Infanzia e adolescenza, le 5 emergenze nella Relazione della Garante
Presentata questa mattina in Senato la Relazione al Parlamento 2021. Garlatti: “La pandemia ha investito diritti fondamentali dei bambini e dei ragazzi. La lettura positiva è che hanno imparato a difenderli e rivendicarli. Salute mentale, povertà, dispersione scolastica, uso di sostanze e violenza ingiustificata sono le emergenze che mi preoccupano di più. Ascolto e partecipazione gli impegni fondamentali”
“Ho assunto le mie funzioni a gennaio 2021, in piena pandemia, mentre l'idea stessa di futuro era offuscata, soprattutto per i ragazzi. Oggi presentiamo questa Relazione in cui facciamo un bilancio delle criticità, ma evidenziamo anche le risorse e gli aspetti positivi: come l'intelligenza che i ragazzi hanno dimostrato nel rimodulare le loro vite e nel difendere i loro diritti”. Così Carla Garlatti, Garante nazionale dell'Infanzia e Adolescenza, dichiara a Redattore Sociale al termine della presentazione della Relazione al Parlamento 2021. “Viviamo momenti di crisi, tuttora non ritengo che ne siamo venuti fuori: crisi sanitaria, sociale, bellica. E' quindi inevitabile, come bilancio, una carrellata degli effetti negativi della pandemia e della crisi su bambini e adolescenti, ma ci tengo a offrire anche una lettura di speranza: i ragazzi hanno capito che alcuni diritti che davano per scontati non lo sono e hanno riscoperto le piccole cose come stare con i genitori, andare a scuola, uscire con gli amici”.
Salute mentale
La prima emergenza, secondo Garlatti, è la salute mentale: “La pandemia ha aumentato le criticità di chi già ne pativa e ha creato nuove criticità in chi invece prima non ne soffriva. Sono cosi aumenti autolesionismo, tendenze suicidarie, ritiro sociale e uso di sostante psicoattive. Tra le raccomandazioni che l’Autorità garante ha indirizzato alle istituzioni per fronteggiare questa emergenza c’è innanzitutto la necessità che le azioni di programmazione, prevenzione e cura superino la frammentarietà regionale e locale. Vanno poi previste adeguate risorse per i servizi, vanno fornite risposte specifiche in base all’età, va garantito un numero di posti letto in reparti dedicati ai minorenni e vanno istituiti servizi di psicologia scolastica, in modo da attivare un collegamento tra scuola e territorio. È altrettanto importante operare un cambiamento culturale intervenendo sul ruolo educativo e sulla promozione del dialogo intergenerazionale: gli adulti hanno il dovere di accogliere, sostenere e contenere la sofferenza delle persone di minore età
Devianza e disagio
Un'altra emergenza è il disagio giovanile, che spesso “si traduce in devianza e quindi nell'aumento di determinati reati, per esempio la violenza domestica di ragazzi verso le mamme – riferisce Garlatti - ma penso alle risse raccontate dai media, che mi hanno molto colpita per la violenza, l'indifferenza verso la vittima e l'incapacità di rendersi conto della gravità di ciò che stavano facendo. E' ora di trovare le risposte, sotto molteplici piani, per esempio agevolando l'accesso alla giustizia riparativa, che rappresenta un momento di ascolto, in cui la vittima può esprimere la sua sofferenza e rendere partecipe l'autore, il quale a sua volta si rende conto di quello che ha fatto, in un processo di trasformazione che lo rende responsabile non per qualcosa ma verso qualcuno. A tal proposito – ha detto ancora Garlatti – abbiamo condotto uno studio qualitativo sugli effetti della giustizia riparativa e speriamo di diffonderne gli esiti, anche in chiave di prevenzione della recidiva. Per l’Autorità garante la valorizzazione della giustizia riparativa rappresenta uno dei agli aspetti più significativi della riforma Cartabia. In proposito, l’Autorità ha recentemente formulato una serie di proposte al Tavolo di lavoro incaricato di redigere gli schemi di decreto legislativo. In particolare, ha suggerito che il minorenne possa decidere autonomamente, anche senza il consenso dei genitori, se partecipare o meno a un percorso di giustizia riparativa. Ha proposto inoltre un maggiore coinvolgimento delle famiglie nei percorsi e la diffusione, oltre che della mediazione reo-vittima, di altri programmi (per esempio i circle e i family group conference) e l’estensione dell’accesso anche agli autori di reato con meno di 14 anni. La partecipazione a questi percorsi ad adesione volontaria può assumere una valenza educativa, fermo restando che occorre valutare caso per caso età e capacità di discernimento”. In generale desta preoccupazione la diminuzione, in alcuni casi, dell’età degli autori dei reati (segnalati in crescita tra coloro che hanno meno di 14 anni nei distretti di Bologna e Catania), l’incremento del numero dei casi di maltrattamento da parte dei minori nei confronti dei famigliari (Bologna, Brescia e Firenze) e l’aumento, in numerose zone d’Italia, di fatti connotati da crudeltà e mancata percezione della gravità di quanto commesso e della sofferenza delle vittime. A Palermo i delitti contro la libertà sessuale sono cresciuti di oltre il 50% e hanno colpito soprattutto bambine di età inferiore ai 14 anni, riprese con gli smartphone. In generale, in tutta la Penisola, si registra un uso improprio del digitale da parte dei minorenni, che sconfina in violazioni di legge.
Le crisi internazionali
Le crisi internazionali legate ai vari conflitti nel mondo, al cambiamento climatico e sociale hanno già iniziato a farsi sentire. I minori stranieri non accompagnati presenti in Italia sono più che raddoppiati rispetto a prima dell’inizio della pandemia. Erano 6.054 al 31 dicembre 2019, alla fine dello scorso aprile ne sono stati censiti 14.025 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È cambiato anche il paese di provenienza del gruppo più numeroso: non sono più Bangladesh o Egitto a guidare la graduatoria, ma è l’Ucraina con circa 5.000 minorenni, per la metà tra i 7 e i 14 anni. Si tratta dell’effetto del conflitto in corso, vale a dire una delle 59 guerre al mondo che contribuiscono ad alimentare i flussi migratori. Emigrazioni che rischiano di crescere ancora a causa dell’emergenza alimentare nelle zone più povere dell’Africa e dell’Asia, generata dalla crisi climatica e dall’eventuale blocco del grano nei porti ucraini. L’Italia si è dotata di un sistema di accoglienza nei confronti dei bambini e ragazzi che arrivano nel nostro Paese senza adulti di riferimento, sistema che di fronte alla prospettiva di un incremento dei flussi migratori deve essere rafforzato. Serviranno più tutori volontari: adulti di riferimento, che formati dai garanti regionali e nominati dai tribunali per i minorenni, si prendono carico di accompagnare i minori soli nel percorso di crescita e di inclusione nella nostra società. Già oggi ci sono zone d’Italia che ne hanno bisogno: dalla Lombardia, che cerca 500 tutori, alla Sicilia che fa i conti con una storica difficoltà di distribuzione territoriale dei volontari. L’ultima rilevazione dell’Autorità garante – che in base alla legge 47 del 2017 ha compiti di monitoraggio - ne ha contati 3.469 al 31 dicembre 2020.
Più in generale, occorrerà investire di nuovo sul sistema di tutela volontaria italiano, come già fatto dall’Agia con i fondi europei del Fami, e incrementare le risorse per l’accoglienza a favore dei comuni. A tal proposito, l’Autorità garante ha in corso una serie di visite nelle strutture comunali del Sai (Sistema accoglienza integrazione) per ascoltare direttamente i bisogni dei ragazzi e rilevare le esigenze degli enti locali.
Povertà e dispersione scolastica
Secondo le stime preliminari pubblicate da Istat a marzo1, il totale dei minorenni in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l’incidenza si conferma elevata (14,2%), stabile rispetto al 2020 ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019 (11,4%). La presenza di figli minori continua a rappresentare un fattore che espone maggiormente le famiglie al disagio: l’incidenza di povertà assoluta si mantiene alta (11,5%) proprio in quelle che hanno almeno un figlio di minore età. Nel caso di coppie con tre o più figli sale al 20%. La situazione, già critica a seguito della pandemia, rischia di aggravarsi ulteriormente per le conseguenze della crisi economica sul piano internazionale e le difficoltà di quanti già vivono in uno stato di vulnerabilità o di svantaggio rischiano di crescere. Queste circostanze non solo incidono sul presente ma possono ipotecare il futuro di bambini e ragazzi, contribuendo a mantenere fermo l’ascensore sociale. Per questo, da una parte occorre dar seguito alle misure di sostegno al reddito previste dal Family Act e dall’altra è necessario intervenire con urgenza, dando attuazione al Piano infanzia e alla Child guarantee, sulla povertà educativa e per contrastare la dispersione scolastica. A proposito di quest'ultima arrivano segnali allarmanti: promuovendo la riuscita scolastica si opera per la giustizia sociale, purché in un quadro di interventi di sistema.
In tema di dispersione scolastica, l’Autorità garante ha formulato sette raccomandazioni a istituzioni, imprese, parti sociali, ordini professionali e terzo settore. Tra di esse quella di istituire finalmente “aree di educazione prioritaria” nelle zone d’Italia a più alto rischio di esclusione sociale. Inoltre, occorre concentrare le risorse per rendere eccellenti le scuole e i servizi frequentati dai bambini in condizione di vulnerabilità e alle famiglie fragili vanno offerti interventi su misura da parte di équipe multidisciplinari, secondo un approccio unitario. Vanno poi promossi la piena partecipazione dei genitori all’esperienza scolastica dei figli e i patti educativi di corresponsabilità co-costruiti e personalizzati, oltre a parent’s room in ogni scuola e progetti di intervento ad hoc per ciascuna famiglia in difficoltà. Andrebbero rinnovati la didattica e gli stili di insegnamento, aumentate le scuole a tempo pieno e promossi ambienti informali di apprendimento e aggregazione. Va fatto infine un investimento sul sistema integrato dei servizi educativi e socioeducativi 0-6 e va istituito, nell’ambito del sistema pubblico, un servizio di psicologia scolastica.
L'ambiente digitale
“L’ambiente digitale che aveva già un ruolo importante per i minorenni quale opportunità di gioco, istruzione, espressione e partecipazione è divenuto sempre più presente nelle vite di bambini e ragazzi. Questo comporta anche dei rischi per i loro diritti, che hanno imposto una particolare attenzione da parte dell’Autorità garante. - riferisce Garlatti - In questo ambito, l’Autorità garante ha partecipato alle attività di un tavolo presso il Ministero della giustizia con Agcom e Garante per la protezione dei dati personali per definire una serie di proposte”. La prima riguarda l’urgenza di evitare che bambini troppo piccoli utilizzino servizi online e social non adatti per la loro età e passa attraverso la definizione di un meccanismo di age verification sul modello dello Spid. Con riferimento alla condivisione delle immagini dei figli da parte dei genitori (il cosiddetto sharenting), si è poi proposto di riconoscere ai ragazzi ultraquattordicenni la possibilità di chiedere in autonomia la rimozione delle foto. Si è inoltre suggerito di applicare le norme in tema di lavoro minorile per contenere il fenomeno dei baby influencer. Fondamentale, infine, secondo l’Autorità, la realizzazione di campagne di sensibilizzazione che, per essere efficaci, dovranno essere portate avanti con la partecipazione dei minorenni.
Sul piano degli interventi normativi, in applicazione del recente decreto di attuazione sulla direttiva europea in materia di audiovisivi, l’Agia sarà chiamata a esprimere un parere sulle linee guida che Agcom metterà a punto per co-regolare con i provider la condivisione di video generati dagli utenti. Inoltre, l'Enoc, la Rete europea dei garanti per l’infanzia della quale l’Autorità fa parte, ha sollecitato al Parlamento Ue la sospensione di una disposizione della direttiva e-Privacy (adottata il 14/07/2021) consentendo il ripristino dei controlli all’interno dei sistemi di messaggistica online per contrastare l’adescamento e lo scambio di materiali pedopornografici. Una materia delicata questa, anche per quanto attiene la riservatezza dei dati personali, sulla quale è stata da poco presentata dalla Commissione una proposta di regolamento destinata a bilanciare i diritti in gioco e, soprattutto, a fare in modo che i controlli divengano obbligatori e non più basati sulla “buona volontà” dei provider.