Dopo Firenze: un sussidio per "sognare insieme" la nuova chiesa di Francesco
A quattro mesi dal quinto Convegno ecclesiale nazionale, la segreteria generale della Cei ha predisposto un sussidio che parte dall'invito contenuto nello storico discorso di Papa Francesco nella cattedrale di Santa Maria del Fiore - "Sognate anche voi questa Chiesa" - per delineare esercizi concreti di "sinodalità", a partire dai Consigli pastorali. "Non un libro dei sogni ma un sogno di Chiesa".
“Il Convegno di Firenze non è stato seppellito”.
Ad assicurarlo ai giornalisti, durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio permanente che si è svolto a Genova, è stato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Sono stati i cronisti, dopo i vescovi, i primi ad avere in mano il sussidio che prende il titolo dall’invito contenuto nello storico discorso di Papa Francesco nella cattedrale di Santa Maria del Fiore – “Sognate anche voi questa Chiesa” – per delineare esercizi concreti di “sinodalità”, a partire dai Consigli pastorali.
“Non sono gli Atti, ma uno strumento per rilanciare tutto quello che di bello è successo”, ha spiegato Galantino. L’intenzione è quella di “non chiuderci nella sindrome dell’accerchiamento”, la direzione è quella della “Chiesa in uscita” di Bergoglio, il punto di partenza è la rilettura della “Evangelii gaudium”. L’unico testo integrale del sussidio elaborato dalla segreteria generale della Cei – “non un libro dei sogni, ma un sogno di Chiesa”, nelle parole del segretario generale – è il discorso del Papa del 10 novembre scorso.
L’impianto centrale è una cronaca ragionata delle cinque giornate: una sorta di diario di bordo che trasuda della partecipazione corale dei 2.200 delegati e dà conto della declinazione delle “cinque vie” attorno alle quali si sono articolati i lavori, in plenaria e nei 203 tavoli dei gruppi ristretti. Nella parte finale, si ipotizzano percorsi concreti di “stile” e “pratica” della sinodalità, sulla scia del Convegno ecclesiale e “in uscita” verso il futuro, a 50 anni dal Concilio.
Dalle idee alla concretezza della vita
“I credenti, anche quelli che riconoscono Gesù come Figlio di Dio e Salvatore, faticano a capire come queste formule possano illuminare le domande e le zone buie dell’esistenza umana”.
Monsignor Galantino, nell’introduzione, sintetizza così “uno dei problemi messi in luce nelle giornate fiorentine”. Il primo a mettere in guardia e denunciare il “rischio di sterilità” è stato proprio il Papa, nell’assemblea della Cei del maggio 2014, quando ha chiesto di “non fermarsi sul piano, pur nobile, delle idee, per inforcare invece occhiali capaci di cogliere e comprendere la realtà e, quindi, strade per governarla, mirando a rendere più giusta e fraterna la comunità degli uomini”.
La risposta, e dunque il nuovo umanesimo, “non si trova in un libro degli Atti di Firenze né in alcun sussidio”, scrive il segretario generale per fugare ogni dubbio: “Richiede, piuttosto, di proseguire il cammino insieme alle persone, a contatto con la storia e nel riferimento costante alla persona e all’esempio di Cristo”.
Per la Chiesa, spiega Galantino attualizzando le cinque vie indicate dal Convegno, si tratta di “uscire, non solo verso ogni periferia geografica ed esistenziale, ma dalla retorica, dai luoghi comuni e dal politicamente corretto; annunciare che l’uomo non è solo, ma è oggetto di un disegno di grazia: abitare questo mondo, assumendone le sfide; educare i fratelli a vivere secondo la logica del Vangelo; trasfigurare le relazioni mediante la pratica della misericordia, che sola – ci insegna quest’Anno Santo – dà senso e pienezza alla vita umana”.
“Sognare concretamente”
Può sembrare uno slogan o un ossimoro, e invece è la sintesi e il rilancio dello “stile sinodale”, chiesto dal Papa alla Chiesa italiana nel suo discorso – con le sue tre parole-chiave: umiltà, disinteresse, beatitudine – ma emerso a gran voce anche nel dibattito tra i tavoli di lavoro.
“Sinodalità”, quindi, come “stile consapevolmente scelto per discernere la volontà di Dio e interpretare al meglio le esigenze del momento presente”, come facevano le prime comunità cristiane di cui narrano gli Atti degli apostoli e come ha fatto il Concilio, che è stato per la Chiesa “il più grande evento di ascolto, di confronto e i comunione” e ha indicato “nello stile collegiale e ministeriale la via che è chiamata a percorrere, a tutti i livelli”, con l’imprescindibile contributo dei laici.
Anche nella “Evangelii gaudium” “tutti i membri della Chiesa sono soggetti attivi di evangelizzazione”, e ciò suggerisce “una revisione di tante prassi ecclesiali”, che per Papa Francesco arrivano fino a “una revisione dell’esercizio dello stesso ministero pontificio, affinché sia esercitato in modo meno centralizzato e più collegiale, lasciando una maggiore autonomia alle Conferenze episcopali”.
“Il sogno missionario di arrivare a tutti” – espressione anch’essa contenuta nell’enciclica del Papa – nella Chiesa di Francesco si è concretizzato anche in occasione del Sinodo sulla famiglia, con il questionario inviato alle diocesi di tutto il mondo nella fase intermedia tra la celebrazione dell’assise sinodale straordinaria dell’ottobre 2014 e quella ordinaria dell’ottobre 2015.
Il metodo? Sinodale
“Il metodo sinodale, che costituisce la via maestra che la nostra Chiesa è chiamata a percorrere nel suo impegno missionario, non può essere dato per scontato. Alla sinodalità ci si educa”, si legge nel sussidio.
“Preparazione, ascolto e progettazione” le fasi successive suggerite, in un percorso ecclesiale rivolto al futuro in cui trovano spazio virtù come l’umiltà, la puntualità e l’attenzione all’altro, ma anche l’attualizzazione come “attenzione alla storia, dimensione essenziale per far sì che la propria azione risponda realmente ai bisogni e alla sensibilità delle persone, e per attuare un vero discernimento, a partire da un’attenta lettura e interpretazione della realtà”.
“L’intenzione di queste pagine è di dar forma non a un libro dei sogni, ma a un sogno di Chiesa per realizzare il quale c’è bisogno del contributo di ciascuno”, le parole finali dell’introduzione di monsignor Galantino. Fanno eco a quelle del Papa da Santa Maria del Fiore: “Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà”.