La priorità? Essere davvero "chiesa in uscita"
La voce di religiosi e religiose all'apertura dell'anno della vita consacrata. Le speranze di suor Gloria Tibaldi, salesiana, insegnante, e di Samuele Salvato, 25 anni, postulante nella famiglia comboniana.
Per suor Gloria Tibaldi quest’anno sarà un tempo di grazia. 41 anni, salesiana, insegnante di lettere alle medie presso l’istituto Don Bosco a Padova, sente in questa scelta di papa Francesco una rinnovata speranza per la sua vocazione.
«Sento gratitudine immensa – afferma – per quello che il Signore mi ha donato e fa nella chiesa grazie alle comunità religiosa. E guardo con fiducia al futuro, convinta che la vita consacrata abbia un messaggio forte da dire al mondo di oggi. Sta nel vivere più profondamente il presente, tendendo alla santità. Guardare, quindi, al tempo che ci è donato con uno slancio ulteriore, rinnovando la vita personale, e testimoniando al mondo senza paura che Gesù è vivo ed è bello seguirlo!».
Insegnante, anche prima della professione religiosa, ha sempre visto nel suo lavoro una missione. «L’incontro con la spiritualità di don Bosco – racconta – vi ha dato un valore aggiunto. I miei stessi alunni mi chiedono spesso che differenza c’è tra prima e dopo. Anche prima insegnavo con il cuore, adesso il valore del mio essere consacrata sta nel far passare attraverso l’insegnamento l’amore di Dio. Il messaggio forte che voglio trasmettere è che vale la pena dare la vita per Gesù. Non è un’idea così astratta: Gesù è il Signore della nostra vita e attraverso di lui posso donare speranza e consolazione. Se tutto si riduce all’orizzonte terreno, fatto di tristezza, problematiche quotidiane, è davvero un vivere misero». Con questa certezza nel cuore suor Gloria si spende quotidianamente. «Dal punto di vista educativo per noi salesie significa essere vicine ai più poveri in tutti i sensi, che per noi oggi sono i ragazzi che fanno fatica, a scuola, nelle relazioni, in famiglia».
Il richiamo di papa Francesco a essere chiesa in uscita è sentito come priorità anche da chi è ancora in cammino.
«Il papa ci spinge, mi spinge ad andare oltre – sottolinea Samuele Salvato, 25 anni, originario di Pieve di Curtarolo, postulante nella famiglia comboniana – Ho sentito sempre molto forte il senso della parrocchia e della comunità venendo da un paese piccolo. Grazie ai viaggi in missione ho scoperto un mondo che ha fame e sete di presenza, di giustizia. Dove ti viene chiesto tanto di più e devi dare molto di più. Dalle parole del papa per quest’anno sulla vita consacrata mi sento davvero incoraggiato nel mio cammino».
Samuele ha già un’idea precisa di che tipo di religioso vuol essere: «Intanto va sottolineato che la figura del consacrato o la si ama o la si disprezza e vediamo oggi come nel complesso la chiesa venga criticata.... Io spero che chi incontrerò faccia riferimento prima alla persona che sono e poi al ruolo. Dicono che sono molto espansivo e che porto gioia: questo mi conforta e mi spinge a continuare in questo cammino. Là dove molte sono le cose negative che succedono, aspiro a portare, attraverso la passione nel vangelo, allegria e gioia, l’amore del Signore. Sono anche convinto di non poter fare tutto da solo: è importante sempre camminare insieme».
Uomini e donne in cammino, insieme, nelle periferie (che non sono sempre lontane...), per testimoniare l’amore di Dio.
«I consacrati hanno la vocazione – ribadisce padre Davide de Guidi – di essere sentinelle per scrutare i segni storici del passaggio e della presenza di Dio nella storia e, di conseguenza, seguirlo con coraggio senza cercare onori, vantaggi e varie glorie inutili e dannose. Sono chiamati a illuminare il futuro e risvegliare il mondo, quando esso offusca ogni speranza, e dire con la vita che una vita bella e appassionata per tutti è possibile con Lui».
E conclude ricordando una trasmissione televisiva in cui Enzo Biagi raccontava l’esperienza vissuta in un viaggio in Amazzonia. «Mi hanno colpito le sue parole: “Non ho mai trovato un uomo felice come quel missionario che ho incontrato in mezzo alla foresta con il popolo indios”. La vita consacrata è una passione per Gesù e al tempo stesso per il suo popolo. In molte regioni sappiamo che scarseggiano le vocazioni alla vita consacrata. Questo è dovuto anche all’assenza nelle comunità di un fervore apostolico contagioso, per cui esse sono povere di entusiasmo, di gioia e perciò non suscitano attrattiva. Ma dove c’è questa gioia contagiosa del vangelo tutto si trasforma».