Aiutare l’agricoltura. In arrivo risorse e misure anche per i campi, dopo il loro grande contributo per assicurare gli alimenti a tutti
Da quando è iniziata la pandemia in Italia il 57% delle 730mila aziende agricole nazionali ha registrato una diminuzione dell’attività.
Arrivano risorse anche per l’agricoltura. Atto dovuto nei confronti di un comparto che, nel pieno dell’emergenza sanitaria, ha dato tanta prova di saper rispondere colpo su colpo alle richiese del mercato e che non ha fatto mancare, quindi, gli alimenti di base agli italiani.
Che i campi abbiano contribuito – e non poco – ad aiutare gli italiani è cosa certa. Di fatto, sugli scaffali dei negozi e dei supermercati del Paese non sono mai mancate frutta e verdura, così come gli alimenti confezionati che traggono le materie prime dall’agricoltura italiana. Impresa di non poco conto, visto che, contemporaneamente, le aziende agricole si sono trovate quasi senza manodopera per svolgere i consueti lavori di campagna: quelli di preparazione dei terreni per le semine primaverili e quelli relativi alla raccolta di praticamente tutti gli ortofrutticoli di stagione.
Agli agricoltori è mancato un aiuto fondamentale da parte di decine e decine di migliaia di operai stagionali (in grandissima parte stranieri), bloccati dalla pandemia.
Eppure i coltivatori sono riusciti nell’intento di assicurare cibo sano per tutti.
Per capire di più basta sapere che, come ha sottolineato Coldiretti, da quando è iniziata la pandemia in Italia il 57% delle 730mila aziende agricole nazionali ha registrato una diminuzione dell’attività.
Adesso quindi – finalmente -, le istituzioni rispondono pienamente alle aspettative. L’approvazione definitiva del decreto “Rilancio” porta, per esempio, un taglio del costo del lavoro, l’anticipo al 70% dei fondi comunitari alle aziende, oltre a circa 1,2 miliardi di sostegni alle imprese agricole italiane autorizzati dalla Commissione Europea. Nel dettaglio, sono 426 i milioni – dice sempre la Coldiretti – destinati all’esonero per i primi sei mesi del 2020 dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro appartenenti alle filiere agrituristiche, apistiche, brassicole, cerealicole, florovivaistiche, vitivinicole ma anche ippicoltura, pesca e dell’acquacoltura. Ci sono anche un Fondo emergenziale di 90 milioni a supporto del settore zootecnico, il rifinanziamento con 30 milioni di euro della cambiale agraria e la destinazione di 30 milioni di euro aggiuntivi per il Fondo di solidarietà nazionale, per sostenere le imprese agricole danneggiate dagli attacchi della cimice asiatica. Altri 300 milioni sono destinati al fondo per le emergenze alimentari.
Soldi veri, almeno in parte, che servono per soccorrere un comparto che effettivamente ha necessità di aiuto. E che, tuttavia, beneficia di una nuova consapevolezza. Si è capito, infatti, il valore strategico della filiera del cibo e l’importanza della necessità di difendere la sovranità alimentare e non dipendere dall’estero per l’approvvigionamento alimentare in un momento di grandi tensioni internazionali sugli scambi commerciali.
Detto tutto questo, è necessario però sottolineare almeno due circostanze.
Prima di tutto l’emergenza non è stata completamente superata. Se da un lato l’attenzione dal punto di vista sanitario deve continuare ad essere elevata, dall’altro alle aziende agricole è richiesto comunque ancora uno sforzo supplementare. “La situazione resta grave nelle campagne”, dice con ragione il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che aggiunge: “A preoccupare sono le previsioni per l’autunno con le esportazioni in sofferenza, il turismo in affanno e la ristorazione lontana dalla ripresa con un duro impatto su settori importanti dell’agroalimentare, dal vino alla carne, dal latte all’olio”.
In secondo luogo, è necessario spendere bene le risorse in arrivo. C’è urgenza di attivare le misure con attenzione, senza burocrazia e senza sprechi.