Il vescovo Claudio ai giovani all'inizio del Sinodo. «Liberi, audaci, responsabili. Avanti insieme!»
Anzitutto un sogno: «Che fioriscano comunità belle, vive, capaci di attrarre con la loro vita evangelica». E poi molte dirette ai giovani: «Sapranno portare la nostra chiesa su sentieri nuovi». Giovani che hanno bisogno della chiesa, specie del Vangelo e del perdono. Ma la chiesa «deve riformarsi per non deluderli».
L’ha voluto fortemente questo Sinodo, il vescovo Claudio, certo che la via verso il futuro si apre solo se si percorre insieme. Nei dieci mesi trascorsi dall’annuncio di Cracovia, motivazioni, sensazioni e relazioni sono maturate, cresciute, con entusiasmo e qualche fisiologica fatica. Adesso don Claudio torna alle origini di questo cammino e sogna il domani con i giovani.
Vescovo Claudio, che cosa ti ha spinto a convocare un Sinodo dei giovani per la nostra diocesi? Come si sono evolute queste motivazioni osservando il movimento che si è creato attorno a questa proposta?
«Ogni uomo desidera essere padre, portare responsabilità verso il futuro: vuole lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato. E ogni padre conta sui propri figli per realizzare sogni e progetti e per consegnare loro il risultato conseguito. La compiacenza che si nota negli occhi degli adulti quando i loro figli si affacciano con successo alla vita lavorativa, o si costruiscono una famiglia, possono spiegare la mia attenzione per i giovani.
Mi sentirò un padre pieno di gioia quando vedrò i miei figli guidare con entusiasmo la nostra chiesa. Loro hanno forza, energia, formazione... sapranno portare la nostra chiesa su sentieri nuovi e migliori. Non c’è futuro senza di loro. Non li abbandonerò, ma non voglio neanche bloccarli nelle mie visioni.
Vorrei che andassero avanti, responsabili, liberi, audaci. Vorrei che tutti li sostenessimo con la nostra stima, fiducia, affetto. Cammineremo insieme! Si stanno tessendo relazioni e legami, si sono già prodotti pensieri e sentimenti belli, sta crescendo una rete di conoscenze e collaborazioni. Il sinodo sta confermando che i giovani meritano la nostra fiducia. Non dimentico che ci sono anche una quarantina di giovani che sono preti e che hanno accolto questo cammino con la gioia di chi si sente responsabile non solo del futuro della chiesa, ma anche del proprio futuro di uomo e di credente».
Che aria respiri attorno al sinodo girando per la diocesi?
«Vedo ancora uno sguardo incerto, come se si dicesse: “Bel progetto, ma...”. Vedo anche la fatica a costruire i piccoli gruppi sinodali perché si dubita della capacità della chiesa di ascoltare. Vedo una certa fatica a “convocare” nella semplicità e nell’ordinarietà della propria vita comunitaria: come se si stesse insieme ma non ci fosse capacità di andare a fondo nelle relazioni. Vorrei dire che anche i giovani devono aver fiducia nei loro padri e aprirsi a un nuovo livello di amicizia e fraternità più profondi».
Più volte abbiamo sentito ripetere – anche da papa Francesco – che la chiesa ha bisogno dei giovani. Ma i giovani hanno bisogno della chiesa?
«Sì, e moltissimo. La chiesa ha un patrimonio spirituale e di esperienza umana che permetterà loro di affrontare la vita con gioia e successo. Il Vangelo soprattutto, che è il tesoro più rilevante, ma anche l’amore di Gesù che viene riversato nei nostri cuori e che ci permette di riprenderci continuamente, il perdono del Padre, la speranza di vita oltre la morte, la vocazione a vivere nel bene, nella pace… un senso spirituale per la vita:
insomma i giovani hanno bisogno della chiesa e del suo tesoro. Certamente però la chiesa deve riformarsi per non deluderli... per questo li voglio ascoltare! Parlino e dicano quello che lo Spirito suggerisce loro. D’altronde loro stessi sono la chiesa!».
Protagonisti del sinodo non saranno solo i giovani già impegnati nelle comunità cristiane, ma anche chi è lontano. Più volte hai invitato ad andare oltre il “solito giro”. Perché è così importante?
«Oggi i confini tra chi è dentro e chi è fuori sono alterati e ingannevoli. Molti steccati sono posti dalla attuale esperienza di chiesa, ma ci sono tante opportunità per guardare oltre le abitudini e i confini tradizionali. Ci sono amici e fratelli sparsi ovunque e mi piacerebbe venissero riconosciuti nel loro legame con noi allontanando pregiudizi e giudizi, e vedendo che quello che ci accomuna è molto più abbondante di quanto ci separa. Spero che anche gli amici di Africa (Kenya), America Latina (Ecuador e Amazzonia), Asia (Thailandia) possano accompagnarci e darci il loro contributo. Dal carcere, dal mondo monastico e da altre comunità un po’ particolari mi aspetto un arricchimento di sensibilità e di visioni del mondo e della vita. Ognuno può tentare di invitare un amico a vivere questa riflessione. Oggi è molto rilevante l’incontro personale, a tu per tu. E chi è giovane potrà farsi portatore di questo invito e di questo stile di accoglienza».
A proposito di comunità: come possono i sacerdoti, i laici impegnati, le famiglie accompagnare l’anno di cammino sinodale?
«Abbiamo già distribuito un pieghevole per la preghiera: questa è la prima forma di solidarietà tra cristiani. E poi da parte delle comunità mi aspetto che manifestino stima, incoraggiamento... in un certo senso mi piacerebbe che esprimessero i sentimenti della fraternità evangelica».
Hai un sogno per la chiesa di Padova in quest’anno così ricco?
«Che fioriscano comunità belle, vive, capaci di attrarre con la loro vita evangelica. Comunità di cristiani responsabili, in forza del loro battesimo, della stessa vita comunitaria soprattutto quando non ci fosse un parroco residente, comunità capaci di generare ed educare i giovani».
Quali parole di “padre” senti di rivolgere ai giovani per ingaggiarli in questa sfida che si chiama Sinodo?
«La nostra chiesa ha bisogno del vostro affetto e della vostra stima: insieme, solo insieme, andremo dove il Signore ci vuole!».