65 milioni di euro per gli ultimi. La chiesa di Padova presenta il bilancio 2016
Per il secondo anno consecutivo, la diocesi di Padova presenta pubblicamente il proprio rendiconto economico. La novità dell'edizione 2017 è l'integrazione dei bilanci anche di tutti gli enti satelliti che svolgono attività di portata diocesana. Risultano conti in rosso per oltre 700 mila euro, che stanno ispirando una serie di interventi di razionalizzazione per tagliare le spese di gestione. ma la cifra più importante sono proprio quei 65 milioni investiti nel corso dell'anno per attività caritatevoli e di sostegno tra chiese. Ecco il raccolto della mattinata e in allegato il rapporto annuale completo.
La marcia serrata della diocesi di Padova sulla via della trasparenza continua senza sosta. Stamani nel teatro dell’Opsa di Sarmeola di Rubano, la chiesa patavina ha reso noto il proprio bilancio. Una impeitosa “radiografia”, per dirla con il vicario episcopale per i beni temporali, don Gabriele Pipinato, che arriva a dodici mesi esatti da quella, senza precedenti di un anno fa.
Pur trattandosi di una seconda volta, le novità non sono mancate. E la più macroscopica riguarda proprio il volume del rendiconto economico. Se nel 2016 si era parlato (per il 2015) di una quarantina di milioni di euro, la cifra è salita ora a 70 milioni. La ragione è presto detta: l’ufficio amministrativo diocesano, con l’economato e il consiglio per la gestione economica della diocesi assieme al collegio dei consultori, hanno dato impulso al tentativo complesso di rendere conto non solo del volume di costi e ricavi dell’ente diocesi, ma anche di tutti gli organismi satellite che svolgono iniziative in tutto e per tutto diocesano. Ed ecco dunque un bilancio pressoché raddoppiato.
Un momento di chiesa
Ad aprire la mattinata, affollata da più di mille tra sacerdoti e laici, molti dei quali membri dei consigli per gli affari economici delle 459 parrocchie della diocesi, è stata la preghiera che ha visto il vescovo Claudio commentare il brano del Vangelo che accompagna l’intero anno pastorale. Quel Gesù a Betania, dopo la resurrezione di Lazzaro, che riceve il prezioso nardo a lavare i suoi piedi, per opera di Maria, ha suscitato una riflessione ricca di domande da parte di don Claudio.«Mi domando – si è chiesto – quanto il nostro maneggiare soldi ci mmantenga nella consapevolezza che la nostra vita è un dono del Signore.Quanto siamo capaci di rimanere con Maria, ai piedi di Gesù, a spargere quel nardo in piena gratuità? Che il Signore ci accompagni nel tenere insieme la nostra vita spirituale e la nostra quotidianità». È fondamentale chiederci perché ci affanniamo a raccogliere e scovare fondi e finanziamenti, ha poi sottolineato il vescovo.«Lo facciamo per la nostra parrocchia o per la nostra istituzione, magari benefica, certo. Ma a volte al centro possono non esserci i poveri, ma noi stessi, o un’estensione del nostro io...».
D’altra parte, che si trattasse di un momento di chiesa vissuta lo aveva messo subito in chiaro don Pipinato, che aveva sottolineato proprio la gratuità con la quale operano le migliaia e migliaia di volontari nelle parrocchie, grazie ai quali è possibile compiere una ricognizione così particolareggiata di tutte le entrate e le uscite di una realtà enorme e complessa come una diocesi che supera il milione di abitanti.«La chiesa povera per i poveri – ha scandito il vicario – non è la chiesa che non ha nulla. Altrimenti non potrebbe far nulla. È quella capace di gestire per il meglio le proprie risorse, avendo i poveri come destinatario ultimo».
Le cifre
Arrivando invece ai numeri (consultabili nel bilancio in allegato all’articolo), l’economo diocesano Tomaso Cuzzolin ha subito messo in rilievo la perdita che affligge i conti della diocesi: 736 mila euro che in realtà supererebbe il milione se non fossero intervenute donazioni e rientri di fondi datati. Una situazione che richiede soluzioni, tra cui l’abbattimento delle spese.
L’esempio principale in questo senso, illustrato da un altro vicario, don Marco Cagol, riguarda il comparto comunicazione, che negli scorsi mesi ha visto l’uscite definitiva della diocesi da Telechiara e il trasferimento della Difesa del popolo in Casa Pio X. In questo modo lo stabile di via Cernaia è pronto per essere messo sul mercato e le varie componenti della comunicazione (oltre al giornale che l’ufficio delle comunicazioni sociali, l’ufficio stampa e il Cpcs che gestisce il Multisala Mpx) sono in grado di lavorare in sinergia e a più stretto contatto con gli altri organismi diocesani.
Una razionalizzazione che ha riguardato anche la fondazione Bortignon per la scuola, che ha lasciato la sua sede dove agiva in regime di affitto, e la fondazione Lanza – che si avvicina ai 30 anni di attività – trasferendosi negli ambienti (in fase di ristrutturazione) del collegio Barbarigo per mettere poi in affitto la sede di via Dante 55.
Ma la cifra più impressionante sono quei 65 milioni totali che la chiesa di Padova ha investito nel 2016 in attività caritative e di sostegno tra chiese. Un importo che ha colpito lo stesso don Luca Facco, direttore della Caritas di Padova, il quale ha espresso la profonda gratitudine per quanti, privati e istituzioni hanno permesso di amministrare per i poveri un capitale di questa portata. Stupore anche per don Dante Carraro, che attraverso l’ong Medeci per l’Africa Cuamm, gestisce ogni anno 25 milioni di euro nei teatri della fame e della malattia, dove«le necessità sono totali e a volte urgentissime».
La gestione degli immobili
Il patrimonio immobiliare della diocesi è vasto, come ha confermato l’architetto Nicola Visentini, da poco più di un anno presidente del Movimento apostolico diocesano. A questo ente è demandata la gestione della stessa Casa Pio X; dello stabile delle Cucine popolari di via Tommaseo; dicasa Maria immacolata, in via Daniele Manin, progetto di riconversione che sta impegnando molto il Mad; della casa Filippo Franceschi di Camporevere, da sempre dell’Azione cattolica diocesana come pure villa Rosengarten di Meida a Pozza di Fassa, oggi chiusa, per la quale sono al vaglio diverse ipotesi che hanno anche visto l’interesse della provincia autonoma di Trentino e del comune. Ci sono poi Casa Serena a Solagna, sul massiccio del Grappa, in piena attività, e l’ex collegio Leopardi che dopo attenta analisi della situazione è stato venduto da poco.
Le parrocchie, un patrimonio non solo pastorale
Il rendiconto 2015 (per il 2016 il dato non è ancora completo) delle entrate e delle uscite delle comunità padovane vale 40 milioni di euro. Una cifra imponente, ma parziale. Già, perché come ha detto Vanna Ceretta dell’ufficio amministrativo diocesano«non tutto si può contabilizzare», e il riferimento è ancora una volta all’oceano di bene profuso senza nulla in cambio, proprio nelle parrocchie, da laici volontari.
Detto questo, sono due i dati di maggior rilievo: l’11 per cento di ingressi in meno in termini di offerte e donazioni (cifra che segue un trend generale) e il taglio del 50 per cento sugli investimenti per le manutenzioni straordinarie. Segno che le disponibilità finanziarie delle comunità sono diminuite di molto.
Il caso Tencarola
Significativo l’intervento del rettore del seminario di Padova, don Giampaolo Dianin, che ha ribadito come la situazione dell’ex minore di Tencarola parrebbe in fase di completamento. Ma dopo le vicende note ai più, che si trascinano da 14 anni, l’uso del condizionale è d’obbligo. Vicende a cui si è aggiunto negli ultimi anni un contenzioso fiscale per l’Imu aperto dal comune di Selvazzano.«Su questa vicenda sono state dette molte cose inesatte, se non falsità – ha scandito don Giampaolo – Ma noi non siamo evasori fiscali, come hanno confermato i primi due gradi di giudizio. Ora attendiamo con fiducia il passaggio in Cassazione».
Un futuro pieno di scelte
Da un’analisi dei singoli dati del bilancio, ha tirato le somme don Pipinato, è che in futuro i singoli enti della diocesi non saranno più in grado di sostenere i beni di cui oggi sono proprietari.«Nelle vostre comunità – ha detto rivolgendosi ai membri dei consigli per la gestione economica che stanno per terminare il loro mandato – non sarete più in grado di mantenere tutto quanto possedete oggi. Ma non è negativo: il Signore ci chiama sempre al meglio. Stiamo tornando all’essenziale».
Il vescovo Claudio ha chiuso condividendo un auspicio: «Spero chel’impegno della diocesi per la trasparenza porti a una maggior comunione tra noi e tra le comunità. È significativo che sia la diocesi a iniziare nel tentativo di dare il buon esempio. Siamo in cammino, domani magari faremo meglio di oggi, ma spero davvero che trasparenza e competenza arrivino anche alle singole realtà nella gestione di un patrimonio che ci è stato consegnato nei secoli da molti nostri fratelli nella fede. Se la affronteremo insieme, la sfida è molto più possibile e praticabile. Vi incoraggio a proseguire su questa strada».