Una spesa contro la fame in Italia. Torna la colletta del Banco alimentare
Sabato 26 novembre torna la 20a Colletta del Banco alimentare: in Veneto un esercito di 15.500 volontari presidierà quasi 500 supermercati della grande distribuzione che aderiscono all'iniziativa contro la fame in Italia.
Torna la tradizionale colletta del Banco alimentare e, sabato 26 novembre, c'è un motivo in più per donare alimenti non deperibili all'uscita dei supermercati di tutta Italia. In Veneto sabato prossimo saranno 855 i supermercati della grande distribuzione che ospiteranno all'ingresso i 15.500 volontari del Banco alimentare per la distribuzione delle tradizionali buste gialle e per fornire informazioni sulle attività del Banco.
Quest'anno l'iniziativa raggiunge la ventesima edizione, confermando l'attività quotidiana del Banco alimentare contro lo spreco e il recupero di cibo, come gesto insostituibile per sfamare una fetta di poveri sempre più ampia presente in Italia. Ma è anche un altro il motivo per festeggiare: dalla scorsa l'Italia, prima in Europa, ha una nuova legge contro gli sprechi alimentari e per la ridistribuzione di derrate in scadenza o non deperibili a chi non riesce a mangiare.
«Per noi è un traguardo importantissimo – commenta Adele Biondani, presidente del Banco alimentare veneto – raggiunto con tutti coloro, dalla Caritas alla Sant'Egidio, che, come noi, lottano ogni giorno contro la fame e gli sprechi. La ventesima colletta, invece, si riconferma come un'occasione irrinunciabile per incontrare la gente comune, soprattutto quella che, già durante l'anno, dona, con un semplice gesto di solidarietà, anche solo un chilo di pasta, una confezione di pannolini, una scatola di tonno...».
Nel 2015, giorno dopo giorno, il solo Banco veneto, attraverso una rete di quasi 500 realtà caritative presenti su tutto il territorio regionale, ha sfamato 103 mila poveri, tra cui si contano sempre più famiglie italiane senza un reddito fisso, per non parlare dei padri separati che faticano ogni giorno di più a mantenere se stessi e la famiglia da cui si sono allontanati.
«I rapporti ufficiali – continua Biondani – per citarne soltanto due: Caritas e Istat, confermano come gli affamati rientrino in categorie sempre più numerose e diversificate. Ad esempio i minori: la percentuale dai zero ai 17 anni sul totale delle persone che afferiscono alla rete del Banco è quadruplicata dal 2007, dunque in meno di 10 anni, raggiungendo il 13 per cento: sono le famiglie numerose quelle più in difficoltà».
Non a caso, anche a livello mondiale si avvertono i medesimi segnali di allarme: «La multinazionale Kellog's che produce cereali per la colazione ha deciso di lanciare una campagna planetaria di sensibilizzazione affinché i bambini e i ragazzi possano fare più colazione. A causa, infatti, dei sempre più ristretti bilanci familiari, i minori sono costretti a saltare il pasto più importante della giornata, con gravissimi rischi legati al loro sviluppo fisico e intellettivo».
Ritornando alle famiglie italiane, basta consultare il recente rapporto nazionale del 2015 del Banco per rendersi conto di come siano proprio loro a rappresentare il 50 per cento degli assistiti dalla rete caritativa. Nel corso del 2016 Caritas e Banco alimentare hanno realizzato il primo manuale per le buone prassi di recupero, raccolta e distribuzione del cibo destinato alla solidarietà nel rispetto della sicurezza e delle norme igienico sanitarie in vigore (a tal fine la fondazione Banco alimentare è presente nel comitato nazionale sicurezza alimentare del ministero della salute).
Per rispondere concretamente all’appello di papa Francesco lanciato in apertura dell’anno giubilare («La fame non è causata dall’insufficienza, ma dalla cattiva distribuzione del cibo e dal suo spreco»), la pubblicazione è a servizio di tutte le organizzazioni caritative che provvedono a sfamare in Italia 5 milioni e mezzo di poveri (4 milioni sono “soltanto” i poveri assoluti) e ha l’obiettivo di recuperare altre 30 mila tonnellate di eccedenze sul totale di un milione di tonnellate buttate (all’interno dell’Unione europea se ne sperperano 100 milioni di tonnellate).