Arrivano gli “antrobot”. Realizzati una sorta di robot biologici realizzati per la prima volta a partire da cellule umane

Gli antrobot, ciascuno di dimensioni comprese tra 30 e 500 micrometri e in grado di sopravvivere fino a due mesi, sono stati realizzati con cellule prelevate da tessuto polmonare umano adulto

Arrivano gli “antrobot”. Realizzati una sorta di robot biologici realizzati per la prima volta a partire da cellule umane

Vuoi continuare a stupirti? E allora non distogliere gli occhi dalla scienza! Questa volta, “oggetto della meraviglia” sono gli “antrobot”, ovvero robot biologici realizzati a partire da cellule umane. A realizzarli il biologo Michael Levin i suoi colleghi della Tufts University School Of Medicine di Boston (Massachusetts, USA), come riportato in un recente articolo (pubblicato su “Advanced Science”).
In verità, già qualche anno fa ( nel 2020) Levin e il suo gruppo avevano annunciato di aver realizzato dei “robot biologici”, plasmando gruppi di cellule a formare minuscole forme artificiali in grado di “camminare” sulle superfici. Ma, in quel caso, essendo ricavati da cellule muscolari della pelle e del cuore di una specie di rana africana, erano stati chiamati “xenobot”.
Già allora, Levin sosteneva che queste entità potevano essere considerate un nuovo tipo di organismo, sulla base dell’evidenza che gli xenobot erano in grado di autoassemblarsi spontaneamente dalle cellule della pelle delle rane e mostrare comportamenti diversi mentre nuotavano nel liquido.
Adesso, però, lo stesso risultato è stato ottenuto per la prima volta a partire da cellule umane.
Descrittivamente, anche gli antrobot – così come gli xenobot – devono la loro capacità di muoversi ad appendici proteiche simili a capelli (chiamate “ciglia”), che ricoprono la loro superficie e che, ondeggiando, spingono le strutture attraverso un fluido. Per arrivare da qualche parte, le ciglia devono battere tutte insieme in modo coordinato.
Ma, a detta di Levin e colleghi, il dato particolarmente interessante è che, oltre alla capacità di “nuotare”, gli antrobot sembrano in grado di indurre una forma rudimentale di guarigione delle ferite in strati di altre cellule umane, facendo intravvedere la possibilità di utilizzarli in medicina. In parole povere, Levin li considera entità simili a organismi a sé stanti, con forme e comportamenti particolari, che possono essere usati come “piattaforma biorobotica” per applicazioni mediche e di altro tipo, magari modificando sistematicamente queste caratteristiche per ottenere un comportamento utile (ad es. per la riparazione di tessuti danneggiati nel corpo).
Gli antrobot, ciascuno di dimensioni comprese tra 30 e 500 micrometri e in grado di sopravvivere fino a due mesi, sono stati realizzati con cellule prelevate da tessuto polmonare umano adulto. Questo tessuto, per sua natura, possiede sulla sua superficie delle ciglia che ondeggiano avanti e indietro per trasportare il muco, che ha la funzione di assorbire ed eliminare i detriti presenti nell’aria inalata.
È già noto che questo tipo di tessuto può aggregarsi in ammassi cigliati. A partire dall’inizio degli anni 2010, diversi lavori hanno riportato che simili aggregati, spesso chiamati organoidi, possono essere utilizzati per studiare la funzione polmonare. In alcuni di essi le ciglia puntano verso l’interno verso uno spazio vuoto, come nei rami delle vie aeree umane. Negli ultimi anni, però, i ricercatori hanno trovato anche ammassi di cellule delle vie aeree grossomodo sferiche (sferoidi) che crescono con le ciglia rivolte verso l’esterno, come avviene negli antrobot.
Al fine di superare lo scetticismo espresso da alcuni altri scienziati, Levin e il suo gruppo della Tufts University dovranno dimostrare, oltre ogni dubbio, che gli antrobot sono entità indipendenti a sé stanti, con forme e comportamenti che le cellule “cercano” collettivamente, invece che semplici pezzi di tessuto umano un po’ casuali che assomigliano superficialmente a microrganismi.
Di fatto, Levin e i suoi colleghi sostengono che i movimenti delle ciglia degli antrobot non sono casuali. Anzi, dopo aver analizzato statisticamente i movimenti di centinaia di questi robot biologici, essi affermano che i bot sembrano rientrare in classi distinte. In un gruppo, le strutture hanno ciglia su tutta la superficie e non tendono a muoversi affatto. Gli altri gruppi hanno strutture più irregolari, a forma di patata, che sono solo parzialmente ricoperte di ciglia. Alcuni posseggono ciglia strettamente raggruppate in una regione, che li portano a nuotare in percorsi circolari, altri hanno ciglia più vagamente disperse, che li fanno muovere in linee rette.
“Ciò che non è mai stato dimostrato prima – aggiunge Levin – è l’effetto che questi elementi hanno sulle altre cellule”. Infatti, quando i ricercatori hanno fatto vagare gli antrobot su uno strato piatto di neuroni umani coltivati in una superficie che era stata danneggiata da un graffio, hanno scoperto che i bot aiutavano i neuroni a ricrescere attraversando il divario. “Non conosciamo il meccanismo, ed è una delle cose che stiamo cercando di capire – precisa Gumuskaya, coautore della ricerca-, ma sappiamo che non è semplicemente meccanico”. Levin, infatti, sospetta che gli antrobot stiano inviando segnali – forse biochimici – ai neuroni ai margini del graffio, incoraggiandoli a crescere nella fessura.
“Questo mi dice – conclude Levin – che probabilmente ci sono molte altre cose possibili, e questa è solo la punta dell’iceberg. E apre alla possibilità di usare questi costrutti per influenzare altre cellule in organismi viventi o in una piastra di laboratorio in molti altri modi”. Gumuskaya, poi, spera di cercare un simile comportamento “curativo” in modelli di malattie neurodegenerative umane, come gli organoidi neuronali che imitano il cervello, mentre Levin suggerisce che gli antrobot potrebbero essere usati per aiutare a riparare retine o midolli spinali danneggiati. Al momento, si tratta solo di un auspicio, ma in futuro… la scienza continuerà a stupirci!

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Fonte: Sir