Un momento di attesa. Alla vigilia di un nuovo governo, ricordiamo che la scuola deve essere terreno di incontro e condivisione
Forse è il momento di una pausa per guardare con calma e serenità, con una maggiore concentrazione a quello che resta un settore decisivo per il Paese.
Stiamo attraversando un momento speciale. All’indomani di una seduta elettorale che ha consegnato al Paese una nuova maggioranza parlamentare e una prospettiva di governo e di stabilità tutte da confermare con i prossimi, decisivi, passi dei leader, in particolare di Giorgia Meloni.
Inutile dire che la scelta dei ministri sarà indicativa di come si muoverà l’Italia nel prossimo periodo (mesi? anni?) e certamente ci sono problematiche all’orizzonte così pressanti da mandare in secondo piano quello che ci sta a cuore qui, cioè il tema dell’educazione e della scuola.
Come si fa, infatti, a ragionare con tranquillità – sarebbe l’ideale – di sistema scolastico e formativo, quando i venti di guerra si fanno più pressanti? Quando addirittura si palesa la minaccia nucleare? Quando la crisi energetica mette in ginocchio produzioni, fabbriche, famiglie?
Ecco allora che assistiamo a un silenzio inusuale, in verità. Solitamente, infatti, la scuola è terreno di battaglia delle formazioni politiche, che ogni volta mostrano di non aver capito come invece debba essere terreno di incontro e condivisione, di convergenze piuttosto che litigi, di riforme fatte insieme invece che di “riforme contro”.
Bene, approfittiamo di questo silenzio insolito, che potrebbe essere anche un’occasione positiva. Anche nel gioco consueto del toto-ministri, l’istruzione e la scuola non brillano. Forse è il momento di una pausa per guardare con calma e serenità, con una maggiore concentrazione a quello che resta un settore decisivo per il Paese.
Intanto un ministro in carica esiste ancora e si sta muovendo. Nei giorni scorsi non solo è tornato a ribadire il tema dell’istruzione come condizione di società più inclusive e sostenibili e in generale come chiave principale per lo sviluppo del Paese, ma ha anche incontrato i Presidenti delle Consulte provinciali studentesche, cioè quegli studenti eletti nelle diverse province italiane per far parte di un organismo che ha il compito di rappresentare la componente principale del mondo scolastico: quanti stanno dietro i banchi.
Il ministro li ha incontrati durante il Consiglio nazionale dei Presidenti delle Consulte provinciali studentesche, cui hanno partecipato anche diversi docenti.
Che messaggio viene da un incontro del genere, soprattutto in vista del futuro? Quello primario della necessità di confronto e lavoro insieme per la costruzione di un sistema scolastico e di percorsi formativi che siano realmente efficaci.
Nella scuola, infatti, nessuno si può chiamare fuori. In fondo non conta molto – ci si perdoni la semplificazione – la nomina di un nuovo ministro, la decisione di una nuova guida a Viale Trastevere. Da sola, per quanto la storia ci ricordi quanto i pallini personali abbiano influito sul sistema, può incidere solo fino a un certo punto sul mondo scolastico che più volte ha dato dimostrazione di procedere nonostante tutto con un’autonomia conquistata sul campo.
Alla vigilia di un nuovo governo, ricordarsi che la scuola deve essere terreno di incontro e condivisione tra tutti i suoi protagonisti, studenti in primis – anche grazie a un momento di cui i media non hanno generalmente parlato, come la riunione delle Consulte – può rappresentare un’indicazione politica, un orientamento da seguire, oltre che un auspicio per gli anni che ci aspettano.