Emergenza freddo: ad Altichiero e Voltabarozzo un inverno a porte aperte
A metà marzo è terminata in alcune parrocchie padovane l'accoglienza invernale per l'emergenza freddo. Storie di volontariato nascosto che vanno avanti da anni per dare un segnale di speranza e di accoglienza verso gli ultimi degli ultimi. Ma anche le comunità sono coinvolte. Le storie emozionanti di Voltabarozzo e di Altichiero.
L’inverno che ci siamo appena lasciati alle spalle, benché quasi del tutto privo di precipitazioni, ha annoverato alcuni dei giorni più freddi degli ultimi dieci anni.
Un dato meteorologico interessante per molti di noi, un dramma per alcuni che per le più svariate ragioni si ritrovano a vivere in strada.
Anche quest’anno, però, alcune parrocchie padovane, grazie all’impegno dei volontari Caritas, hanno messo a disposizione i loro spazi per l’accoglienza notturna invernale.
«Lo facciamo da 14 anni – racconta Giuseppe Trivellin, storico volontario di Voltabarozzo – abbiamo ricavato in una sala del patronato vecchio con undici reti, materassi e coperte, dove le persone posso venire, mangiare, lavarsi a partire dai primi giorni di dicembre fino a metà marzo». Si entra dalle 20 alle 22, si esce alle otto del mattino, ma in caso di condizioni meteorologiche avverse gli orari sono più flessibili. Il servizio viene garantito da una decina di volontari Caritas che aprono e chiudono gli ambienti, dagli scout adulti del Masci e da Angelo, il “pari”, che passa la notte con gli ospiti.
Persone di “strada”
«Le loro storie sono tra le più svariate, ci sono stranieri e ci sono italiani. Alcuni per via di una famiglia distrutta, altri perché hanno perso il posto di lavoro e non sono più riusciti a ripartire. Cerchiamo di coinvolgere le persone perché non perdano la speranza».
A volte basta donare una bicicletta perché possano andare in giro a bussare alle imprese della zona industriale per chiedere un posto di lavoro. «Non è facile convivere, specie per via di abitudini diverse, ma lo scambio con il passare delle settimane diventa pià fraterno, specie nelle piccole cose, come farsi spiegare la preparazione del the alla maniera africana».
E per la comunità di Voltabarozzo l’accoglienza notturna non è solo l’impegno di pochi volontari
«Il parroco ne parla in chiesa, i ragazzi del catechismo hanno fatto raccolte di generi alimentari, come del resto hanno fatto i nostri due cori. Per noi è importante, anche con attività e visite, spiegare a tutti come funziona l’accoglienza e perché la facciamo. Inizialmente c’era un po’ di diffidenza, ora è quasi data per scontata». Anche quest’anno il periodo invernale è terminato con una cena fraterna tra volontari e ospiti.
Ad Altichiero un’esperienza simile va avanti da quattro anni.
Gli ospiti trovano spazio in un grande garage di una casa acqusitata dalla parrocchia come impegno del Giubileo del 2000 per accogliere famiglie disagiate o in necessità economica. «L’ambiente – spiega Federico Segato, 56enne volontario di Altichiero – è riscaldato e contiene quattro letti, la doccia e il bagno».
Oltre una trentina di volontari Caritas si è data il turno per aprire e chiudere il ricovero dal 10 dicembre fino alla mattina del 16 marzo. Alcune volontarie, ogni settimana, cambiano le lenzuola, mentre le pulizie ordinarie sono affidate ad un ospite “alla pari”. «Quest’anno abbiamo avuto quattro ospiti eccezionali. I volontari che li accolgono dalle 19 stanno loro, scambiano quattro chiacchiere, anche se rispetto agli ospiti degli anni passati c’era meno voglia di parlare. Non parlano molto volentieri di cosa li ha spinti sulla strada e di cosa facciano durante il giorno, dato che sono tutti autonomi al 100%. C’è chi sta alla biblioteca San Gaetano a leggere, altri vanno in giro, ma quello che vivono è un disagio reale, concreto, che si può toccare con mano».
Anno dopo anno matura ad Altichiero la consapevolezza di questo fondamentale servizio che viene fornito a chi non ha un posto da poter chiamare casa
«Ormai è una realtà consolidata. La gente ci ferma, ci chiede se può fare qualcosa o darci vestiti, lenzuola o del cibo. È questo, in fondo, il vero scopo per cui la comunità nel 2000 ha acquistato quella casa: rendere partecipe l’intera parrocchia di un’opera di carità concreta, anche se è difficile riuscire a coinvolgere proprio tutti, con il permanere, da parte di qualcuno, di un po’ di paura o di scetticismo».
Ora arriva la parte più difficile dell’anno, il distacco
«Mi dicono che hanno già trovato un posto, ma non so se sia vero o meno e noi non possiamo fare troppe domande per non ledere la loro dignità. Alcuni dicono che hanno trovato un posto da un amico, un altro un letto da 150 euro al mese, ma prendendo 290 euro di pensione di invalidità gliene restano 140 per mangiare. C’è però anche chi ha trovato un posto di lavoro come guardiano di una catena supermercati, e così si può permettere un posto dove stare».
L’ambiente, in attesa del prossimo inverno, verrà comunque utilizzato dalla parrocchia: negli anni scorsi, infatti, nei mesi più caldi ospitava un mercatino dell’usato a sostegno proprio degli ultimi. «La nostra è davvero una bella esperienza – conclude Federico Segato – è un progetto che non ti riempie la giornata, ma mezz’ora due o tre volte al mese. Ci muoviamo in silenzio, non ci facciamo vedere e collaboriamo tra di noi in modo che se c’è un problema da risolvere lo si risolve in fretta».