Umberto Contarello. Il filosofo padovano che lavora con le parole

Umberto Contarello è sceneggiatore, tra i più importanti del cinema italiano. Formatosi a Padova con Carlo Mazzacurati è “emigrato” nella capitale dove ha costruito la carriera. Tra i film più famosi La grande bellezza e This must be the place con Paolo Sorrentino

Umberto Contarello. Il filosofo padovano che lavora con le parole

Figlio e padre. Orfano e “lavoratore della parola”. Filosofo e skipper. Affabulatore e cardiopatico. Un padovano da Oscar. Umberto Contarello, 65 anni, fu Agostino (l’artista con bottega in piazza Duomo) e padre di Tito (quasi maggiorenne) è molto più di uno sceneggiatore. Studente “anarchico” al Tito Livio, laureato in filosofia, “emigrante” nella capitale, si specchia in una vita più che avventurosa e non fa a meno di una radicale, bizzarra, inimitabile umanità. Radici e album. «Mah, vengo a Padova e non capisco cosa scrivono i giornali: si parla solo di economia, viabilità, intermodalità. A me piacerebbe invece che ci si interrogasse su cos’è la felicità, adesso, per le persone. A questo dovrebbe servire la cultura», affermava in anticipo sui tempi. Il 13 marzo 2014 Contarello è ricevuto a palazzo Moroni da Ivo Rossi: «È una città con un’aria che sa di cinema. Credo che non sia casuale che il cinema continui ad avere a Padova una sua centralità», commenta dopo il successo con La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Tuttavia Contarello resta legato a doppio filo con Carlo Mazzacurati, che ha contribuito a ricordare in modo più che originale al recente convegno al Bo: «Quando ho sentito l’annuncio della vittoria il primo pensiero è andato a Carlo. Non poteva che essere così: il fondo lui mi ha insegnato quello che so fare». Negli anni Settanta, a casa di “Umbe”, si tirava tardi per le “elaborazioni” della segreteria veneta della Federazione giovanile comunista italiana (Fgci) con Pietro Folena e Tom Benetollo. Nell’album di gioventù c’è posto anche per il faccia a faccia con Pietro Calogero prima della deposizione sul 7 aprile in tribunale. «Arriva con la toga sotto braccio che mi pare un cencio. Mi dice ciao perché ci conosciamo...».

Le storie proiettate. Contarello sbarca a Roma: «Mi ero laureato in filosofia perché ero sicuro che non servisse a nulla. Poi mi hanno detto che c’era uno di Padova che aveva messo su una produzione e offriva lavoro». Debutta come autore di Fantastico 8 con Adriano Celentano. La prima sceneggiatura è Marrakech Express di Gabriele Salvatores. Una stesura con Enzo Monteleone e Carlo Mazzacurati. Dopo un lustro, l’amicizia di sempre fa scattare il legame filmico: Il toro (1994), Vesna va veloce (1996), La lingua del santo (2000) e La Passione (2010). Contarello firma anche fiction e serie tv: da La piovra a Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu, da L’ispettore Coliandro fino a The Young Pope. E finisce anche davanti alla macchina da presa con l’inconfondibile profilo da cammei: Caro diario di Nanni Moretti, Bidoni di Matteo Garrone e Il divo di Sorrentino. Nel 2011 insieme a Sorrentino vince il David di Donatello per la sceneggiatura di This Must Be The Place.

Una questione di cuore. Il «morso di una carpa sdentata» scaraventa Contarello nel limbo fra la solita vita e il rischio di perderla; l’infarto nutre la scrittura che si concretizza in Una questione di cuore (Feltrinelli, 2005, pp. 119, euro 10); con Francesca Archibugi, che girerà il film da cinque candidature ai Nastri d’argento e con Antonio Albanese che scandisce: «Umberto è unico, una forza della natura. Non riesci a comunicare, parla solo lui. Ma nel libro c’è un senso di quieta riconquista di sé, uno scavare nell’irresolutezza umana che mi piace molto». L’altro colpo al cuore arriverà a fine 2014 con la scomparsa di Francesca Passarelli: «C’ero quando a Miami ti premiarono come la più brava ricercatrice giovane e quando mi desti in mano il primo computer della mia vita e le ricordo, le ricordo tutte sai, le tue parole che erano specchio di un muscolo che si chiama cervello. Non è proprio vero che le persone quando se ne vanno, lasciano un vuoto. Tu mi hai lasciato un pieno che è scorta, acqua del dromedario, derrata calda, stiva piena di domani», recita l’ultima lettera di Contarello.

Maestri di leggerezza. Il debito è con la Padova che lo ha svezzato. E con Mazzacurati che anche oggi vive nel cinema (che non è solo film). Contarello si definisce “maldestro sceneggiatore”, un po’ come lo fu Ennio Flaiano. «Per chi lavora con le parole, il problema più importante è trovare la prima parola. Diciamo che, forse, ero destinato a far affiorare quella che si chiama sensibilità, sulla quale si dovrebbe poi concordare essendo una parola sfuggente...». Nell’aula magna del Bo ha sbrogliato la matassa del cinema di Mazzacurati: «In ogni suo film troverete ciò che amava immensamente come spettatore e lettore ingenuo. Notti italiane è intriso di classicità, mentre sapeva ammantare il piacere del racconto con la liricità del Sillabario di Parise». E l’autore vicentino rimbalza fino ai copioni con Paolo Sorrentino: «Fatte le immense proporzioni abbiamo due padri letterari, che tra l’altro si conoscevano, si stimavano molto e avevano tratti comuni. Per me Goffredo Parise, per lui Raffaele La Capria. E quindi certi momenti dei film dove apparentemente non avviene niente, questa specie di ricerca del niente è comune alla leggerezza di Parise e La Capria. Erano molto bravi a scrivere la distanza tra loro e le cose».

Il padre

Un personaggio della Padova nel Novecento. Alessandro Giuriati ha pubblicato da un mese la monografia sul padre di Umberto: Agostino Contarello. Attore, orologiaio, autore (Cleup, pp. 150, euro 18). Nel 1945 riorganizzò il teatro dell’Università. Attore al Piccolo di Milano diretto da Giorgio Strehler, poi drammaturgo anticonformista, ma sempre “orologiaio di piazza Duomo”. Davanti al suo negozio, negli anni Settanta, regalava “agostinate”. Una satira corrosiva e smagliante sulla cronaca cittadina, i politici e le nevrosi della società. È scomparso nel 1994, a 71 anni. Il Comune gli ha intitolato una via nel quartiere di Montà.

Il film interpretato da Toni Servillo sul Casanova
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L’ultimo film è Il ritorno di Casanova (2023; accanto l’immagine di copertina). Umberto Contarello firma la sceneggiatura insieme al regista Gabriele Salvatores e alla sceneggiatrice Sara Mosetti. È ispirata al racconto dell’austriaco Arthur Schnitzler, pubblicato nel 1918. Gli interpreti sono Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Natalino Balasso e Sara Serraiocco.

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