Religiose accanto agli ultimi come «mediatrici del bene di Dio»
Sono molte le comunità di religiose, di ordini diversi, impegnate in città. Donne che, in nome della fede e del carisma del proprio ordine, ogni giorno si mettono accanto ad altre donne, in situazione di disagio, a volte anche in pericolo, per offrire loro un punto d’appoggio dal quale iniziare a progettare una vita nuova, che spesso ha al centro la presenza reale di Dio.
Non sono certo un esercito, numericamente, ma la portata del loro sostegno ai progetti di Caritas diocesana è davvero straordinaria.
Sempre in prima linea, senza mai battere “in ritirata”. Sono le religiose che a diverso titolo e con obiettivi diversi si mettono accanto ai tanti poveri (intesi in senso ampio, in particolare donne) che vivono gravi situazioni di marginalità nel territorio cittadino.
«Il loro è un impegno a 360 gradi che si esplica in particolare sul fronte dell’accoglienza, ascolto e accompagnamento – afferma Sara Ferrari di Caritas Padova – E accanto ai tre ordini, Comboniane, suore della Divina volontà e Francescane dei poveri, che gestiscono tre centri di accoglienza, non possiamo dimenticare tutte le altre – Eremite, Operaie, Salesie, Elisabettine, Dimesse – che quotidianamente accolgono profughi nelle loro strutture, distribuiscono pasti caldi, pane o colazioni o vestiario, che ascoltano negli sportelli del fondo straordinario di solidarietà quanti sono in cerca di un lavoro».
Accogliere significa ascoltare
Come suor Michela Mamprin, eremita di città, che ha scelto di immergersi nel mondo dei senza fissa dimora. Oggi è la coordinatrice del centro di ascolto diocesano.
«Era facile prima di questo servizio dirmi “Ama tutti” – sottolinea con realismo – Qui ogni giorno ci, e mi, attende una bella prova! Non è sempre facile ascoltare, incontrare, accompagnare. Per me è soprattutto importante che chi entra nel centro si senta per prima cosa accolto. E lo sia nella verità. E questa chiediamo anche a loro. Non ha senso aiutarli materialmente, se non li facciamo crescere dal punto di vista dei valori umani».
Quelli che lei cerca di vivere quotidianamente. «In primis nell’essere sempre disponibile e non perdere mai la pazienza – racconta – Il mio essere religiosa inoltre mi chiede di mettermi alla prova tutti i giorni e scoprire e vedere Gesù in ogni persona che entra o solo si affaccia al centro di ascolto. Chiedo a Dio il discernimento e di poter amare chi incontro, come lui lo ama e come ama me soprattutto!».
Dalla parte delle donne
Sono tre le strutture, gestite da religiose, che in città svolgono un servizio di accoglienza. Un ambito molto delicato e in alcuni casi anche coperto da segreto, per offrire un ambiente quanto più protetto e sicuro, alle donne per lo più.
A Centro mondo amico, alla Mandria, le suore Comboniane accolgono fino a 14 donne, anche con i loro bambini, che si trovano in situazioni di marginalità sociale grave, in cerca di asilo politico o per l’emergenza freddo.
«A noi regalano il vissuto del vangelo quando dice “ero povero e mi avete accolto” – afferma suor Giovanna Sguazza – Ci offrono la possibilità di fare opere di misericordia corporali e spirituali. La mia congregazione ha come mission specifica la promozione della donna. È così bello, pur se faticoso e doloroso, star vicina a queste sorelle che conoscono le difficoltà della vita, che hanno sulla loro pelle i segni di tante sofferenze morali, fisiche e spirituali».
Suor Giovanna è stata missionaria per molti anni in Africa e negli Stati Uniti. Da tre mesi si trova a Padova. «Oggi ho la possibilità qui in Italia, nel Veneto, di stare accanto a sorelle in difficoltà europee e asiatiche. La missione ora è qui, nelle strade dei nostri paesi e città. Con queste donne cerchiamo di instaurare un rapporto che sia davvero intimo, perché in loro vediamo quel Dio che cerca un cuore e una casa, un’amicizia. Sono incarnazione del Dio povero umile che ha bisogno di noi e cerca di stare con noi. È il Dio bambino, piccolo, il dio di Betlemme. Alcune nostre ospiti sono musulmane e cristiane ortodosse: pregano il Signore che conceda loro lavoro e casa e cercano porte aperte, amicizia e comprensione della loro cultura e vita. Noi facciamo da mediatrici».
Quando serve un appoggio per ripartire
Sono quattro i posti letto che le suore della Divina volontà mettono a disposizione del progetto Caritas di Pronto intervento: permanenze brevi per donne, al massimo per un mese.
«Qui arrivano tipologie diversissime di ospiti», racconta suor Valeria Pengo. Sono vittime di incidenti o malate in attesa dei ricoveri in day hospital, sono donne che cercano lavoro e hanno bisogno di un punto di appoggio temporaneo dove potersi riorganizzare; oppure inviate dai servizi sociali perché maltrattate o sfrattate.
«In loro sento la forza e il desiderio di portare avanti il sogno di un sostegno alla famiglia rimasta nel paese d’origine, ai figli soprattutto. Qui arrivano donne che hanno faticato tutta la vita e nonostante tutto continuano ad aiutare ancora, con una forza d’animo e una capacità di sopportazione enorme. Poche si lamentano. Tutte vivono con riconoscenza quanto viene loro messo a disposizione in termini di sostegno e ascolto. Mi meraviglia sempre il ricordo di tante che ci raggiungono ancora dopo tempo con una telefonata, un fiore, un cioccolatino regalato, per esprimere riconoscenza».
Con queste donne si può anche condividere un’esperienza di fede.
«Sono molto religiose – sottolinea suor Valeria – tutte portano con sé un’immaginetta a cui affidano la loro preghiera. In noi c’è l’incoraggiamento quando le vediamo sfiduciate. Siamo chiamate a dare questi input di speranza: tutto può accadere perché il Signore aiuta».
Quando in ballo c’è la dignità
Un centro di accoglienza con sei posti letto e un laboratorio occupazionale. È quanto mettono in campo le suore Francescane dei poveri per donne vittime della tratta.
«A volte ne accogliamo anche di più – sottolinea suor Tina Ventimiglia – Sono donne ferite dalla violenza che, in accordo con questura, assistenti sociali e Caritas, vanno tenute in un luogo protetto. Stare accanto a loro mi riporta all’essenza del carisma della nostra fondatrice: mi sento così ancor più chiamata in profondità e ho l’occasione concreta per vivere la mia missione tra i poveri e sofferenti».
Le ospiti, chi più giovane chi meno, chiedono di essere aiutate nella loro situazione e questo comporta anche entrarci dentro con realismo. «Per ognuna di loro ci vuole un confronto serio con la realtà. Spesso le attese che hanno non sono raggiungibili... è necessario allora mettersi al loro fianco e camminare insieme perché possano diventare protagoniste della loro nuova vita. Non è cosa facile: difficile liberarsi dal bisogno di appoggiarsi continuamente a qualcuno. Queste donne mi chiedono come religiosa di essere aperta alle necessità, di avere un occhio pronto per cogliere le esigenze del nostro tempo e un cuore capace di accompagnare».
E in tutto questo si incontra Dio. «Quel Gesù crocifisso che ha tanti volti di povertà e di disperazione. Ciascuna delle nostre ospiti mi parla di Lui. Il mio sguardo è proiettato su ciascuna di loro ma a partire da Dio, che dà senso al quotidiano. È un cammino duro che non sempre si compie in facilità. Per noi è fondamentale guardare alla persona, senza pregiudizi, secondo le esigenze che ha e al punto in cui si trova. Per fortuna il nostro è un lavorare in rete con tanti soggetti».
E nella condivisione si cresce anche nella fede personale. «Tante volte mi confermo nella mia fede e vedere che l’altro crede, e crede sul serio, è un bagno rigenerante. Insieme si prega, si va a messa, si riceve tanto!».