Verso la Gmg, una luce per la propria fede e umanità
Quanto manca alla Gmg di Cracovia? Pochissimi giorni!!! Tutti, compreso papa Francesco, certamente si stanno preparando – e non solo per quanto riguarda il bagaglio – per l’appuntamento. Anche noi “della Difesa” ci mettiamo in cammino, insieme ai nostri lettori, verso Cracovia 2016. Cominciamo ascoltando le voci di chi alle Gmg ci è già stato... a partire da quella di Santiago de Compostela, nel 1989. Voci che ricordano, che fanno tesoro, che si rivolgono a chi partirà quest’anno con un’augurio. Di cuore.
Una grande esperienza di chiesa e di mondialità. Una tappa miliare nei percorsi personali e di coppia.
Sono queste le caratteristiche principali che la Giornata della gioventù ha incarnato di edizione in edizione. «In quei giorni ho respirato davvero l’unione fra popoli ed etnie diverse, la capacità di intendersi e farsi capire al di là delle singole lingue – racconta Filippo Sensi, della parrocchia di Sarmeola, a Santiago de Compostella nel 1989 – e mi è rimasto il grande spirito di corpo e di gruppo con cui abbiamo affrontato le fatiche e le bellezze di quei momenti».
«Non mi ricordo nulla dei contenuti – aggiunge Antonella Crivellaro, di Sarmeola, a Czestochova nel 1991 – ma mi è rimasta l’idea di questo grande incontro, il ritrovarsi accomunati dalla voglia di incontrarci come giovani e con il papa. Ognuno con il suo bagaglio e identità. Uniti dalla stessa fede». E capaci anche di ritagliarsi dei tempi di preparazione.
«Con i 62 giovani della diocesi che avevano aderito a Denver 1993 – racconta Michela Molon di Ponso – abbiamo affrontato un percorso annuale minuzioso, per meditare ciò che andavamo a fare. C’era il rischio che fosse una vacanza, invece è stato un pellegrinaggio! Le catechesi fatte hanno infuso uno spirito di amicizia e di maturazione importante e dopo dieci anni ci siamo ritrovati tutti: coppie sposate e non, chi con figli. Sono rimaste relazioni importanti che hanno continuato a maturare e crescere e a darci tantissimo».
«Ho davvero tantissimi ricordi di Parigi 1997 – sottolinea Elisa Carrà delle Padovanelle – ma soprattutto una sensazione interiore, quella pienezza di intensità e di calore percepita in tutte le esperienze di quei giorni: l’incontro con gli altri giovani, il forte senso di chiesa vissuto sia a livello diocesano con gli altri giovani con cui avevamo condiviso il percorso di preparazione, la prima fase ad Ars, sia a livello universale, nella lunga notte di veglia a Long Champ e poi nell’incontro con il papa. Restano i momenti di catechesi e di preghiera in cui abbiamo sentito rafforzare le radici della nostra fede e umanità».
La Gmg è esperienza di relazione e accoglienza a 360 gradi. «È il volto di una chiesa che supera i confini – afferma Elena Zaggia, referente organizzativa per Padova di Roma 2000 – La fede porta ad andare oltre le differenze e unisce a livello globale. Forte, poi, l’esperienza carismatica dell’incontro con il papa. A Roma Giovanni Paolo II era anziano, provato, ma da tutti molto atteso e capace di essere significativo anche in quelle condizioni. Bella è stata anche l’esperienza di accoglienza che abbiamo avuto in diocesi, con mille giovani pellegrini ospitati, riconoscendone le singole individualità, provenienze e quindi anche caratteristiche».
Il più fresco dell’esperienza è Giacomo Bettin, 24 anni di Taggì di Sopra, che ha partecipato tre anni fa a Rio. «Il Brasile è un contesto particolare – afferma – è un viaggio impegnativo e tocchi con mano realtà estreme. La Gmg mi ha spinto a mettermi in gioco, ad aprirmi a culture diverse, a conoscere le missioni padovane e i preti che le seguono con passione. Piccoli tasselli che mi hanno spinto a camminare».
Giorni straordinari, che non finiscono mai
Si perché l’esperienza della Gmg non resta un evento a spot: lavora dentro, aiuta a far maturare scelte negli anni. Molti giovani al ritorno hanno iniziato un percorso di coppia, qualcuno l’ha vissuta a pochi giorni (18!) prima del matrimonio, in altri è stata una spinta a intraprendere cammini formativi e spirituali, come Giacomo che quest’anno andrà in Uganda con i missionari comboniani e partecipa attivamente al gruppo missionario della propria unità pastorale.
E chi ha figli continua a parlarne loro con entusiasmo. «È stata una pietra miliare del nostro cammino: del nostro percorso personale e di coppia» sottolinea Antonella, parlando anche per il marito Gianluca. Ed Elena aggiunge: «Ancora oggi lo racconto come un momento che mi ha segnato molto! E mi ha dato la percezione di forze giovani che costruiscono, hanno una progettualità viva e vivace, senza vincoli. È stato toccare con mano la “miglior gioventù” che ancora vuole sognare, cambiare il futuro, costruire, che non si abbatte».
Alcuni partecipanti vedranno partire anche i loro figli per la prima volta. Un augurio nasce quindi spontaneo da tutti.
«Di avere atteggiamenti di apertura, di libertà, sia di testa che di cuore – afferma Filippo – Di respirare la condivisione che nasce dalla stessa fede in Cristo». «Auguro loro di tornare cambiati – aggiunge Antonella – con la voglia di leggere la realtà con occhi nuovi e da diverse prospettive».
Per Elena l’augurio è di vivere il superamento dei confini e la divisione tra popoli, per ritrovare orizzonti di comunione. «I giovani devono anche recuperare esperienze e momenti propulsivi, ricercare forze ed energie da riportare a casa». Sì perché, come sottolinea Michela, «i momenti di forza intensa e di preghiera riemergono e danno la carica per affrontare i problemi».
«Auguro ai giovani – aggiunge Elisa – di vivere davvero un’esperienza intensa e piena, non solo emotivamente forte, ma umanamente e spiritualmente significativa, che sappia illuminare l’umanità e le ragioni profonde della loro fede».
E Giacomo, da giovane ai giovani: «Di poter conoscere persone nuove e non solo italiane, ma anche del luogo, di Cracovia, per aprirsi a una percezione diversa del mondo. E infine auguro di sentire l’appartenenza alla grande comunità che è la chiesa. Poi sappiamo che papa Francesco ci mette sempre del suo...».