Visita pastorale a Rubano dal 6 al 16 febbraio. Nel futuro ancora il Pim?
Visita pastorale. Dal 6 al 16 febbraio il vescovo Claudio sarà nelle quattro comunità di Rubano, Sarmeola, Villaguattera e Bosco che da 16 anni condividono l'esperienza del Popolo in missione. Ogni operatore pastorale deve essere consapevole che nel servizio sta facendo esperienza di Vangelo
In principio fu il “Pim”. Da lì in poi il cammino delle quattro parrocchie del comune di Rubano non è stato più lo stesso. Per chi non vive qui non è immediato comprendere che cosa si muova per davvero dietro a questa breve, efficace sigla, e chissà che idea se n’è fatto il vescovo Claudio nei quattro anni trascorsi dal suo ingresso a Padova. Quel che è certo è che dal 6 al 16 febbraio mons. Cipolla vivrà una full immersion nella dinamica che lega Rubano, Sarmeola, Bosco e Villaguattera e in questa tappa della visita pastorale che lo sta conducendo in tutte le comunità della Diocesi, il vescovo toccherà con mano i frutti che in sedici anni ha portato l’intuizione di non vivere una missione al popolo nel senso tradizionale del termine, seppur condivisa tra parrocchie, ma di mettere direttamente il popolo in missione. Pim, per l’appunto.
Laici e preti avranno di certo avuto già modo di ricordare a don Claudio dell’idea sorta nel 2004 di celebrare insieme tra comunità il 700° anniversario di Bosco, allora guidata da don Riccardo Comarella. Gli avranno anche spiegato che dopo i tre anni di preparazione, grazie anche al compianto don Franco Canton, i francescani arrivarono nel 2007 e furono mesi preziosi. Da lì nacquero coordinamenti per la catechesi dei ragazzi e degli adulti; per la liturgia, con celebrazioni condivise e le lodi in Avvento oltre alla via crucis nei tempi forti. Proviene da quell’intuizione anche l’abitudine delle presidenze dei consigli pastorali di incontrarsi cinque volte l’anno e quella dei parroci di presiedere la messa periodicamente nelle parrocchie vicine. Non solo: i gruppi giovanili, così come i campi estivi, sono organizzati praticamente tutti su scala Pim.
«La domanda che vogliamo rivolgere al vescovo è: questa collaborazione, che negli anni si è rivelata vincente specie per le comunità più piccole, rappresenta anche una via per il futuro?». Le parole sono quelle di Silvano Marini, vicepresidente del consiglio pastorale parrocchiale (cpp) di Rubano, che rivestiva lo stesso ruolo anche all’epoca dell’avvio del Pim. Ma il quesito ha un ulteriore, delicato addentellato: il modello Pim funziona bene in parrocchie con parroco residente, ma cosa ne sarà quando i preti saranno, per ipotesi, due su quattro comunità? «Sta a noi laici prenderci veramente la responsabilità delle nostre comunità – continua Silvano – riscoprire la gioia del Battesimo e prepararci al meglio fin da subito, altrimenti ci troveremo di fronte a grandi necessità senza esserci formati».
La visuale è la stessa del parroco, don Danilo Miotto: «I poli della vita comunitaria sono due, l’ordine sacerdotale e quello familiare. Non esistono vocazioni di serie A e di serie B. Siamo tutti chiamati a condividere la fede in questo territorio e l’arrivo del vescovo, successore degli apostoli su mandato del papa, sarà per noi segno di unità nella Chiesa e opportunità per rimettere Gesù ancora più al centro della nostra pastorale».
Sul ruolo dei laici don Danilo dimostra tutto il suo amore per il Concilio Vaticano II: «Purtroppo sono passati 55 anni e ne abbiamo attuato sì e no il 5 per cento. La Lumen gentium dice chiaramente come sia Gesù la luce delle genti, la Chiesa vive di luce riflessa ed è chiamata a dare corpo all’amore di Cristo. Ebbene, questo significa essere ministri e se la parola ministero fa paura usiamo pure servizio, quel che importa è che in virtù dei sacramenti tutti siamo chiamati a diffondere questa luce». Che cosa mobilità il laicato? «La necessità. Il nuovo modello catechistico genera grandi difficoltà, ma è preziosissimo – conclude don Danilo – I genitori sentono la responsabilità di curare la loro chiesa domestica, comprendono che se non si attivano i loro figli non avranno il catechismo. Dal punto di vista numerico è una perdita, ma da quello della consapevolezza è un grande successo».
«A Sarmeola accoglieremo il vescovo con gioia come nostro padre nella fede ricordando con riconoscenza la visita straordinaria fattaci nel maggio 2017, in occasione del 50° della posa della prima pietra della nuova chiesa – commenta Leonildo Bettio, vice del cpp – Ora ci attendiamo un ulteriore messaggio, in un contesto sociale e culturale in piena e frenetica evoluzione, che dia un contributo alla riflessione che stiamo conducendo in merito al nostro fare, alla necessità di condurre una rivisitazione sulle attività, sulle cose che da tempo facciamo per decidere cosa lasciare e dove concentrarsi; quali siano le scelte pastorali e quali i processi da attivare, anche in termini di risorse umane e economiche».
Il riferimento di Bettio è al percorso iniziato proprio sulla scorta di quella visita del vescovo di due anni e mezzo fa. «Da allora – spiega il parroco di Sarmeola don Paolo De Zuani – i membri del rinnovato consiglio pastorale, a due a due, hanno incontrato tutti i numerosi gruppi presenti in parrocchia. Nella seconda parte dello scorso anno poi, nella festa della comunità, abbiamo chiesto a ogni gruppo di presentarsi con la propria “tessera” di Vangelo: ciascuno deve essere consapevole che grazie al servizio che svolge sta incarnando il Vangelo, è lì che si fa esperienza di Cristo».
Nell’assemblea di fine anno, lo scorso giugno, ha visto la luce il progetto quadriennale “Vivere la comunità” che in questo anno pastorale si declina in “Condividere l’esperienza generativa della fede” e riprende la centralità del battesimo. «La chiesa è chiamata a cambiare perché cambiate sono le persone – continua don Paolo – Abbiamo di fronte una prospettiva inedita in cui non siamo più tutti parrocchiani più o meno attivi. Oggi alcuni sono chiesa, altri no, e chi ne fa parte non può attendere sulla soglia, ma uscire per condividere l’esperienza di fede, dire all’altro: “c’è un Dio che bussa alla tua porta anche se non lo hai cercato”». Una prospettiva che deve fare i conti con il calo degli operatori pastorali e della loro disponibilità di tempo, con le scelte economiche che si riveleranno sempre più dirimenti e con la relazione con i giovani che hanno nella parrocchia un punto di riferimento sempre più sfumato.
La comunità di Bosco attende il vescovo nell’ordinarietà della sua vita comunitaria contrassegnata dall’accoglienza e dalla capacità di collaborare di tutti i singoli gruppi. «Prepararci alla visita pastorale ci ha dato la possibilità di fermarci, guardarci dentro e comprenderci meglio come comunità – racconta il parroco don Davide Bedin – È stato il naturale completamento del cammino che avevamo intrapreso a partire dai testi “La parrocchia” e “Il seminatore uscì a seminare”». La comunità è molto viva, gli operatori sostengono l’inserimento di chi viene da fuori e le relazioni sono buone. L’iniziazione cristiana poi ha attivato i genitori. «L’attesa che abbiamo per l’arrivo del vescovo sta nella parola “ascolto” – condivide Francesco Stefanelli, vice del cpp – Credo che noi e il vescovo ne abbiamo bisogno reciprocamente. Immagino che ci parlerà dei ministeri laicali, che rappresentano il futuro: un fattore nel quale singoli e comunità devono crescere per poterli rivestire e accettare».
Apre l'incontro con i sacerdoti, chiude quello coi giovani
La visita pastorale alle comunità di Rubano si apre alle 16 di giovedì 6 febbraio a Sarmeola, dove il vescovo incontra tutti i sacerdoti del Pim e dove in serata incontra consiglio pastorale e della gestione economica. Il pomeriggio di domenica 9 è dedicato a Villaguattera. Venerdì 14 alle 15.30 incontra anziani e ammalati, mentre in serata si confronta con i referenti degli ambiti pastorali. Sabato 15 è dedicato a Rubano e domenica 16 a Bosco. La visita si chiude alle 16 nell'incontro con i giovani.
Villaguattera, una casa per tutte le famiglie
La comunità parrocchiale di Villaguattera non ha dubbi: «La visita pastorale del vescovo Claudio è una grazia. Al vescovo Claudio, che ogni domenica rivediamo nel ritratto di san Prosdocimo, nella nostra chiesa, vogliamo un bene sincero. Speriamo davvero di renderlo parte degli affetti e delle relazioni che curiamo nella nostra parrocchia».
Relazioni maturate grazie all’iniziazione cristiana che ha sostenuto la conversione della comunità a misura di famiglia, in un contesto in cui ognuno si senta riconosciuto e apprezzato per i propri carismi. Le esperienze simboliche non mancano: dal Pranzo del sorriso, vissuto con (e non per) i poveri in Avvento, in collaborazione con l’Associazione di coordinamento del volontariato di Rubano, e nel Patronato aperto, cioè la possibilità di vivere il centro parrocchiale tra famiglie, senza attività organizzate, che c’è stata la scorsa estate. «Per il futuro ci auguriamo che famiglie, bambini e ragazzi sempre più sentano la parrocchia come casa loro».
Chiarezza non solo in pastorale, ma anche nella gestione
«In questa situazione nuova siamo chiamati a decrescere, ma non sarà semplice per noi che veniamo dagli anni del boom economico, boom demografico, boom di fedeli». La riflessione è di Franco Pavan, vice amministratore parrocchiale a Rubano. «La sostenibilità economica delle parrocchie è un tema e genera qualche grattacapo. La vecchia impostazione per cui tutto nella Chiesa è gratis probabilmente andrà archiviata: credo che i fedeli debbano entrare nell'ottica di dover sostenere la comunità di cui si sentono parte».
Il cambio di passo nel segno della trasparenza imposto dal vescovo Claudio in fatto di economia è evidente. «Per questo credo che da parte sua, o forse della Cei, debbano essere coniate delle linee guida molto precise, in particolare per la gestione delle scuole dell'infanzia e dei centri parrocchiali verso cui la gente ha atteggiamenti molto diversi rispetto al passato».