Preti novelli, siate in ascolto di chi cerca la Buona Notizia
Domenica 5 giugno verranno ordinati preti per l’imposizione delle mani del vescovo Claudio Sebastiano Berti, Diego Cattelan, Francesco Dal Sasso e Stefano Gui. Tre loro coetanei – don Vito, Chiara e Nicolò – raccontano cosa si aspettano da un giovane prete.
Quali attese la nostra comunità diocesana pone di fronte ai quattro giovani che domenica 5 giugno verranno ordinati presbiteri per l’imposizione delle mani del vescovo Claudio?
Sebastiano (26 anni, di Terradura), Diego (28 anni, di Montegalda), Francesco (26 anni, di Asiago) e Stefano (28 anni, di San Paolo in Padova) hanno deciso di “gettare via” tutta la loro vita in un servizio che sembra proprio essere lontano dalla sensibilità e dalla realtà sociale odierne. Cosa si può aspettare, quindi, una persona da un giovane prete?
L’abbiamo chiesto a tre loro coetanei: don Vito, ordinato nel 2012, Chiara e Nicolò, due loro amici.
«Più che un’aspettativa – ci dice don Vito – le mie parole vorrebbero essere soprattutto un augurio per i nuovi preti novelli, ma anche per me stesso e per i miei confratelli. Penso che un giovane prete debba essere sempre fedele al Signore, nella preghiera quotidiana, nella celebrazione dell’eucaristia, nell’ascolto e nella meditazione di quella Parola che deve essere Parola Viva, che dice qualcosa alla propria vita e non rimane estranea, che deve essere assorbita dal terreno della quotidianità. Per fare questo ci vogliono due qualità: la capacità di ascolto verso tutte le persone che si incontrano e l’umiltà! Credo che la comunità si aspetti non tanto uno che parla sempre, ma che sa riflettere e dare parole buone al momento giusto; son convinto che serva tanta umiltà per essere autentici testimoni del vangelo perché solo così siamo capaci di riconoscere i nostri limiti e di affrontare anche gli scontri e le difficoltà, con la prospettiva di chi non vuole vincere ma vuole crescere e far crescere».
Chiara e Nicolò ci dicono: «Un giovane sacerdote rappresenta il punto in cui convergono la presenza di Cristo nella storia e lo slancio vitale della sua chiesa che continua a camminare: ci aiuta a ricordare che egli è vivo e presente nella nostra vita e che anche i giovani sono capaci di scelte definitive e coraggiose per testimoniare l’incontro con Lui. Speriamo che conservi a lungo l’entusiasmo per annunciare il vangelo agli uomini del nostro tempo, con una particolare attenzione a chi è distante o nella sofferenza, ma soprattutto ci auguriamo che sappia esserne testimone con la vita, prima che con le parole».
«Oltre all’entusiasmo non deve mancargli il tempo – continuano Chiara e Nicolò – Quello per stare con la gente e coltivare relazioni autentiche e quello per curare la sua dimensione spirituale e la preghiera quotidiana. Ci piace pensare a un prete meno oberato di impegni “manageriali” e che riesca a vivere principalmente la sua missione di pastore; un prete in grado di occuparsi – e non solo preoccuparsi delle incombenze parrocchiali – di chi cerca ascolto o l’annuncio della Buona Notizia».
«Un giovane prete, inoltre, ha il vantaggio di creare legami anche attraverso nuovi linguaggi, percepisce criticità e punti di forza delle relazioni e dello stare insieme dei giovani. La sua freschezza gli permette di parlare da giovane ai giovani; non servono effetti speciali per essere comunicativi e convincenti: bastano soltanto la semplicità, l’autenticità e una salda fede. È figura necessaria in una diocesi che cerca quel dinamismo che solo i ragazzi possono dare, senza, tuttavia, mettere in secondo piano il prezioso lascito della tradizione».
Con queste attese tutta la comunità diocesana è vicina e accompagna gli ordinandi presbiteri con la preghiera e l’affetto, in questi pochi giorni che li separano dall’ordinazione.