Divorziati risposati: non è solo un problema di comunione
Ridurre la questione dei divorziati risposati all’accesso alla comunione “è una trappola”. A ribadirlo è stato il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, durante il corso di formazione per parroci sul nuovo processo matrimoniale. Da monsignor Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana, l'invito a una attenta analisi: esiste “l’obbligo morale di perseguire la nullità matrimoniale, quando siamo in presenza di fatti che concorrono a questo”.
Ridurre la questione dei divorziati risposati all’accesso alla comunione “è una trappola”.
A ribadirlo, usando le stesse parole usate da Papa Francesco durante il Sinodo sulla famiglia, parlando con un gruppo ristretto di padri sinodali, è stato il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, durante il corso di formazione per parroci sul nuovo processo matrimoniale, promosso a Roma, a Palazzo della Cancelleria, dal Tribunale della Rota Romana.
“Ogni casa è unica, ogni situazione matrimoniale è differente”, ha detto Schönborn: per Papa Francesco “il matrimonio è qualcosa di artigianale, ogni matrimonio ha la sua storia di salvezza”.
Di fronte a ogni famiglia, “il discernimento ha bisogno di uno sguardo attento non solo dal punto di vista strettamente giuridico, ma guardando all’insieme della vita”, ha affermato il cardinale, esortando a prendere esempio dal Papa, che “non giudica il divorzio, ma cerca di capire”.
“Né lassismo, né rigorismo”, la linea dell’Amoris Laetitia, in cui si chiede ai pastori “di formare le coscienze, non di sostituirsi ad esse”.
Tra i suggerimenti per la delicata opera di “discernimento”, Schönborn ha fornito quello di “imparare dalle famiglie, che fanno discernimento ogni giorno con i propri figli”.
“Quando una coppia può avere la possibilità di vedersi riconoscere la nullità del matrimonio, è bene perseguirla”.
Con queste parole monsignor Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana, ha spiegato come esista “l’obbligo morale di perseguire la nullità matrimoniale, quando siamo in presenza di fatti che concorrono a questo”. Durante il corso per parroci sul nuovo processo matrimoniale, in corso a Roma presso il Palazzo della Cancelleria, il decano dell’organismo della Santa Sede che propone l’evento ha definito “augurabile” che, in questi casi, “una coppia possa contrarre un secondo matrimonio e avere il sacramento in pienezza”.
“Il matrimonio è il consenso”, ha ricordato Pinto, sottolineando come in Italia il fenomeno delle convivenze sia “in crescita”.
A Milano, ha reso noto il decano, i matrimoni religiosi sono stati 300, contro i 600 civili, senza contare le coppie che non contraggono alcun tipo di unione, alle quali vanno aggiunte le coppie di fatto chiuse alla prole.