Mese del seminario. Ecco il luogo dove chiesa e giovani si ascoltano
La comunità vocazionale giovanile di Casa Sant'Andrea si appresta a festeggiare il 25° anniversario dall’apertura, nel 1993, nel quartiere padovano della Mandria. ai giovani che discernono sul loro futuro, in chiave sacerdotale, offre un anno per pregare, lasciare spazio per le domande e comprendere a quale amore si è chiamati. Casa Sant’Andrea da un anno si è trasferita a Rubano, al seminario minore, e da lì accoglie giovani in discernimento, ma anche comunità del territorio e sacerdoti.
Casa Sant’Andrea, nata nel gennaio del 1993 per volontà del vescovo Mattiazzo e del seminario, come risposta ai bisogni della pastorale vocazionale giovanile e della formazione presbiterale, si prepara a festeggiare i venticinque anni dalla sua apertura. È passato un anno dal trasferimento della comunità dalla casa della Mandria a Padova all’edificio del seminario minore di Rubano.
«La nuova sede – racconta don Silvano Trincanato, direttore della comunità – si configura non solo come luogo in cui i giovani possono coltivare lo studio, la preghiera, il silenzio necessario per il discernimento vocazionale, ma anche per l’incontro con il territorio e le diverse realtà ecclesiali, necessario per un autentico discernimento vocazionale, anche in vista della vocazione presbiterale: vi entrano i giovani che partecipano alle attività vocazionali, ma anche gruppi che desiderano un incontro con i giovani della comunità, gruppi di preti che desiderano uno spazio per la riflessione e la preghiera, nonché le diverse équipe dell’ufficio pastorale diocesano per le vocazioni».
La comunità vocazionale di Casa Sant’Andrea ospita giovani e adulti desiderosi di una ricerca più profonda del progetto di Dio sulla loro vita e di una verifica più precisa della prospettiva sacerdotale.
«Casa Sant’Andrea è un’esperienza di “ascolto” – spiega don Giuseppe Toffanello, il padre spirituale – Ascolto in senso ampio. Ascolto da parte del giovane: di quello che succede dentro di lui e fuori di lui. Ascolto da parte di chi gli sta vicino: di quello che il giovane rivela di se stesso, di come si comporta, di cosa sente, pensa, crede… In modo che tutti e due, la chiesa locale e lui, intuiscano le concrete possibilità di libertà e di dedizione che il Signore ha posto nella vita del giovane. In questo ascolto è importante la vita insieme ad altri che non si è scelto (come il prete non si sceglie le persone, ma le riceve), per imparare a cogliere gli altri come una “chiamata” di Dio».
Loris Bizzotto, 33 anni, originario dalla parrocchia di Peraga (unità pastorale di Vigonza) è entrato a Casa Sant’Andrea dopo aver conseguito una laurea in ambito turistico e dopo aver lavorato per diversi anni in un’agenzia di eventi fieristici e comunicazione. «A trentadue anni mi son trovato a fare un bilancio della mia vita, vissuta tra animazione e servizio in parrocchia, la presidenza di un’associazione giovanile, un lavoro già prima della fine degli studi. Tanti ambiti che però non hanno lasciato spazio per coltivare una dimensione più personale. Quando le domande si facevano più incalzanti, ogni circostanza mi ricordava che dovevo andare a fondo, scavare dentro di me e capire. Questo si è tradotto in un periodo vissuto a Casa Sant’Andrea, dove ho condiviso la quotidianità fatta di preghiera e ascolto della Parola, facendo esperienza di un nuovo incontro con il Signore, che mi ha portato prima al campo vocazionale estivo e poi alla scelta di entrare l’anno scorso».
La vita quotidiana all’interno della comunità è ricca di preghiera, incontri, servizi. «Per me – continua Loris – è stato significativo accostare alla Parola quotidiana e all’eucarestia il servizio a Casa Santa Chiara, che mi ha aiutato a sentire che il Signore ci chiama a stare nella vita, anche attraverso malati e sofferenti. Vedere il sorriso, la speranza, la voglia di normalità di malati terminali mi ha aiutato a considerare con forza la mia chiamata anche davanti a queste situazioni, dalle quali talvolta rischiamo di scappare. Insieme a questo, gli incontri con i giovani della diocesi che talvolta riempivano la casa mi hanno aiutato ad acquisire la consapevolezza e l’importanza di farmi fratello di chiunque si mette al mio fianco».