Orientarsi con gli odori. La relazione esistente tra stimoli olfattivi e memoria spaziale
Alcuni studi recenti indicano che l’olfatto è coinvolto anche in altri tipi di memoria e, in particolare, in quella spaziale.
Capita di percepire un odore e, improvvisamente, essere proiettati nel ricordo di un’esperienza vissuta che avevamo associato ad esso. E fin qui nessuna novità. Ma alcuni studi recenti indicano che l’olfatto è coinvolto anche in altri tipi di memoria e, in particolare, in quella spaziale. Ci riferiamo all’abilità che ci consente di ricordare come sono fatti luoghi e spazi, quella che – per intenderci – ci consente di orientarci nella guida tra centinaia di strade anche senza navigatore, o che permette a un ratto di orientarsi in un dedalo di cunicoli sotterranei, piuttosto che nel labirinto di un laboratorio. Non a caso, infatti, per studiare come funziona la memoria spaziale e quali siano i meccanismi neuronali in essa coinvolti, in laboratorio si usano labirinti dove i ratti sono addestrati a muoversi e a orientarsi, anche mediante la somministrazione di stimoli olfattivi. E’ nota da tempo, infatti, l’esistenza di un legame tra informazione olfattiva e memoria. Ma ciò che gli studiosi non hanno ancora capito esattamente è in quale modo le aree cerebrali olfattive e quelle della memoria interagiscono tra loro durante i processi di apprendimento o la rievocazione di una coordinata spaziale. Numerose ricerche hanno già chiarito che la memoria spaziale è gestita in buona parte da una struttura del cervello chiamata ippocampo, il quale è connesso e riceve informazioni anche dalle aree olfattive e, in particolare, dal bulbo olfattivo e dalla corteccia olfattiva primaria (o corteccia piriforme).
Per comprendere meglio tale processo, gli scienziati del Champalimaud Centre of Unknown di Lisbona (Portogallo), coordinati da Zachary Mainen, hanno voluto indagare come ippocampo e corteccia piriforme dialoghino tra loro e in che modo interagiscano quando un ratto si muove nello spazio cercando una traccia odorosa. Ebbene, la loro recente ricerca (pubblicata su “Nature”) ha evidenziato come vi sia un coinvolgimento diretto di alcuni neuroni della corteccia piriforme non solo nell’interpretare lo stimolo odoroso (cosa già nota), ma anche nella memoria spaziale associata a quello stimolo.
L’esperimento che ha portato a questa conclusione è consistito nel far muovere dei ratti in un labirinto per raggiungere un odore specifico associato ad un premio (l’acqua). Più in dettaglio, il setting sperimentale consisteva in un labirinto sopraelevato, a forma di croce greca, con quattro bracci uguali lunghi un metro ciascuno. Alla fine di ogni braccio una valvola rilasciava un odore diverso: agrumi (R-limonene), erba (1-hexanale); banana (amyl-acetato); aceto (acido caproico). Soltanto ad uno di questo odori era associata l’erogazione dell’acqua. Dopo diverse ripetizioni ogni ratto imparava a memorizzare la struttura del labirinto e a quale odore fosse abbinato ciascun braccio, ricevendo la ricompensa quando li indicava correttamente. Per impedire che gli animali si limitassero semplicemente a memorizzare il percorso fatto, la loro posizione di partenza cambiava ad ogni sessione; come ulteriore cautela sperimentale, tra una e l’altra, il labirinto veniva sempre pulito per evitare che permanessero tracce odorose o contaminazioni che potessero confondere o suggerire all’animale la direzione da prendere. Dunque, per capire dove andare, i ratti potevano avvalersi soltanto del ricordo dell’odore e della loro memoria spaziale.
Dopo tre settimane di allenamento, i sei topi coinvolti nell’esperimento riuscivano a raggiungere il braccio corretto del labirinto: se capivano di trovarsi già sul braccio corrispondente all’odore giusto, restavano fermi; altrimenti si muovevano andando nel punto corretto, che di volta in volta poteva trovarsi in una direzione diversa rispetto alla loro posizione.
“Questi studi – spiega Mainen – ora ci aprono la possibilità di studiare meglio come l’olfatto viene usato dagli animali per muoversi nello spazio (…). Probabilmente per gli umani questo aspetto, in un’epoca di smartphone e Gps sembra meno rilevante, ma se ci si pensa, evolutivamente, potrebbe essere stato un aspetto utile anche a noi”. Esperimenti svolti da altri gruppi di ricerca, infatti, hanno mostrato come anche noi umani siamo in grado di imparare a seguire e distinguere tracce odorose nel terreno e siamo anche capaci di navigare mentalmente in uno spazio sulla base di valutazioni olfattive.