Campagne abbandonate? L’agricoltura e la vita rurale soffrono spesso di un divario tecnologico e infrastrutturale che deve essere colmato
Nella gran parte dei casi, le aziende agricole sono ancora troppo lontane dalla banda larga, dalla fibra, dalle tecnologie web.
Campagne abbandonate, o quasi. Non si tratta, diciamolo subito, della fuga dalla terra (che anzi parrebbe il contrario se si sta a guardare i numeri su chi ai campi vorrebbe tornare), è invece la sensazione, avvalorata dai fatti, di un abbandono nascosto, fatto di carenze infrastrutturali, di solitudini sociali, di mancanza di sicurezza di chi, nonostante tutto verrebbe da dire, in campagna ci vive e lavora. E’ uno dei lati nascosti dell’agricoltura non solo italiana, che è importante non dimenticare. E che in qualche modo stride con il valore ormai miliardario della filiera agroalimentare, oltre che con l’immagine spesso troppo idilliaca che della vita in campagna viene diffusa.
Abbandono, dunque. Ad iniziare, per esempio, da quanto denunciato da Coldiretti qualche giorno fa in occasione del primo Innovation Day. Nel giorno dedicato alle opportunità fornite alla produzione agricola dal vasto mondo dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione, Ettore Prandini, presidente dell’organizzazione agricola, non ha esitato a dire: “Basta slogan sui servizi telematici nelle campagne”. E’ una verità che brucia, ma è una verità. Prandini ha spiegato: “Occorre che la fibra e tutti i servizi telematici cessino di essere uno slogan e siano portati nelle aree rurali nell’arco di qualche mese e messi a disposizione degli imprenditori agricoli per poter usufruire di tutta la tecnologia dell’agricoltura 4.0 che andremo ad offrire loro”. Già, perché se le settimane di clausura forzata e di lavoro “a casa” hanno fatto capire agli italiani quanto sia importante una infrastruttura informatica e delle telecomunicazioni efficace ed efficiente, hanno invece confermato a molti agricoltori un fatto sgradevole: la loro concreta lontananza da una serie di possibilità tecnologiche che potrebbero cambiare il loro modo di curare la terra. Nella gran parte dei casi, le aziende agricole sono ancora troppo lontane dalla banda larga, dalla fibra, dalle tecnologie web che per essere usate hanno bisogno di velocità di connessione e di assistenza tecnica puntuale e affidabile. Per questo Prandini ha insistito: “Per pensare al nostro futuro e dare grandi opportunità ai nostri imprenditori oggi diventa ancor più fondamentale sostenere gli investimenti sull’innovazione annunciati dal Governo e che noi abbiamo chiesto che vengano riprodotti anche nei prossimi anni per far sì che la nostra agricoltura, già leader mondiale per qualità ed eccellenze, lo diventi anche in termini di tecnologia”.
Certo, qualcosa è già stato fatto. Ad iniziare dall’azione degli stessi coltivatori e di una serie di imprese del comparto delle nuove tecnologie. Il governo (per bocca del ministro per lo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli), ha invece ricordato come ancora recentemente il Decreto Rilancio abbia messo a disposizione circa 220 milioni per l’innovazione destinati anche al comparto agroalimentare. Mentre Teresa Bellanova, responsabile delle Politiche Agricole, ha ricordato pochi giorni fa quanto nello stesso decreto vi sia per i campi e le stalle italiane. Buone cose. Rimane tuttavia un divario ampio da colmare. Così come rimangono altri sintomi di abbandono che gravano sulle campagne. Chi vive e lavora in campagna, sa bene, per esempio, quanto possa pesare la distanza da adeguati servizi sociali e sanitari, la lontananza delle scuole, l’assenza o la rarefazione di punti di riferimento come quelli postali, la poca sicurezza, le difficoltà nei trasporti, la necessità di strade ben tenute, la pochezza dei trasporti pubblici. Per capire meglio, basta ricordare quanto emerso ancora poche settimane fa: proprio nelle campagne, la criminalità mantiene una mano spesso pesante fatta di furti di mezzi agricoli, abigeato, danneggiamenti di coltivazioni.
Certo, occorre fare attenzione. L’agricoltura e l’agroalimentare continuano ad essere settori importanti per l’economia nazionale, e la campagna è certamente un buon posto dove vivere e lavorare. Lasciando da parte l’immagine bucolica che troppo spesso viene propinata, è necessario, tuttavia, rendere ancora più sicuri e competitivi territori preziosi non solo dal punto di vista strettamente economico, ma anche da quello sociale e ambientale. E’ un altro compito che il Paese deve porsi e che, se vuole, può svolgere con successo.