Accordo Santa Sede-Cina. Yan (Shanghai): “Svolta significativa dopo decenni di tensione”
Chiaretto Yan, da Shanghai, professore del seminario nazionale di Pechino e autore di libri dedicati alla Chiesa cattolica in Cina, commenta per il Sir il rinnovo dell’Accordo Santa Sede-Cina: ha fornito – dice - “un quadro incentrato principalmente sulla nomina dei vescovi in Cina, una questione controversa che era stata un ostacolo nelle relazioni tra il governo cinese e la Santa Sede”. Questo quadro “potrebbe essere migliorato nel tempo” ma il fatto che si sia deciso di prorogarlo non più per due ma per quattro anni è segno che “è maturata una fiducia reciproca e il dialogo si prosegue stabilmente”.
“Una svolta significativa dopo decenni di tensione e mancanza di relazioni formali tra le due entità”. Così Chiaretto Yan, focolarino cinese, commenta il rinnovo dell’Accordo Santa Sede-Cina sottoscritto la prima volta il 22 settembre 2018 e già prolungato due volte. Yan vive a Shanghai ma insegna All’Università Saint Joseph d Macao, al Seminario nazionale di Pechino, a quello diocesano di Pechino. È autore di un libro dal titolo “My chinese dream: gettare un Ponte tra l’Est e l’Ovest – Speranze, Sfide e Opportunità”. A lui abbiamo chiesto come i “cinesi” stanno seguendo questo tavolo di dialogo e l’Accordo che viene ora prorogato non più per 2 anni ma per “un ulteriore quadriennio”.
Che segnale è?
L’Accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Cina ha segnato una svolta significativa dopo decenni di tensione e mancanza di relazioni formali tra le due entità. Sin dall’inizio viene chiamato “provvisorio”, il che implica qualcosa di sperimentale di natura. L’Accordo ha fornito un quadro incentrato principalmente sulla nomina dei vescovi in Cina, una questione controversa che era stata un ostacolo nelle relazioni tra il governo cinese e la Santa Sede. Questo quadro di contenuto potrebbe essere migliorato nel tempo. Già a maggio, il cardinale Parolin aveva espresso l’intenzione della Santa Sede a proseguire l’Accordo con l’intento di affidare l’ufficio pastorale a vescovi idonei.
Questo Accordo è ora esteso da 2 a 4 anni. Significa che è maturata una fiducia reciproca e il dialogo si prosegue stabilmente.
Nel comunicato della Santa Sede si legge che “la parte vaticana rimane intenzionata a proseguire il dialogo rispettoso e costruttivo con la Parte Cinese, per lo sviluppo delle relazioni bilaterali in vista del bene della Chiesa Cattolica nel Paese e di tutto il popolo cinese”. Quanto è stato importante fino ad oggi questo Accordo?
Con la firma dell’Accordo del 22 settembre 2018, Papa Francesco ha riammesso nella piena comunione ecclesiale vescovi cinesi, ordinati senza mandato pontificio. D’altra parte, negli ultimi 6 anni, alcuni vescovi ordinati segretamente senza il riconoscimento del governo cinese, hanno assunto cariche pubbliche o hanno subito “una cerimonia di ufficializzazione” che denota il riconoscimento da parte delle autorità civili. Questo Accordo è molto importante perché dalla sua firma non si sono più verificate ordinazioni episcopali illegittime. Tutti i vescovi cattolici in Cina oggi sono in piena comunione con il Papa. La Parte Vaticana rimane intenzionata a proseguire il dialogo “rispettoso” e “costruttivo” con la Parte Cinese. Certamente, il dialogo deve essere rispettoso perché nel dialogo le due parti devono rispettarsi reciprocamente. Anche nella pastorale e nell’evangelizzazione, la proclamazione rispettosa è essenziale perché, come Papa Francesco afferma, la Chiesa cresce per attrazione. Nell’annunciare questo rinnovamento sia la Cina sia la Santa Sede sottolineano l’importanza del dialogo costruttivo.
In questi due anni, nonostante ci fosse un Accordo, non tutto è andato bene. Cosa hanno “insegnato” queste difficoltà e incomprensioni vissute?
In questi due anni, si sono verificati due contrattempi dovuti allo spostamento di due vescovi effettuato senza consultare la Santa Sede. Nel caso del vescovo Peng, è sorta una disputa in merito al fatto che la provincia di Jiangxi abbia quattro diocesi (come registrato prima del 1949) o solo una diocesi a causa dei cambiamenti demografici (come riconosciuto dall’autorità governativa). Se ce n’è solo una, l’insediamento del vescovo Peng come vescovo ausiliare di Nanchang non sarebbe considerato uno spostamento, ma piuttosto l’ufficializzazione del suo status di vescovo come riconosciuto dal governo. Nel caso dello spostamento di mons. Shen Bin, erano necessari ulteriori chiarimenti per procedere nello spirito dell’accordo. La parte cinese potrebbe aver sostenuto che le questioni relative allo spostamento dei vescovi non erano contenute nell’accordo. Come ha affermato il vescovo Stephen Chow di Hong Kong dopo aver visitato Pechino, le discrepanze di opinioni tra le due parti sull’assegnazione dei vescovi ad altre diocesi potrebbero essere un fattore da “comprendere meglio”, suggerendo che “se in futuro si tenessero colloqui più regolari e approfonditi, forse ne deriverebbero dei chiarimenti”. Tre mesi dopo, la Santa Sede “ha rettificato l’irregolarità canonica”, come ha affermato il cardinale Parolin, per il “bene superiore della diocesi” e ha annunciato la nomina di mons. Shen da parte di papa Francesco nel luglio 2023. Successivamente, la situazione della diocesi di Shanghai è migliorata, si è notato che sono stati registrati più battesimi e sono aumentate le vocazioni nel seminario.
Quale lezione? Meno controversie, migliore sviluppo per la chiesa locale.
Quali frutti invece ha portato l’Accordo e quali si attendono per il futuro?
Un frutto evidente che ha portato l’Accordo è per la tersa volta, sono venuti vescovi dalla Cina per il Sinodo dei Vescovi a Rome dopo l’Accordo sei anni fa. E ora, per la prima volta, Giuseppe Yang Yongqiang e Vincenzo Zhan Silu, due Vescovi della Repubblica Popolare Cinese, partecipano per tutto il periodo del Sinodo. Nello spirito di un dialogo rispettoso e costruttivo, le due Parti continueranno a risolvere questioni come la ridefinizione dei confini diocesani e il possibile spostamento dei vescovi che aveva avuto luogo eccezionalmente. A causa dell’urbanizzazione e della migrazione dal 1949, molto è cambiato in Cina per quanto riguarda le divisioni amministrative e la demografia. Nei registri della Santa Sede, i territori ecclesiastici in Cina e il numero di diocesi, arcidiocesi, prefetture apostoliche e amministrazioni ecclesiastiche rimangono come elencati prima del 1949; hanno bisogno di essere aggiornati e in alcuni casi ridefiniti.
Ma il popolo cattolico di Cina segue questi Accordi? Cosa dice? Quali sono le esigenze, le attese, le speranze?
Non solo i cattolici cinesi seguono questi Accordi, ho diversi amici che non sono cattolici che mi hanno inviato messaggi e notizie sul rinnovo degli Accordi oggi. Riguarda la nostra fede cattolica, la nostra vita e lo sviluppo della Chiesa in Cina.
Penso che c’è chi ha un atteggiamento propositivo, e chi invece è più passivo. Ci sono esigenze di maggiore libertà religiosa e armonia nella società. Spero che attraverso il dialogo, la Santa Sede e le autorità cinesi possano appianare le divergenze e aiutare a risolvere le divisioni all’interno della Chiesa. Penso che dovremmo enfatizzare l’unità e la riconciliazione e lavorare per il bene comune e l’armonia sociale delle persone.
Il Papa da sempre guarda alla Cina e al popolo cinese. Un suo viaggio nell’amata Cina, è “realistico”?
Di recente, Papa Francesco ha parlato dello stile di Dio come vicinanza, compassione e tenerezza nel servire e amare gli altri. Un’altra caratteristica di cui il Papa parla spesso, è la sorpresa di Dio. Se continuiamo a pregare e testimoniare con la nostra vita, Dio può darci questa sorpresa.