Non solo luci della ribalta. In occasione delle imminenti feste cresce il giro d'affari dell'agroalimentare, ma con alcune ombre
Il giro d’affari miliardario dell’agroalimentare non deve fare dimenticare la delicatezza del settore.
L’agricoltura, e l’agroalimentare, continuano a generare un importante giro d’affari. Gli alimenti, ma non solo, fanno così di questo complesso (e spesso travagliato) comparto, uno dei fiori all’occhiello dell’economia nazionale. Questione di abitudini, di necessità primarie da soddisfare, ma anche di moda e immagine. Anche – e forse soprattutto – in occasione di particolari periodi dell’anno come quello che ci aspetta: Natale e fine dell’anno sono da sempre uno dei momenti d’oro per i consumi alimentari.
Il giro d’affari è miliardario. Secondo le prime stime effettuate dai coltivatori diretti, la spesa di Natale degli italiani per feste potrebbe arrivare quest’anno a 549 euro a famiglia: il 19% in più rispetto alla media europea. Se si guarda poi solo all’alimentazione, si scopre che sempre gli italiani con 140 euro a famiglia – dice la Coldiretti – spendono ben il 21% in più dei tedeschi a tavola ma spendono di più anche in viaggi e divertimenti mentre non emergono grandi differenze nel budget per i regali. A conti fatti, la spesa degli italiani per i cibi delle feste di fine 2019 dovrebbe essere più alta del 7% rispetto a quella degli europei in generale. Al di là dei numeri, poi, è proprio questo il periodo d’oro di tutte le innumerevoli tradizioni enogastronomiche nostrane, tutte fonti di ricordi ma anche di un giro d’affari pressoché unico.
Tutto bene, quindi, o quasi. Il tripudio enogastronomico delle feste di Natale e di fine anno (con tanto di prodotti tipici), non deve fare dimenticare che dietro le luci della ribalta c’è la gestione spesso difficile di aziende che sono imprese a tutti gli effetti, che hanno a che fare con bilanci da chiudere bene, problemi produttivi importanti, mercati bizzosi e comunque delicati, cicli di produzione non perfettamente controllabili e gestibili, una filiera (quella agroalimentare) non sempre perfettamente organizzata e coordinata.
A ben vedere sta proprio qui la grande peculiarità della produzione agroalimentare: essere contemporaneamente settore moderno e antico, capace di grandi prestazioni di mercato ma ugualmente sottoposto ai capovolgimenti dovuti al clima e alla malattie delle piante e degli animali.
Così, il giro d’affari miliardario dell’agroalimentare non deve fare dimenticare la delicatezza del settore. Una situazione che, nemmeno a farlo apposta, è tornata sotto gli occhi di tutti non solo con gli effetti dell’ondata di maltempo delle ultime settimane, ma attraverso anche i dati resi noti in occasione della Giornata mondiale del suolo. Sempre secondo i coltivatori diretti, l’ultima generazione sarebbe responsabile della perdita in Italia di oltre ¼ della terra coltivata (-28%). Colpa, viene spiegato, della cementificazione e dell’abbandono “provocati da un modello di sviluppo sbagliato”. Fatto sta che in 25 anni la disponibilità di superficie agricola utilizzabile in Italia è scesa ad appena 12,8 milioni di ettari.
Ecco il cuore del problema che spesso passa in secondo piano. Agricoltura e agroalimentare significano prima di tutto produzione di alimenti per tutti. Produzione di alimenti di base, prima che di prodotti tipici. Hanno così ragione i coltivatori a dire che la disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità, sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico. Mentre su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono con più cattiveria i cambiamenti climatici.
Insomma, se nelle prossime feste è giusto festeggiare, è anche opportuno non dimenticare.