Diaconi permanenti, un ministero prezioso da scoprire fino in fondo
Sabato 11 i diaconi permanenti hanno concluso sui colli Euganei il loro cammino formativo 2015-2016. In questa occasione i diaconi permanenti condividono con i lettori della Difesa del popolo alcune riflessioni al termine del loro cammino annuale.
Sabato 11 giugno i diaconi permanenti della diocesi di Padova (assieme agli aspiranti) si sono riuniti per l’incontro conclusivo dell’anno formativo.
In questa occasione i diaconi permanenti condividono con i lettori della Difesa del popolo alcune riflessioni al termine del loro cammino annuale.
Un anno ricco di misericordia
È stata “misericordia” la parola guida del percorso formativo annuale. Nel primo degli incontri congiunti abbiamo condiviso un vocabolario della misericordia, ricordando che in Dio la giustizia nasce dalla misericordia e la misericordia nasce dalla giustizia: una giustizia non pretesa, ma offerta. In modo significativo, i vangeli mostrano che le parole “pietà”, “misericordia”, “compassione” sono in bocca a bisognosi di tutti i tipi, perché tutti hanno bisogno di chiederle, così come tutti abbiamo bisogno di ascoltare la pena che si nasconde dietro i comportamenti delle persone.
In un secondo appuntamento, una coppia di educatori ha illustrato lo stile della misericordia che, in concreto, assume i tratti dell’accoglienza, dell’ascolto libero da giudizi, dell’andare dentro le situazioni e della relazione attiva e creativa. Da ultimo, attraverso un film, sono stati messi in luce alcuni gesti di misericordia da attivare concretamente: uno sguardo sincero, la tenerezza, l’indulgenza e la gioia dell’incontro.
L’incontro con una casa-famiglia, nel contesto di un’unità pastorale, chiuderà il cammino annuale, lasciandoci il compito di farci strumenti concreti di misericordia nella quotidianità.
Mario Cabras
Ma a cosa serve un diacono?
Il diaconato è tornato a fare notizia dopo la recente “uscita” di papa Francesco sull’esigenza di approfondire il “diaconato femminile”. Inevitabile che ne scaturisca un dibattito: se il discernimento ci sarà, non sarà semplice, ma costituirà certamente un arricchimento.
Sono oltre cinquant’anni che il concilio Vaticano II con la costituzione Lumen Gentium ha ripristinato il diaconato permanente come grado del ministero ordinato, in particolare nei tre ambiti della Parola, della liturgia e della carità in comunione con il vescovo e il suo presbiterio. C’è però la netta percezione di essere in un cantiere ancora aperto, sia dal punto di vista operativo che di approfondimento teologico.
Una cosa almeno è certa: la sacramentalità del diaconato, anche se è dura a morire la concezione di una ministerialità concentrata solo sul prete, o solo da lui delegata. In fondo a che cosa serve il diacono? Che cosa può fare che non possano fare i laici? Al massimo potrebbero dare una mano per la benedizione delle famiglie... Predicare? Neanche se ne parla! Nella messa il diacono può rappresentare una complicazione a meno che una certa solennità non richieda un chierichetto da festa.
Altro che chiesa «in uscita», come chiede papa Francesco. Il diacono «non gioca a scimmiottare i preti», ha detto il papa nell’omelia per il Giubileo dei diaconi. Il diacono non è nato per supplire il prete, ma per essere «l’uomo della soglia».
Rispetto al presbitero, il diacono conosce meglio il mondo laico dall’interno, con le sue luci e le sue ombre, il suo linguaggio, i suoi valori e disvalori; può farsi vicino più facilmente e offrire anche la carità intellettuale molte volte più necessaria di quella materiale.
Diaconi perturbatori dunque? Forse. Ma chi può avere paura di un diaconato che contribuisce a portare fuori la chiesa e metterla in stato di missione? Lasciamo al diacono la speranza di essere come il brutto anatroccolo della favola, che alla fine si scopre un cigno.
Gianni Costantini
Una strada da far conoscere
Ho conseguito il diploma di formazione teologica e ho poi continuato a “bighellonare”, frequentando un po’ di tutto: scuola di spiritualità, facoltà teologica, incontri a tema, ritiri, seminari ecc. Tante forze e fatiche confinate in una “zattera” alla ricerca di un approdo che desse significato al mio sentire interiore.
Un giorno, casualmente, mi arriva la proposta del diaconato: avevo messo fine al mio “pellegrinare”, trovando un percorso serio, capace di canalizzare la mia fede e la mia vita, ovvero quanto mi resta di attivo da dare al Signore e ai fratelli.
Nessuno mi aveva parlato del diaconato. Quante persone, nella mia condizione per età e percorsi di vita, potrebbero essere dei diaconi? Forse ci vorrebbe una vera pastorale vocazionale, a questo proposito, da portare in luoghi e situazioni diverse, come è altrettanto auspicabile che lo Spirito santo suggerisca chiaramente alla chiesa di Dio chi è il diacono, che cosa può fare e come debba essere accolto. E la chiesa che è in Padova, crede al diaconato?
Personalmente, rendo grazie a Dio per l’accoglienza che il vescovo Claudio mi ha riservato ammettendomi, domenica 1° maggio, con una ricca e suggestiva celebrazione, al cammino verso il diaconato, assieme ad Andrea.
Nel mio «Eccomi» ho trovato un «Vieni» detto dal nostro vescovo: parole forti, cariche di significato e di impegno, per tutti. Sosteniamo con la preghiera chi, nonostante i propri limiti, ha detto al Signore: «manda me!» Valorizziamo, cerchiamo, suscitiamo queste scelte fondamentali fatte da cristiani che vogliono offrire al Signore la loro esistenza.
Claudio Colombara
È ricchezza per il matrimonio
Essere moglie di un diacono: cosa si può dire? Naturalmente parlo del mio vissuto perché ogni caso è a se stante.
Quando mio marito mi chiese di poter diventare diacono, tanti anni fa, la prima volta rifiutai. Temevo di perderlo. La seconda volta, tornando da un meraviglioso pellegrinaggio, dissi di sì e non me ne pento. Quando dai qualcosa a Dio, Lui ti batte sempre in generosità. Ora ringrazio il Signore per il dono meraviglioso che ci ha dato. Il nostro rapporto di coppia è migliorato, siamo più aperti e la preghiera che facciamo assieme ci fa sentire più uniti.
Molto bello è anche il fatto che mio marito mi rende partecipe delle attività svolte in parrocchia. La possibilità di seguire gli incontri di formazione al diaconato mi ha permesso di maturare dal punto di vista spirituale. Certo, qualche volta brontolo un po’ quando gli impegni me lo tengono lontano, ma solo per brevi attimi.
I figli, dopo un primo tempo di stupore, sono stati molto orgogliosi di avere un papà diacono e questo li ha spinti a partecipare ancora più attivamente alle attività parrocchiali. Commovente è stato inoltre vederlo concelebrare quando i nipotini hanno ricevuto i sacramenti del battesimo e della comunione.
Adesso ho la consapevolezza che tutto è più facile se metti Dio al centro della tua vita.
Laura Bortoluzzi
Accompagnatori credibili
Per ogni ministro ordinato, poter alimentare la propria vita spirituale e relazionale è una necessità costante. Per questo motivo anche quest’anno i diaconi e i candidati al diaconato si danno nuovamente appuntamento per condividere una esperienza estiva di tre giorni a Crespano del Grappa, prolungando e approfondendo l’argomento trattato durante l’anno, negli incontri congiunti.
Per restare in sintonia col percorso annuale dedicato alla misericordia, a Crespano ci avvicineremo alla lettera di Giacomo che racconta di un’esistenza di pazienza, umiltà, costanza nell’amore e misericordia.
Negli anni passati trattando di “Coscienza cristiana e immigrazione” abbiamo affrontato il libro di Rut, mentre trattando il tema della “Pastorale familiare” abbiamo approfondito il libro di Tobia, con modalità diverse, cercando di unire la formazione al personale vissuto.
L’esperienza estiva è un tempo dedicato anche ad approfondire la conoscenza di ciascuno, incluse le spose dei partecipanti, che hanno in questo modo la possibilità di accrescere l’attenzione e la conoscenza e la cura reciproche, senza dimenticare la preghiera comune, le relazioni e il riposo, in un contesto bello e sereno come quello del centro Paolo Chiavacci.
Vito Ometto