Un papa eretico... o una correzione ben poco “filiale”?
Una lettera di 25 pagine firmata da 40 sacerdoti e studiosi laici cattolici è stata spedita a papa Francesco l'11 agosto scorso. Il titolo della lettera è in latino: Correctio filialis de haeresibus propagatis (Correzione filiale circa la propagazione di eresie). Segno che i firmatari intendono rivolgersi pubblicamente non solo agli italiani ma al mondo intero. Con quali ragioni? C'è davvero qualcosa di "eretico" nel magistero di papa Francesco e in particolare in Amoris laetitia?
Una lettera di 25 pagine firmata da 40 sacerdoti e studiosi laici cattolici è stata spedita a papa Francesco l'11 agosto scorso.
Il titolo della lettera è in latino: Correctio filialis de haeresibus propagatis (Correzione filiale circa la propagazione di eresie). Segno che i firmatari intendono rivolgersi pubblicamente non solo agli italiani ma al mondo intero. E la ragione che essi adducono è questa: «Per il fatto che non è stata ricevuta nessuna risposta dal S. Padre la si pubblica quest'oggi, 24 settembre». Nell’elenco delle firme spiccano quelle di Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, e di Bernard Fellay, attuale superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X (lefebvriani). Già questo è molto significativo. Nessuna firma comunque di vescovi cattolici né di cardinali.
Che i tradizionalisti stessero valutando l'opportunità di una “correzione” pubblica del papa per le novità da lui introdotte sui divorziati risposati era un’iniziativa ventilata già nei mesi scorsi.
A parlarne esplicitamente era stato uno dei cardinali dei cosiddetti “dubia”, Raymond Leo Burke, che però non è tra i firmatari della lettera resa nota in questi giorni nella quale si dichiara che papa Francesco con la sua esortazione apostolica Amoris Laetitia e mediante parole, atti e omissioni ad essa collegate sarebbe responsabile di ben «7 posizioni eretiche, riguardanti il matrimonio, la vita morale e la recezione dei sacramenti».
Non mi soffermerò sulle singole “eresie”. Ne prenderò in considerazione soltanto una, la prima, che a mio parere è la principale, la base portante delle altre.
Essa recita così: «Una persona giustificata non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina, come se alcuni dei comandamenti fossero impossibili da osservare per colui che è giustificato; o come se la grazia di Dio, producendo la giustificazione in un individuo, non producesse invariabilmente e di sua natura la conversione da ogni peccato grave, o che non fosse sufficiente alla conversione da ogni peccato grave».
La prima cosa da osservare in via preliminare è che non contiene citazioni letterali, bensì riformulazioni libere, a volte arbitrarie, del pensiero di papa Francesco. Già questo ci dice quanto le accuse rivolte al papa siano pretestuose e ingannevoli, poco attente oltretutto alla tradizione della chiesa sui cosiddetti “canoni di condanna” delle eresie. Si tratta in ogni caso di un formale atto di accusa che imputa a papa Francesco di mettere in questione l’efficacia della grazia in riferimento all’osservanza della legge divina. Ma è questo il pensiero di papa Francesco? O non si tratta piuttosto del pensiero dei firmatari, di riformulazioni, e dunque di interpretazioni del suo pensiero? Legittime per carità, ma non corrette, se non tendenziose.
Papa Francesco infatti non nega la possibilità di osservare con la grazia di Dio i comandamenti oggettivi della legge divina.
Nega semmai che si possa dire «che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante» (Amoris laetitia, 301). E ciò per il fatto che «un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può aver grandi difficoltà nel comprendere “valori insiti nella norma morale’’ o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettono di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa» (ivi).
Al centro di questa presunta “eresia” s’intravvede comunque anche un fraintendimento della dottrina del concilio di Trento sulla giustificazione, di cui è bene richiamare tre dati fondamentali: il primato dell’iniziativa gratuita di Dio; la chiamata di tutti alla salvezza; l’efficacia della grazia. Il richiamo non è pleonastico, perché proprio il modo di concepire la giustificazione e in particolare l’efficacia della grazia è stato uno dei nodi della controversia di Lutero con la chiesa di Roma. Per Lutero la giustificazione è una pura e semplice “non-imputazione” dei peccati. I peccati non vengono realmente rimessi, ma solo “coperti” dalla giustizia di Cristo. Rimangono quindi nell’uomo, anche se non gli vengono imputati e non costituiscono più un titolo di condanna.
Ma oggi, anche grazie alla maturazione ecumenica, l’idea che la grazia resti qualcosa di esterno all’uomo, una sorta di rivestimento esteriore che copre il suo peccato senza estirparlo realmente, viene abbandonata dalla stessa teologia luterana.
Si è fatta strada nel luteranesimo l’idea che siccome Dio entra in comunione con l’uomo, la grazia non è solo una realtà “forense”, giuridica, ma un efficace movimento di amore che trasforma l’uomo, il quale da schiavo diventa libero, da peccatore diventa giusto. E nel cattolicesimo si vien facendo strada l’idea che ogni eresia stimola ad approfondire e a precisare la verità, che in tanto è “cattolica”, cioè universale, in quanto assume tutti gli aspetti della realtà senza sacrificarne alcuni. Così è avvenuto lungo i secoli, così avviene oggi. Non solo in riferimento alla dottrina della giustificazione di Lutero, ma anche in riferimento alla dottrina morale della chiesa.
Questo in fondo è il vero intendimento di papa Francesco: rifondare sulla grazia, sull’iniziativa gratuita di Dio, la possibilità di osservare la legge divina.
Proprio il contrario di quanto, a causa di un concetto astratto, statico, non concreto e dinamico di grazia, gli viene imputato. I suoi accusatori forse non comprendono che l’esortazione post-sinodale Amoris laetitia sta segnando, sulla scia del concilio Vaticano II, un cambiamento di prospettiva della morale cattolica a partire da una ricomprensione condivisa da cattolici e luterani della giustificazione come esperienza e annuncio di salvezza per tutti. Anche per coloro che vivendo in una situazione irregolare non sono più in grado di recuperare il valore dell’indissolubilità infranta o perduta.