamo consumate tutte, fino a farle diventare senza significato, senza spessore.
Giubileo non è tutto quel che spesso pensiamo sia. Un evento spettacolare. Un momento di festa fine a se stessa, per distrarci magari dai nostri pensieri. Che dura inevitabilmente lo spazio di un istante. È semmai il contrario: è un’occasione per ricominciare che apre lo spazio del futuro, la soglia di una speranza che non finisce.
Il Giubileo della comunicazione, significativamente il primo fra quelli dedicati a uomini e donne uniti dalla stessa vocazione, è a sua volta un segno. Che ci richiama al significato del nostro impegno quotidiano.
Al momento originario della nostra scelta: il giornalismo, la comunicazione. Per raccontare cosa? E come?
Il Giubileo della comunicazione ci pone alcune domande: c’è ancora speranza per il mestiere dei giornalisti e dei comunicatori? C’è ancora un ruolo per i giornalisti cattolici? Per i media cattolici? Per la rete di comunicazione della Chiesa?
La risposta – lo sappiamo – è che la speranza c’è: siamo noi. Solo ci serve la spinta per ricominciare. E per farlo insieme, nella comunione che ci unisce. E che è la nostra forza. Da qui dobbiamo ricominciare. Come comunità di giornalisti, di comunicatori che credono ancora nella loro missione. E non accettano di divenire strumenti di un sistema che non si preoccupa di mettere da parte (per calcoli di potere) la verità e la cura gli uni degli altri.
Don Primo Mazzolari diceva che scrivere significa curare le parole; e che lo scrittore (potremmo aggiungere il giornalista, il comunicatore) è colui che, curando le parole, si prende cura del mondo, colui che riesce ad ascoltare il palpito delle esistenze per farle parlare con la sua voce, colui che sa ricongiungere i frammenti delle nostre vite nella totalità che le rende significanti, colui che vede con il cuore e sa aprire il suo sguardo oltre i deserti che ci tocca attraversare.
Colui che spera, dunque. E che trasmette una speranza concreta perché fondata nella Fede. Colui che costruisce reti; che comunica e non semplicemente connette creando cortocircuiti di false verità. Questa è la nostra sfida. Da qui dovremo ricominciare.
Paolo Ruffini