Lo scandalo dello spreco alimentare. L’Italia più attenta di altri paesi, ma non basta ancora per limitare gli sprechi
Una montagna di cibo perduto. Si tratta di 595,3 grammi alla settimana di alimenti sprecati (quasi 31 chilogrammi all’anno).
L’Italia e il mondo (almeno quella parte che può permettersi di farlo) sprecano ancora troppo cibo. Certo, le cose sono diverse (e molto) rispetto al passato, ma ancora non abbastanza. E occorre subito dire che noi italiani siamo tra i più attenti proprio nel non buttar via inutilmente il cibo. Questione di abitudini, sempre di chi si può concedere il lusso di gettare alimenti che per altri potrebbero significare la sopravvivenza. Questione di cultura, ancora troppo attenta al superfluo piuttosto che al necessario. Tema, quello del buon uso del cibo, sul quale la Giornata nazionale per la prevenzione dello spreco alimentare (celebrata il 5 febbraio scorso) ha spinto a riflettere, rilanciando anche il significato dell’agricoltura e dell’agroalimentare quali comparti preziosi e strategici anche al giorno d’oggi.
A conti fatti, nel 2021 si è ripreso a sprecare più cibo di prima: +15% rispetto al periodo prima della pandemia di Covid-19. Lo ha rilevato il rapporto “Il caso Italia 2022” di Waste Watcher International. Nel mirino di tutti noi cittadini disattenti sono soprattutto pane, frutta e verdura, gli alimenti più facilmente deperibili e quindi tutti quelli freschi; oppure quelli cucinati ma avanzati. Una montagna di cibo perduto. Si tratta di 595,3 grammi alla settimana di alimenti sprecati (quasi 31 chilogrammi all’anno). Che, detto in soldoni, significano 7,37 miliardi di euro (fonte campagna Spreco Zero di Last Minute Market e dell’Università di Bologna). Tutto questo, viene rilevato dalle più importanti ricerche sull’argomento, accade per disattenzione, incapacità di calcolare bene le proprie necessità, vera e propria diseducazione alimentare. Anche se, come detto sopra, proprio l’Italia è il paese in testa alla classifica dei “più attenti” al buon uso del cibo.
Ma quindi che fare? Se la base di tutto è l’educazione, che inizia quindi dalla scuola e dall’infanzia, proprio in occasione della Giornata contro lo spreco degli alimenti si sono moltiplicate le “ricette” e i consigli da seguire. Ad iniziare dalla cura nel riuso degli alimenti avanzati, per finire con il miglioramento del calcolo dei reali fabbisogni delle famiglie e passando per una più forte sensibilità verso le situazioni in cui ciò che viene sprecato diventa preziosa risorsa. E senza dimenticare che in molte occasioni lo spreco inizia proprio dai campi.
“Il cibo che resta dopo pranzi e cene – dice però la Coldiretti -, rappresenta una fetta rilevante degli sprechi alimentari che possono essere combattuti con la riscoperta dei piatti del giorno dopo che valorizzano gli avanzi e aiutano a conservare e trasmettere le tradizioni culinarie del passato alle nuove generazioni”. NaturaSì, tuttavia, ricorda che “guardando al solo reparto ortofrutta, in Italia e nel resto d’Europa, il 21% dello spreco di frutta e verdura avviene direttamente nei campi (dati Fao)”. E mentre gli allevatori dicono che è facile “non sprecare” la carne con i numerosi riusi gastronomici, Cia-Agricoltori Italiani spiega che proprio le nuove politiche agricole europee (a partire dall’iniziativa From Farm to Fork) possono incentivare le pratiche agricole più attente all’ambiente e contemporaneamente al corretto uso delle risorse e dei prodotti con, per esempio, “la possibilità di prolungare la durata di conservazione di frutta e ortaggi per realizzare un sistema alimentare sostenibile”. Sempre Cia tuttavia sottolinea: “Lo spreco alimentare è un problema in continua crescita, che non si può ignorare. Per invertire questa tendenza, Cia ritiene necessaria una trasformazione radicale del nostro sistema agroalimentare, che deve iniziare dalle pratiche agricole ed estendersi lungo tutta la catena del valore: produzione, trasformazione, stoccaggio, esportazione, distribuzione e consumo domestico”. Tecnica, dunque, ma prima ancora, come si è detto, cambiamento culturale. Così, se da un lato Confagricoltura sottolinea che “le aziende agricole non sprecano”, dall’altro la stessa organizzazione richiama la necessità di una cooperazione “di tutti” per risolvere un problema ineludibile.
Percorso complesso, comunque, quello della lotta allo spreco. Che deve essere intrapreso. Perché proprio lo spreco è uno scandalo, come ricorda la Coldiretti, “in una situazione in cui più dell’8% di tutta la popolazione italiana rischia la povertà alimentare nei prossimi mesi, avendo budget risicati per cui la fiammata inflazionista è sufficiente per metterli in difficoltà nel garantirsi i pasti sempre e comunque, secondo il rapporto Coldiretti/Censis”. E non solo, perché sempre i coltivatori aggiungono: “Guardando al futuro prossimo oltre alle persone a rischio povertà alimentare, vi è un 17,4% degli italiani che per paura di non farcela dovrà limitarsi alle sole spese di base, tra casa e alimentazione”. E quindi? “Se da un lato – dice ancora l’organizzazione agricola -, si segnala la ripresa degli sprechi dall’altro si registra anche l’aumento delle iniziative di solidarietà alimentare per dare una seconda vita al cibo avanzato”.