Accoglienza invernale, una ricchezza per chi è accolto e per chi accoglie
Si è chiusa il 13 marzo l’esperienza dell’accoglienza invernale. Realizzata dal 9 dicembre 2015 al 29 febbraio nella città di Padova, secondo il Piano straordinario invernale per le persone senza dimora dell’amministrazione comunale, nato con lo scopo di offrire una disponibilità di accoglienza notturna a uomini e donne senza dimora presenti in città, si è potuta prorogare di altre due settimane vista la disponibilità di tre realtà parrocchiali.
Caritas diocesana, grazie alla parrocchie di Voltabarozzo e di Altichiero e alla casa di accoglienza Centro mondo amico presso la parrocchia della Mandria, ha messo a disposizione 17 posti letto (più due posti per l’operatore alla pari): 4 posti per donne e 13 posti per uomini. Il periodo di apertura quindi è risultato più lungo.
«L’esperienza, caratterizzata da un inverno non particolarmente rigido – afferma Sara Ferrari, referente per Caritas diocesana – è stata gestita da una trentina di volontari che hanno accompagnato gli ospiti cercando di instaurare un clima di amicizia e di vicinanza. Ogni sera, infatti, un gruppo di volontari si recava presso le varie accoglienze in attesa che arrivassero gli ospiti e offriva loro una bevanda calda, dolci o altro (in alcune occasioni anche la cena), mettendo a disposizione la propria competenza professionale e le proprie doti relazionali».
Nelle due parrocchie è stata garantita, grazie anche al Fondo straordinario di solidarietà per progetti di lavoro occasionale e temporaneo, la figura del “pari”
Il "pari" è una persona che ha la responsabilità di controllo e sostegno all’interno dei locali quando sono presenti gli ospiti, che ottiene una sovvenzione economica tramite un voucher lavoro. «Indispensabile per l’organizzazione del servizio. I due operatori pari hanno prestato il loro servizio tutte le notti instaurando sia con gli ospiti che con i volontari un rapporto di fiducia che si è protratto nel tempo».
L’esperienza dell’accoglienza invernale vive grazie anche al grande lavoro di rete a opera delle istituzioni e del privato sociale per alcuni ospiti particolarmente fragili e vulnerabili
«Medici dell’Ulss 16, operatori della casetta Borgomagno e assistenti sociali del comune – racconta la referente Caritas – sono riusciti a sbloccare l’impossibilità di accoglienza per persone non residenti, rendendo possibile un piano di accoglienza che nei primi giorni di apertura non riusciva a garantire un riparo notturno a quanti ne avevano più bisogno».
La collaborazione con gli operatori della Casetta Borgomagno si è concretizzata anche nell’invio presso il centro di ascolto diocesano di alcune situazioni, per le quali si è provveduto a pagare farmaci o biglietti del treno.
«La volontà delle istituzioni di dare un aiuto, anche se solo un riparo notturno, alle persone in difficoltà – sottolinea ancora Ferrari – diventa uno strumento fondamentale per mappare il territorio, stabilire una rete di collaborazione tra vari enti che a diverso titolo si mettono in gioco e a disposizione, trovare strategie comuni di lotta alla povertà, o per lo meno di contenimento della marginalità, e soprattutto per stabilire relazioni, rapporti di vicinanza, di ascolto e in alcuni casi anche di amicizia per far sentire le persone meno sole».
La referente Caritas segue prevalentemente il rapporto con i pari e con qualche ospite. «È sempre toccante sentire le storie di vita raccontate dalle persone che sono finite in strada. Raccontano di momenti di solitudine, di progetti migratori non andati a buon fine, di relazioni familiari difficoltose, magari già dall’infanzia, di perdite di lavoro, di crisi economica, di decisioni che al momento sembravano le uniche possibili... E sempre, ma sempre, mi dico che domani potrebbe accadere a me».