Battesimo del Signore *Domenica 12 gennaio 2025

Luca 3,15-16.21-22

Battesimo del Signore *Domenica 12 gennaio 2025

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Il tempo del Natale, già forte di se stesso, ci lascia con immagini più che forti di Dio, sollecitando ancora una volta tutta la nostra attenzione. Il pericolo è sempre quello di cedere alla stanchezza e all’abitudine. Anche per le realtà più belle.

«Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! – esorta Isaia – Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: “Ecco il vostro Dio!”» (Is 40,9). Non può l’umanità, visitata dal Natale, dimenticare che quella presenza, da sempre invocata a garanzia e a difesa della nostra identità personale, è finalmente qui, in mezzo a noi. «Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede» (40,10). Sono immagini che per la loro icasticità ci riportano ai tempi gloriosi della storia d’Israele, quando ogni apparizione di Dio s’incorniciava dentro quadri tracimanti onnipotenza. Le montagne tremavano alla sua voce, i torrenti e i fiumi invertivano il loro corso e Mosè, che sul monte aveva colloqui ripetuti con Dio, ne scendeva abbagliante. Che sia ancora così? 

C’è ancora grandezza straripante.
Ma non più di paura. Di tenerezza immensa. Infatti, si premura di dirci lo stesso Isaia: «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (40,11). Che bello! Il Natale con la sua fragilità ha corretto tutta la durezza dell’Antico Testamento!
Dio si è accorto della nostra paura e, da padre premuroso, ai codici morali che ci inchiodano alle nostre colpe ha preferito le carezze di un padre, che si china ad abbracciare i suoi figli, soprattutto quelli che vede più in difficoltà. E sono gli «agnellini» appena nati, inesperti della vita, ancora analfabeti del quotidiano. Lui se li prende in braccio e «conduce dolcemente» le pecore che li hanno generati. Più che un imperatore, che con braccio potente ostenta le sue vittorie seminando morte tutto intorno, Dio è un umile pastore che ha a cuore il suo gregge e usa il suo braccio solo per radunarlo e nutrirlo. Con lui, infatti… «non manco di nulla» (Sal 23,1)

Il salmo responsoriale ne ribadisce l’immagine, addirittura trasformando la voce di Isaia in preghiera diretta. «Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto, tu che distendi i cieli come una tenda» (Sal 103,1-2). Sì, è ancora la solita immagine ancestrale di Dio, che avanza con tutto il suo corredo di grandezza: «Costruisci sulle acque le tue alte dimore, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri e dei fulmini i tuoi ministri» (103,3-4). Ma è solo per pochi istanti, perché subito a tanta potenza corrisponde altrettanta dolcezza. Infatti, «ecco, il mare spazioso e vasto: là rettili e pesci senza numero, animali piccoli e grandi. Tutti da te aspettano che tu dia loro cibo a tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono; apri la tua mano, si saziano di beni… Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra» (103,25-27-28.30)

L’onnipotenza di Dio si traduce tutta in Provvidenza, che non fa mancare niente a nessuno! Dio dal Natale in poi è più attento alle nostre emergenze che alle esibizioni della sua gloria. Addirittura, sottolinea Paolo: «Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2,14).

Lo documenta la splendida immagine che ci offre il Vangelo di questa domenica. Mostra Gesù, che, «mentre tutto il popolo veniva battezzato, ricevuto anche lui il battesimo, sta in preghiera». E cosa succede? «Ecco, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba» (Lc 3,21-22). È la bontà del Padre che si riversa sulla terra, ne squarcia le nubi, arrivando nei nostri cortili con un leggero volo di colomba. Segno di pace ritrovata, oltre ogni diluvio di giustizia. Cielo e terra si confondono in un unico scenario di grazia. È il presepe di Betlemme che si allarga a tutta la geografia e la storia degli uomini, inondando di luce anche  la materia più rude, l’umanità più rozza. Lo dice bene il quadro di El Greco. Con i suoi chiaroscuri ricalcati, con i corpi che lievitano in verticale, verso quel Dio che non fa mancare niente a nessuno e manda a ognuno di noi intere schiere di angeli a proteggere i nostri passi. 

«Tu sei il Figlio mio, l’amato – gli fa eco con una voce dal cielo il Padre – in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22). Lo dice di Gesù, il cui corpo fa da ponte a tutta la scena, ma lo dice anche di ciascuno di noi. Perché dentro di noi «gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15).

È fatta! Al di là dei giorni che passano, c’è un Natale che resta, incancellabile! «Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno» (Is 40,5).

frate Silenzio

Sorella allodola

Per Dio la nostra povertà sa solo di dolcezza e pace!

Nella foto: El Greco, Il battesimo di Cristo (1596-1600, Madrid, Museo del Prado)

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