Giovani, boom di web e smartphone. Facebook è già il passato
Boom dei nuovi social network. Conclusa la migrazione dal computer al telefonino: il 93 per cento degli adolescenti si collega a internet dallo smartphone. Sempre più tempo speso a chattare. Il rapporto della Società italiana di pediatria.
È boom dei nuovi social network. Tra i tredicenni imperversa WhatsApp, a usarlo sono 8 su 10. Conclusa la migrazione dal computer al telefonino: il 93 per cento degli adolescenti si collega a internet dallo smartphone. Sempre più tempo speso a chattare nelle ore notturne.
I rischi dell'abuso incontrollato: stili di vita più pericolosi per chi frequenta più di 3 social. Tutti in gara per un "Like", ma così crescono anche insicurezza e fragilità. Il 13 per cento ha provato il gioco d'azzardo online, nonostante il divieto ai minori. Circa uno su due avverte la crisi economica, cresce la sfiducia nella possibilità di trovare un lavoro. In leggera riduzione il fumo di sigaretta.
È quanto emerge dall'indagine nazionale della Società italiana di Pediatria, arrivata quest'anno alla sua sedicesima edizione e condotta su un campione nazionale rappresentativo di 2107 studenti (1073 maschi - 1034 femmine) frequentanti la classe terza media inferiore.
Crescita esponenziale di internet
L'indagine registra, ininterrottamente da sei anni, un incremento esponenziale dell'uso di internet tra gli adolescenti, complice anche il crollo dei costi di accesso, che ha reso la connessione alla portata di tutti e in ogni momento. Basti pensare che nel 2008 solo il 42 per cento del campione utilizzava internet tutti i giorni contro l'attuale 81 per cento. Due sono le novità che emergono quest'anno.
Addio computer, in rete attraverso lo smartphone
La prima è che si è conclusa la "migrazione" dal computer allo smartphone: la percentuale di adolescenti che si collega a internet dal telefonino è passata dal 65 per cento del 2012 al 93 per cento nel 2014.
La quasi totalità degli adolescenti, dunque, ha internet sempre a portata di mano, in qualunque momento della giornata. E internet, salvo qualche sporadico utilizzo, vuol dire essenzialmente social network.
Addio Facebook, è boom dei nuovi social
La seconda rilevante novità è rappresentata proprio dal boom di nuovi social, attraverso i quali gli adolescenti, ma oggi sempre di più tantissimi preadolescenti alla soglia delle scuole medie, esercitano le loro sperimentazioni sociali, talvolta intrecciate talvolta no, con la vita reale. Con tutti i rischi che ciò comporta.
In principio c'era Facebook. Il 75 per cento del campione ha un profilo sul social inventato da Mark Zuckerberg, in passato meta agognata di molti adolescenti oggi vetrina rassicurante per quei genitori che credono di tenere sotto i controllo i figli, grazie alla conquistata amicizia.
Nel frattempo, un po' come la lepre che corre sempre piu' veloce, l'81 per cento degli adolescenti è sbarcato su WhatsApp, che non è solo uno strumento di messaggistica, ma può essere utilizzato a tutti gli effetti come un potente "social"; il 42 per cento su Instagram, vetrina di foto ad alto tasso di esibizionismo; il 30 per cento dei maschi e il 37 per cento delle femmine (percentuali in velocissima ascesa) su ASK, dove la possibilità di comunicare sotto anonimato ha portato a numerosi casi di cyberbullismo con esiti drammatici; il 23 per cento su Twitter, social meno gettonato tra i giovanissimi.
I comportamenti a rischio
Il 15 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver postato un proprio "selfie" provocante, percentuale certamente sottostimata se si considera che il 48 per cento dello stesso campione afferma contemporaneamente di avere amici e compagni che postano selfie provocanti.
Tra gli altri comportamenti a rischio rivolti a sconosciuti (dove sconosciuto non equivale necessariamente a pedofilo, questo va precisato) il 19 per cento ha dato il telefono, il 16,8 per cento ha inviato una foto, il 24,7 per cento ha rivelato la scuola che frequenta, l'11,6 per cento si è incontrata con lui, il 5,2 per cento ha accettato proposte di sesso online. E se all'87,6 per cento piace internet perché si può stare in contatto con gli amici, per il 60,2 per cento internet è addirittura irrinunciabile.
Dialogo, ascolto, etica le strade per evitare guai
Per il presidente della Sip, Giovanni Corsello, «i social network non vanno demonizzati, perché hanno anche aspetti di grande utilità e socializzazione. Il problema come sempre è l'abuso. La migrazione degli adolescenti dal computer al telefonino rende difficilissimo per i genitori rendersi conto del tempo effettivamente speso dai loro figli sui social. È inoltre difficile dettare regole di comportamento dal momento che la stragrande maggioranza degli adulti non ha idea di come si sviluppa la socialità sui nuovi social network, di come si strutturano le relazioni, non conosce il linguaggio utilizzato. In questo contesto parlare di controllo non ha più molto senso. Le nostre risorse per prevenire comportamenti a rischio sono il dialogo, l'ascolto, l'etica comportamentale che noi adulti di riferimento abbiamo insegnato ai figli. I quali prima di essere adolescenti sono stati bambini».
Baby-nottambuli ancora in crescita
Un altro aspetto che emerge dall'indagine rispetto alla precedente edizione è che cresce l'abitudine a navigare nelle ore serali e notturne.
Il 56,6 per cento per cento chatta la sera dopo cena e circa il 40 per cento continua a farlo fino a tardi, prima di addormentarsi in una fascia oraria che interferisce con il sonno, con conseguenze non trascurabili sulla salute.
Spiega ancora Corsello: «Alcuni problemi clinici e comportamentali descritti con frequenza maggiore negli adolescenti in questi ultimi anni come cefalea, insonnia, scarso rendimento scolastico, possono trovare motivazione dalla riduzione delle ore di sonno o dal condizionamento indotto da un abuso di internet e da stili di vita non appropriati».
Internet è anche il "primo pensiero" della giornata: non va trascurato il significativo incremento di adolescenti che iniziano le loro escursioni in rete (ovviamente complice la connessione sul telefonino) già la mattina appena svegli. Dal 2013 al 2014 la percentuale di chi lo fa spesso è passata dal 2,6 al 12,5 per cento.
Stili di vita più a rischio per chi frequenta più di tre social
L'indagine ha indagato i rischi dell'abuso, mettendo a confronto le abitudini di coloro che frequentano più di tre social con quelle di coloro che non li frequentano o al massimo ne frequentano uno (normalmente Facebook o WhatsApp). E i risultati mostrano che i primi sono più inclini ad avere comportamenti a rischio, non solo sul solo web (per esempio postare una foto provocante), ma anche nella vita reale.
Chi frequenta più di tre social vorrebbe apparire più grande, fuma e beve di più (il 21 per cento si è ubriacato). Ma i più assidui utilizzatori dei social risultano anche più fragili e insicuri. In un contesto in cui ciò che più importa è essere "popolari" (cioè totalizzare più "Like" possibile sulla propria bacheca) non stupisce la larga insoddisfazione riscontrata per il proprio aspetto fisico: 6 su 10 vorrebbero essere più magre/i (il 35 per cento ha già fatto una dieta dimagrante), avere più seno, quasi 8 su 10 vorrebbero avere gambe più belle e in generale essere più bella/o. Preoccupazioni presenti in maniera largamente inferiore tra coloro che frequentano un solo social network o nessuno.
Fulvio Scaparro, neuropsichiatra: «Ben venga un cauto utilizzo dei social. Ma non dobbiamo dimenticare che i ragazzi, a 13 anni, sono solo all'inizio della loro vita e benché grandi esperti di tecnologia sono ancora degli sprovveduti quanto a esperienza reale. Il punto è che hanno a disposizione strumenti potentissimi, attraverso i quali entrano in contatto con il mondo, ma con la modesta attrezzatura di vita di un tredicenne. Dietro la vetrina dei social possono far credere di essere ciò che non sono, possono compensare le fragilità con l'aggressività, atteggiarsi, distinguersi: il rapporto con se stessi può essere falsato perché sono proiettati non sulla vita reale ma su un palcoscenico virtuale costituito da migliaia di sconosciuti. Ma soprattutto quello che manca è il confronto con il fallimento. La vita si impara vivendo, esponendosi al fallimento, ecco perché dobbiamo spingere i nostri ragazzi a uscire, a fare sport, a confrontarsi con gli altri».
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