Vaccini: tempistiche ed efficacia. Uno studio sui fattori che influenzano la durata dell'efficacia dei vaccini

Grazie all'uso di computer avanzati e tecniche di intelligenza artificiale, gli scienziati hanno fatto una scoperta sorprendente: già pochi giorni dopo la vaccinazione, era possibile vedere nel sangue dei segnali che indicavano quanto sarebbe durata la protezione del vaccino

Vaccini: tempistiche ed efficacia. Uno studio sui fattori che influenzano la durata dell'efficacia dei vaccini

Perché alcuni vaccini, come quello contro il morbillo, ci proteggono per tutta la vita, mentre altri, come quelli per Covid e influenza, vanno rifatti ogni anno? Un gruppo di scienziati dell’Università di Stanford ha trovato una possibile risposta a questa domanda che da tempo incuriosisce i ricercatori.

La scoperta riguarda alcune cellule speciali presenti nel nostro midollo osseo: i megacariociti. Queste cellule, finora note soprattutto per il loro ruolo nella coagulazione del sangue, sembrano avere un ruolo chiave nel determinare quanto a lungo un vaccino ci proteggerà. Si tratta di una scoperta importante che potrebbe cambiare il modo in cui vengono sviluppati i vaccini del futuro.

Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori hanno seguito 50 volontari che hanno ricevuto un vaccino sperimentale contro l’influenza aviaria. Alcuni di loro hanno ricevuto il vaccino normale, altri una versione potenziata con sostanze speciali chiamate “adiuvanti”, che servono a stimolare maggiormente il sistema immunitario. Nei tre mesi successivi, gli scienziati hanno analizzato regolarmente il loro sangue, cercando indizi che potessero spiegare le differenze nella durata della protezione.

Grazie all’uso di computer avanzati e tecniche di intelligenza artificiale, hanno fatto una scoperta sorprendente: già pochi giorni dopo la vaccinazione, era possibile vedere nel sangue dei segnali che indicavano quanto sarebbe durata la protezione del vaccino. Questi segnali provenivano da piccoli frammenti di materiale genetico (RNA) presenti nelle piastrine, che sono come delle “briciole” lasciate dai megacariociti nel sangue.

Per verificare questa scoperta, i ricercatori hanno fatto un esperimento su topi: hanno dato loro il vaccino insieme a un farmaco chiamato trombopoietina, che aumenta il numero di megacariociti. Il risultato è stato impressionante: dopo due mesi, questi topi avevano sei volte più anticorpi rispetto a quelli che avevano ricevuto solo il vaccino. Questo ha confermato il ruolo cruciale dei megacariociti nella risposta immunitaria di lunga durata.

Ma come funziona esattamente questo meccanismo? I ricercatori hanno scoperto che i megacariociti creano nel midollo osseo le condizioni ideali per la sopravvivenza delle plasmacellule, che sono le cellule responsabili della produzione degli anticorpi. È come se preparassero un “terreno fertile” dove queste cellule possono vivere e lavorare più a lungo. Questa scoperta non vale solo per il vaccino dell’influenza aviaria, ma è stata osservata anche per altri vaccini come quelli contro Covid, influenza stagionale, febbre gialla e malaria.

I vantaggi pratici di questa scoperta potrebbero essere notevoli. In futuro, potrebbe essere possibile fare un semplice test del sangue pochi giorni dopo la vaccinazione per capire quanto durerà la protezione in ogni persona. Questo permetterebbe ai medici di personalizzare i programmi di vaccinazione, sapendo in anticipo quando sarà necessario fare un richiamo. Per alcune persone potrebbe essere necessario un richiamo più frequente, mentre altre potrebbero mantenere una protezione più lunga.

Ancora più importante, questa conoscenza potrebbe rivoluzionare il modo in cui vengono sviluppati i nuovi vaccini. Comprendendo meglio il ruolo dei megacariociti, gli scienziati potrebbero progettare vaccini che attivano più efficacemente queste cellule, ottenendo così una protezione più duratura.

I ricercatori stanno ora cercando di capire perché alcuni vaccini riescano ad attivare meglio i megacariociti rispetto ad altri. Questa comprensione potrebbe essere la chiave per sviluppare una nuova generazione di vaccini più efficaci e duraturi, riducendo la necessità di richiami frequenti e migliorando la protezione della popolazione dalle malattie infettive.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Immunology”, apre dunque nuove prospettive nel campo della vaccinologia e potrebbe portare a significativi miglioramenti nella nostra capacità di prevenire le malattie infettive in futuro.

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Fonte: Sir