Francesco Bettella, prima medaglia azzurra a Rio, stasera disputa i 50 m stile libero
Il nuotatore padovano ha inaugurato la lunga serie di trionfi per la delegazione italiana. L’evento sportivo regala emozioni e insegna che soltanto chi non si arrende, a volte riuscendo ad andare oltre il proprio limite fisico, è davvero un “superumano”. E stanotte Francesco Bettella è di nuovo in vasca per i 50 metri stile libero.
È stato l’argento di Francesco Bettella nei 100 metri dorso S1 (la sigla identifica la categoria di disabilità) la prima medaglia per l’Italia a questa 15a edizione delle Paralimpiadi brasiliane. Il giovane ingegnere padovano con neuropatia congenita ha mantenuto le promesse fatte alla Difesa alla vigilia della partenza e il 9 settembre è salito esultante sul podio. Adesso un'altra prova attende Francesco Bettella: giovedì 15 settembre a mezzanotte e mezza (ora italiana) all'Acquatic centre si gioca il podio per i 50 metri stile libero.
«Un quinto posto che a cinquant’anni vale più dell’oro» si legge sulla bacheca Facebook di Alvise de Vidi, che vive a San Biagio di Callalta (Treviso), ma ormai padovano doc grazie all’Aspea. Martedì 13 De Vidi ha disputato a Rio la gara dei 100 metri T51 in handbike, insieme a tanti atleti molto più giovani di lui e per la prima volta nella sua lunghissima carriera sportiva che lo ha portato per ben sei volte ai giochi olimpici vincendo 14 medaglie, tra cui un oro nel nuoto.
Domenica 18 i riflettori caleranno su questi giochi brasiliani dedicati alla disabilità partiti un po’ in sordina, con la fatica di portare la gente sugli spalti a causa di un Sudamerica non ancora abituato a percepire la disabilità come un fatto normale. I giochi paralimpici regalano emozioni a tutti, anche a chi si è appassionato soltanto da casa e ha fatto il tifo per i “suoi” atleti soprattutto con i social e gli aggiornamenti in rete.
Di certo questi atleti eccezionali hanno contribuito ad abbattere un’altra importante barriera, mostrando a tanti disabili nel mondo che lo sport aiuta a vivere meglio, a non sentirsi soli nelle proprie, a volte estenuanti, battaglie quotidiane e che può condurre a grandi risultati, come una medaglia al collo. A tutti gli altri le Paralimpiadi insegnano che è ora di finirla con le etichette tra “noi e loro” e che solo chi non si arrende, neppure di fronte a volte all’ineluttabilità della malattia, è davvero un “superumano”.