Coronavirus. Agricoltura veneta in crisi. Studenti e pensionati nei campi
Cali del trenta per cento per il florovivaismo e l'ortofrutticolo. Le aziende chiedono aiuto contro la speculazione sui prezzi e la mancanza di manodopera. Coldiretti Veneto propone di rispondere alla disperata necessità di forza lavoro retribuendo con i voucher giovani e anziani e coinvolgendo i percettori di reddito di cittadinanza. E alla Grande distribuzione chiede di comprare italiano. In pericolo la filiera dell'asparago. Salta l'apporto dei 65 mila lavoratori rumeni, fondamentali per il raccolto negli ultimi anni
Ben 12 mila produttori veneti di ortaggi e frutta registrano perdite pesanti nei volumi e nel fatturato delle colture di stagione, dal radicchio alle insalate agli asparagi. A loro si aggiungono le 1.500 aziende florovivaistiche del Veneto, che impiegano 50 mila addetti, paralizzate dal fermo imposto ad attività commerciali, manifestazioni, cerimonie ed eventi.
La fotografia della situazione per quanto riguarda le filiere ortofrutticola e del florovivaismo della nostra regione è impietosa.
«Si tratta di un settore strategico per la nostra economia, già gravemente colpito negli ultimi anni dalla cimice asiatica e dai cambiamenti climatici, che si trova ora a pagare indebitamente un prezzo troppo alto, con perdite del 30 per cento per l’ortofrutta e del 50-70 per cento per il florovivaismo», ha commentato l’assessore regionale all’agricoltura, Giuseppe Pan, che nei giorni scorsi ha convocato in via telematica un tavolo con i rappresentanti delle imprese e i tecnici dei due comparti. La Regione, ha assicurato Pan, è a fianco di imprese e associazioni di categoria per reperire dispositivi di protezione e mettere a punto la modulistica per certificare i danni. «Stiamo inoltre velocizzando tutti i pagamenti, sia i saldi 2019 che gli anticipi 2020 sui piani operativi per l’ortofrutta, per garantire un po’ di liquidità alle aziende. Ma l’obiettivo al quale sto lavorando è una misura straordinaria di intervento a favore delle filiere più colpite dalla crisi, che veda l’impegno finanziario anche della Regione», ha concluso l’assessore.
Al tavolo virtuale si è seduto anche Daniele Salvagno, dal 2018 presidente regionale di Coldiretti Veneto.
Allarme speculazione
«Per quanto riguarda il settore ortofrutticolo – conferma Salvagno – ci troviamo di fronte a un calo della commercializzazione pari almeno al 30 per cento rispetto a un anno fa. Da cosa dipende? Secondo i dati in nostro possesso, pesa anzitutto il blocco totale della ristorazione ormai da tre settimane, con relativo mancato consumo di prodotti. In secondo luogo, con la chiusura dei mercati settimanali si sono fermati anche i mini ambulanti che andavano a rifornirsi ogni mattina al mercato ortofrutticolo per poi rivendere nei paesi o nei quartieri. Infine c’è la sofferenza della grande distribuzione organizzata, specie nei centri commerciali che superano i 3 mila metri quadrati, raggiungibili per lo più con l’automobile e superando i confini amministrativi, opzione non più possibile dopo il decreto del presidente del consiglio dei ministri di domenica 22 marzo. In questi punti vendita le perdite sono disastrose e il comparto ortofrutticolo è senza dubbio il più colpito».
Soffrono i produttori di radicchio tanto di Treviso quanto di Verona, ma la situazione più preoccupante è quella della filiera dell’asparago, con perdite che superano il 50 per cento. Si tratta di prodotto che viene piantato tre anni prima del raccolto, un raccolto oggi di fatto impossibile per le restrizioni. Le aziende di La Mambrotta (nei pressi di Zevio) e di Salizzole, i maggiori centri di produzione, sono in ginocchio. «Abbiamo la netta impressione che sia in atto una forte speculazione da parte degli operatori del settore, tutto a danno delle aziende. Si preferisce acquistare asparagi che provengono da Messico, Grecia e Spagna anziché privilegiare il prodotto locale: comprendiamo che i nostri asparagi hanno un costo leggermente superiore dettato dai contributi da versare e dalla qualità della manodopera, ma il nostro invito alla grande distribuzione e in generale ai compratori è chiaro: in momenti di crisi come questo più che tirare sui prezzi occorre favorire senza indugio le aziende del territorio. Comprate da noi e facciamo fronte insieme a questa emergenza».
Carenza di manodopera
L’allarme internazionale che si è scatenato con la progressione del contagio ha poi bloccato l’afflusso di manodopera dagli altri Paesi europei. Per l’agricoltura veneta, l’apporto dei 65 mila lavoratori rumeni negli ultimi anni si è dimostrato fondamentale. Ora per molti di loro è impossibile partire – se non scontando lunghe quarantene al rientro – oppure rinunciano al lavoro non avendo la garanzia di operare con le dovute protezioni. «La nostra proposta è quella di far lavorare la nostra gente – riprende il presidente di Coldiretti Veneto – In primis tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza: oggi c’è non solo la possibilità, ma anche la necessità di lavorare. La Regione e lo Stato si attivino in tal senso. E poi regolarizziamo i pagamenti col voucher semplice da 10 euro, così possiamo impiegare anche i pensionati e gli studenti che in questo momento non possono lavorare nei locali e nelle pizzerie».
Cura Italia anche per chi fattura 2 milioni
Coldiretti propone di allargare il rinvio dei pagamenti e dei mutui anche alle aziende che superano i due milioni di euro di fatturato. Il rating aziendale per il credito dovrebbe poi tenere conto degli ultimi cinque anni.
Smaltire il siero per salvare il mercato del latte
La Regione ha stabilito che il siero in sovrapproduzione venga smaltito nei biodigestori. La misura era attesa dagli operatori della filiera che rischiavano di veder crollare i prezzi non potendo vendere latte e sottoprodotti.