Tumori, verso i vaccini personalizzati. Nuovi studi sullo sviluppo dei vaccini mRNA contro i tumori

Vaccini personalizzati per il cancro: un nuovo orizzonte per la terapia oncologica

Tumori, verso i vaccini personalizzati. Nuovi studi sullo sviluppo dei vaccini mRNA contro i tumori

La lotta contro i tumori, ancora oggi, rimane una delle sfide più urgenti e attuali per la ricerca medica. Un recente studio (pubblicato su “Nature”) prova a gettare luce su nuove opportunità che il progresso scientifico mette a disposizione per il raggiungimento di questo obiettivo, nutrendo così la speranza di milioni di persone in tutto il mondo.

Angela Evatt si sottoponeva a un intervento chirurgico delicato per rimuovere un melanoma maligno dalla schiena e un linfonodo dall’ascella sinistra. Ma non si trattava di un semplice intervento di rimozione del tumore, bensì del primo passo verso la creazione di un vaccino personalizzato, che avrebbe potuto insegnare al sistema immunitario di Angela a combattere le cellule tumorali rimaste.

Con quale meccanismo biologico? Sulle cellule del melanoma di Angela sono presenti delle proteine mutanti uniche (dette “neoantigeni”); ebbene, il vaccino personalizzato utilizza l’RNA messaggero (mRNA) proprio per codificare (cioè, produrre) queste proteine mutanti uniche.

Evatt ricevette per la prima volta nel marzo 2020 il vaccino personalizzato, combinato con un potente farmaco immunostimolante (chiamato “inibitore del checkpoint immunitario”), poco prima che i vaccini a mRNA diventassero noti per la lotta contro il COVID-19. Ogni tre settimane, Angela viaggiava dal Maryland al Lombardi Comprehensive Cancer Center della Georgetown University per ricevere un’iniezione in ciascun braccio. Gli mRNA entravano nelle sue cellule sane, inducendole a produrre i “neoantigeni” che addestravano il suo sistema immunitario. Con quali risultati? Nonostante gli effetti collaterali (sintomi simil-influenzali), Angela è rimasta in remissione per oltre tre anni dopo il trattamento.

Tuttavia, determinare l’impatto preciso di questo tipo di vaccino è complicato. Certamente, la sperimentazione clinica a cui ha partecipato Angela (con altri 156 pazienti) ha mostrato risultati promettenti: i dati obiettivi dicono che la combinazione di vaccino e inibitore del checkpoint riduce il rischio di recidiva del 50% rispetto al solo inibitore. Tali evidenze, dunque, suggeriscono che questo vaccino abbia le potenzialità per prolungare la vita dei pazienti. Tuttavia, gli studiosi concordano sulla necessità di una sperimentazione su scala più ampia, per confermare o meno questi risultati. Attualmente, sono in corso studi clinici che coinvolgono oltre 1000 persone con melanoma e quasi 900 con cancro ai polmoni.

Pur se in attesa di ulteriori prove, non v’è dubbio che i primi risultati abbiano comunque infuso nuovo entusiasmo nel campo dei vaccini contro il cancro. “Ha avuto un grande impatto su tutto lo sviluppo dei vaccini”, afferma l’immunologa dei tumori Nora Disis, direttrice del Cancer Vaccine Institute dell’Università di Washington a Seattle. Dopo decenni di insuccessi nelle sperimentazioni sui vaccini, dice la scienziata, “abbiamo iniziato a vedere il pendolo oscillare dalla parte giusta”.

Permangono, tuttavia, molte questioni irrisolte. Le aziende stanno cercando di capire quali stadi del cancro possono trarre maggiori benefici dai trattamenti e, al tempo stesso, stanno esplorando modi migliori per prevedere quali neoantigeni siano più efficaci. Non è nemmeno chiaro se l’mRNA, piuttosto che altre tecnologie vaccinali, sia la migliore via per stimolare una risposta immunitaria contro il tumore.

L’azienda (Moderna) che ha prodotto il vaccino per Angela, ad esempio, sta lavorando per migliorare i suoi protocolli di produzione e, così, ampliare la capacità di produrre farmaci personalizzati. Nel loro impianto di Norwood (Massachusetts), le macchine producono lunghi filamenti di mRNA, in grado di codificare fino a 34 mutazioni tumorali specifiche, incapsulate poi in nanoparticelle di grasso, per aumentarne la stabilità e l’assorbimento cellulare.

Tra le sfide principali, dunque, figura in primo piano la selezione dei neoantigeni più efficaci. A tal fine, ogni azienda utilizza algoritmi e strumenti di previsione per identificare quelli che hanno maggiori probabilità di suscitare una risposta immunitaria. Tuttavia, solo una piccola percentuale dei neoantigeni previsti si rivela alla fine effettivamente immunogena.

In definitiva, la pista dei vaccini antitumorali personalizzati apre sicuramente prospettive nuove e potenzialmente rivoluzionarie per la terapia oncologica. Come sottolinea Uğur Şahin di BioNTech, questa tecnologia ha il potenziale di migliorare continuamente, offrendo nuove speranze ai pazienti oncologici. La strada è ancora lunga, ma le innovazioni in corso potrebbero – speriamo nel più breve tempo possibile – portare a una nuova era nella lotta contro il cancro.

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Fonte: Sir