Lode dell’unicità. Il libro di papa Francesco come inno al genio femminile

Il riferimento a diversi discorsi del Papa sul femminile è anche la prova provata di come Francesco abbia sempre affrontato il grande tema della donna oggi

Lode dell’unicità. Il libro di papa Francesco come inno al genio femminile

Sintesi di discorsi, udienze, omelie, incontri, esortazioni apostoliche, questo “Sei unica” di papa Francesco (Libreria Pienogiorno in collaborazione con Libreria Editrice Vaticana, 234 pagine, 16,90 euro) non è però solo un insieme di testi: come spiega bene il sottotitolo, questo è “un inno al genio femminile”. Genio non solo nell’accezione di intelletto creativo, ma in quella del genius latino, lo spirito originario e materno. Il riferimento a diversi discorsi del Papa sul femminile è anche la prova provata di come Francesco abbia sempre affrontato il grande tema della donna oggi, in tempi “in cui l’umanità, connessa come mai prima, risulta molto più divisa che unita”.

Ed è questo uno dei motivi fondanti del libro: la denuncia di una presunta modernità in cui l’inclusività non è basata sull’amore gratuito, sul piegarsi verso la sofferenza dell’altro, ma sulla bella forma e sulla “insaziabilità” imposte più o meno sottilmente da una società di consumi innaturali e gonfiati per profitti economici. Tutto il resto è escluso dall’orizzonte visivo, e il reietto, il malato, il povero sono ancora una volta ai margini delle megalopoli non solo cementizie, ma quelle ancora più estese dell’intelligenza artificiale e di un consumo ormai egemone.

Il femminile è in questo libro una delle realtà che possono opporsi all’egemonia di un sistema che solo in apparenza sembra libertario e egualitario, ma che si fonda sul tempo necessario per mantenere la bellezza delle forme, in attesa dell’essere spazzato via da altre belle forme imposte dal mercato universale.

E non è un caso, che tra le numerose voci femminili riportate in questo libro, non solo quelle cattoliche, vi sia anche la citazione di una lettera della scrittrice Zelda Sayre Fitzgerald al marito Francis Scott Fitzgerald, in cui emerge la permanenza di una antica felicità delle piccole cose in un mondo di lusso e dispersione, che era stato splendidamente narrato da Francis in “Il Grande Gatsby”: “e vorrei che fossimo insieme a camminare lenti tra i raggi di sole e tra la folla che esce dalla chiesa”.

Parole che dovrebbero farci riflettere su quanto lontano dall’amore gratuito e senza calcoli ci stia portando una rete di falsa comunicazione che ci impone velocità aggressiva e noncurante della sofferenza altrui: parole tanto più commoventi quanto scritte da una donna che il mondo dei consumi e delle follie di allora lo conosceva assai bene.

Il ritorno alla verità di rapporti profondi e veri è possibile: è in mano alla donna, sembra emergere come sintesi da questa silloge ragionata di riflessioni; una “nuova economia, ispirata a Francesco d’Assisi” appare realizzabile a patto che la donna possa guidarla in comunione con l’uomo, senza i pregiudizi che hanno per ora impedito l’emergere del senso profondo della femminilità. E in questo “stare” senza obiettivi reconditi e senza speranza di utili materiali è racchiuso, scrive il pontefice, il senso profondo di una femminilità che può salvare il mondo.

Francesco nota che nel racconto di Giovanni, “Lei stava”, senza descrizioni accessorie. “Maria stava, semplicemente era lì”.

Questo semplice -apparentemente- esserci, assumendo in sé il dolore del mondo, l’amore, la dedizione, la mancanza, è il senso stesso della storia, che forse sarebbe andata diversamente, se la donna avesse potuto avere più ascolto e “potere”.

La cura del creato, la gestione di un mondo più a misura di quello stesso creato, l’azione d’amore ma anche la meditazione, sono elementi sulla cui lenta rimozione dovremmo soffermarci un po’ di più. E questo libro ci aiuta a farlo.

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Fonte: Sir