Coronavirus e sport: “Estendere agevolazioni per il settore profit al non profit”
"Gli eSports sono in agguato: lasciare spazio allo sport virtuale avrebbe un costo sociale altissimo”. L'analisi di Alberto Benchimol di Sportfund fondazione per lo sport onlus: “Durante la fase 1 riorganizzate le scadenze e sperimentato modalità on line. Ora progettare il futuro con protocolli chiari"
“I nostri progetti si fondano sul contatto umano, sull’abbraccio, sulla carezza. Lo sport è pratica e didattica di sani stili di vita ed è felicità nel gioco libero, ma è soprattutto gioia di stare assieme. Se la regola, giusta e inderogabile in questo momento, del distanziamento sociale dovesse entrare stabilmente nelle nostre abitudini si dovranno ripensare molti degli schemi consolidati”. Esordisce così, Alberto Benchimol, per provare ad analizzare la situazione che stiamo vivendo. Benchimol è tra i fondatori e direttore generale di Sportfund fondazione per lo sport onlus, realtà nata dall’esperienza di oltre 35 anni in ambito sportivo paralimpico. “Per noi lo sport ha una primaria e insostituibile funzione educativa, di integrazione e di protezione dei giovani, soprattutto per coloro che si trovano in condizioni di svantaggio”. I progetti di Sportfund sono dedicati soprattutto a persone con disabilità di tutte le età, giovani a rischio devianza e bambini con particolari patologie che necessitano di specifica assistenza in ambito sportivo e ricreativo. Le attività della fondazione sono suddivise in 5 macroprogetti che hanno coinvolto, a oggi, 2.950 partecipanti totali – impegnati in 15 discipline sportive –,12 istituti scolastici e 41 partner di progetto. “Nell’ultimo triennio abbiamo formato 221 istruttori specializzati nel settore della disabilità”.
“La grande tragedia della pandemia che ci ha colto all’improvviso è l’enorme numero di persone che hanno perso la vita, spesso in solitudine. Questo dolore resterà in noi per sempre – spiega Benchimol –. Un altro insulto che subiamo sta nel fatto che il virus colpisce proprio la socialità e la vicinanza fisica delle persone. Penso ai bambini con sindrome di down, che vivono di contatto fisico e abbracci, oppure ai giovani con sindrome dello spettro autistico che hanno conquistato, per esempio con l’arrampicata, nuovi modi di stare vicino ai coetanei”.
Al momento tutte le attività sul campo sono sospese: “Abbiamo utilizzato la fase 1 del lockdown per ridefinire le tempistiche dei progetti, riorganizzando le scadenze finanziarie. Poi ne abbiamo approfittato per concludere alcuni processi organizzativi e di comunicazione che, essendo importanti ma non prioritari, finivano inevitabilmente in coda alle urgenze quotidiane”. Con i partner, Sportfund sta sperimentando modalità on line per il progetto “+SPORT”: “Questa modalità sarà estesa, parzialmente, al progetto SportAid che affronta, tramite lo sport, il fenomeno della povertà educativa. In entrambi i casi l’obiettivo è non allontanarsi dai minori con disabilità o che giornalmente vivono situazioni di disagio educativo. Desideriamo che non si sentano abbandonati”.
Naturalmente sono state annullate tutte le manifestazioni e le iniziative di raccolta fondi previste per il periodo primaverile, “così abbiamo pensato di fare la nostra piccolissima parte mettendo le nostre risorse a disposizione dei medici che stanno affrontando la pandemia. Abbiamo recentemente attivato e concluso una campagna di crowdfunding per l’acquisito di un ecografo per il Pronto soccorso del Policlinico Sant’Orsola. La risposta dei nostri sostenitori non si è fatta attendere dimostrando che chi sostiene lo sport non fa mancare il proprio contributo nelle emergenze che coinvolgono la comunità. Credo che la forza del terzo settore stia anche in questa plasticità e nella capacità di condividere la stessa domanda di fondo: ‘cosa possiamo fare per gli altri?’. Si potrebbe ipotizzare di estendere il sostegno e le agevolazioni previste per il settore profit anche al non profit perché molti enti sono in forte difficoltà, come si legge nel rapporto redatto da Italia Non Profit dal quale risulta che il 78 per cento degli oltre 600 enti intervistati dichiara di avere più che dimezzato le attività mettendo a rischio, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza. Noi siamo fortunati perché abbiamo una struttura snella con costi fissi ridotti al minimo ma tanti amici delle associazioni sportive sono in forte difficoltà. Le attività sono ferme e la raccolta fondi ha generalmente subito una forte battuta d’arresto”.
Come provare a ripartire, allora? “Lo sport è un sistema sociale completo e ha una funzione insostituibile: deve ripartire al più presto. Per le persone con disabilità l’attività sportiva, in tempi recenti, ha assunto un ruolo fondamentale ed è fonte di grande felicità e possibilità di integrazione”. Tra le questioni principali aperte, le scuole: “Le attività con gli istituti scolastici, che rappresentano il cuore del nostro lavoro perché sono i luoghi in cui si semina la passione per l’inclusione sociale, a oggi sono un’incognita e dipendiamo da una strategia più complessa che sarà decisa a livello ministeriale. Stiamo parlando del prossimo anno scolastico, anche se le decisioni in merito dovranno essere prese nelle prossime settimane per non trovarci in ritardo nel momento della riapertura delle scuole”.
Le attività al chiuso saranno altrettanto problematiche, in particolare quelle nelle palestre più piccole. Va anche detto che la maggior parte delle attività promosse dalla onlus bolognese si svolge outdoor, in grandi spazi aperti: “Per noi il contatto con la natura è un valore irrinunciabile. A questi spazi resteremo ancorati: luoghi dove il distanziamento sociale può non essere vissuto come una costrizione innaturale sarà più facile rispettarlo. Attrezzatura minimale e personale. Utilizzo dei parchi pubblici cittadini e delle aree verdi, recuperando quelle meno frequentate”. Obiettivi, questi, perseguiti con il supporto di istruttori responsabili e preparati, “ma avremo bisogno di fare piccoli gruppi e quindi di un maggior numero di tecnici. Per questo chiederemo di poter fare affidamento sugli studenti di scienze motorie, magari contando sul periodo di tirocinio curricolare e proponendo una formazione specifica, certificata se sarà necessario”.
Benchimol chiede un protocollo chiaro e, soprattutto, un nuovo patto di fiducia con le famiglie e le istituzioni per disciplinare diritti e doveri, dirimere i punti che destano i dubbi maggiori e, soprattutto, per non spegnere la naturale inclinazione dei giovani al gioco e all’attività fisica: “Gli eSport sono in agguato: comodi ed economici, in una parola attrattivi più che mai in questo momento molto complesso, anche dal punto di vista dell’organizzazione famigliare.
Non vogliamo dare un giudizio generale su questa modalità, ma si tratta di decidere che futuro immaginiamo per le nuove generazioni, incluse quelle più fragili a causa di una disabilità o di situazioni difficoltà economica: in una parola, di povertà educativa. Nella nostra visione, lasciare spazio allo sport virtuale avrebbe un costo sociale altissimo: perché non sperimentare invece un nuovo modello di sport inclusivo compatibile con le esigenze sanitarie che faccia scuola in Europa? Attendiamo i risultati della cosiddetta fase 2 e le decisioni che ne deriveranno per lavorare, assieme ai nostri partner, a una proposta”.
Ambra Notari