Tagli alle reversibilità. Le famiglie con disabili: e noi di cosa vivremo?
Il ddl di contrasto alla povertà prevede di trasformare le pensioni di reversibilità in misure assistenziali, legandole all'Isee. Spetterebbero, insomma, solo a chi abbia un reddito molto basso. Tra le più colpite le famiglie con disabilità, come denuncia una mamma: “Ho lasciato il lavoro per assistere mia figlia dignitosamente". E ora?
Il ddl di contrasto alla povertà “fa cassa sulle vedove”: è il grido d'allarme che gira velocemente in rete
Sintesi colorita ma efficace di quanto previsto nel decreto (firmato dal ministro Poletti e arrivato nei giorni scorsi in Commissione Lavoro della Camera) in materia di pensioni di reversibilità.
Non più misura previdenziale ma assistenziale, queste verrebbero legate all'Isee e quindi ridotte drasticamente di numero.
Spetterebbero, insomma, solo a chi abbia un reddito molto basso. A cambiare le regole sarebbe appunto il ddl n. n. 3594, che punta a una “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi”.
L'erogazione della pensione di reversibilità e il suo importo non dipenderebbero quindi più dai contributi versati dal lavoratore deceduto, ma dal fabbisogno economico della famiglia, misurato appunto dall'Isee: il nuovo Isee, per la precisione, che tra l'altro – lo ricordiamo – fa pure lui tanto discutere. Specialmente nella misura in cui conteggia come reddito le provvidenze economiche destinate a chi ha una disabilità.
La scelta più giusta
“Ero consapevole che avrei perso il diritto alla mia pensione personale ma sapere che, se Claudia e io fossimo sopravvissute a mio marito, avremmo avuto la pensione di reversibilità mi ha aiutata a optare per la scelta più ovvia per una madre: ho scelto mia figlia, la sua salute, il suo benessere”
Il grido d'allarme dei "caregiver"
Proprio dal mondo della disabilità si leva una voce fortemente critica verso questo annunciato colpo di spugna sulle reversibilità, che colpirebbe con maggiore forza i familiari che hanno dedicato la propria vita all'assistenza di un figlio disabile.
Ce lo spiega bene Marina Cometto, che fa parte di questa “schiera” di silenziosi lavoratori chiamati “caregiver”. “Io ho una figlia di 42 anni affetta da una patologia rara, la Sindrome di Rett – ricorda Cometto – Viene imboccata, controllata 24 ore al giorno, è del tutto non autosufficiente. Dopo la sua nascita, non ho mai ripreso a lavorare per poterla accudire dignitosamente e amorevolmente: se è arrivata a 42 anni, è stato proprio perché ho anteposto il sue benessere e la sua vita a qualsiasi altra cosa, lavoro compreso”.
Una scelta non facile né incosciente: “ero consapevole che avrei perso il diritto alla mia pensione personale – afferma Cometto – ma sapere che, se Claudia e io fossimo sopravvissute a mio marito, avremmo avuto la pensione di reversibilità mi ha aiutata a optare per la scelta più ovvia per una madre: ho scelto mia figlia, la sua salute, il suo benessere”.
E adesso? “Ora volete toglierci questo possibile beneficio? Volete toglierlo a me, ma soprattutto a Claudia, che secondo l'ordine della vita dovrebbe sopravvivere a suo padre? Ma di cosa vivrà se ridimensionerete gli importi e i diritti per chi era a carico del lavoratore - pensionato poi deceduto? Della carità della gente? Costruirete una cittadella ai limiti dei centri abitati, li ghettizzerete in un solo luogo dove non daranno fastidio e non costeranno nulla? Tanti piccoli lazzaretti urbani... Un bel 'Dopo di noi', ma soprattutto un bel passo avanti nella storia, proprio da andarne fieri”.
Spiega ancora Cometto: “Mia figlia è una di quelle persone che non ha mai lavorato, perché la sua patologia non lo consente, quindi non ha versato contributi e percepisce l’indennità d’accompagnamento e la pensione, doveroso riconoscimento di uno Stato civile verso chi non è in grado di provvedere economicamente al proprio sostentamento. E non certo per volontà propria. Volete per questo penalizzarla e penalizzarci come famiglia più di quanto già facciate quotidianamente? Se toglierete la possibilità a me ormai anziana e non più in grado di lavorare di percepire la reversibilità, di cosa vivremo io e mia figlia se dovessimo sopravvivere a mio marito? Non si può fare cassa sulle persone più fragili e poi impegnare denaro pubblico in istituzioni inutili e costose, in stipendi vergognosi dei parlamentari, in ministeri di cui non si capisce l’utilità. Non permetteremo di distruggere lo stato sociale”.
Il dibattito politico: falso allarme o grave errore?
Intanto, non è chiaro cosa il governo intenda fare davvero con le pensioni di reversibilità e se – e in quale misura – intenda toccarle. Di poche ore fa è la nota, lapidaria, della deputata Pd Silvia Fregolent: “Sulle pensioni di reversibilità si è fatta tanta polemica sul nulla. Il governo ha già smentito qualsiasi ipotesi di questo genere, la reversibilità non viene assolutamente toccata. Stop”.
L'ex ministro Damiano, Pd pure lui, da parte sua invece non smentisce affatto, anzi critica aspramente la misura, osservando in un tweet che “la previdenza non può essere considerata la mucca da mungere in ogni stagione per risanare i conti dello Stato”.
Quanto al ministro Poletti, su Facebook interviene in maniera decisa: "La proposta di legge delega del Governo lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere. Per il futuro non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità; tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale. Ribadisco che il Governo vuole dare e non togliere: per questo, per contrastare la povertà, nella legge di stabilità è previsto lo stanziamento di 600milioni per il 2016 e di 1 miliardo strutturale a partire dal 2017".
Non resta che aspettare, per capire come stiano davvero le cose: e se si tratti soltanto di un falso allarme.