Ue e rimpatrio migranti: diritto e diritti

“Con tassi di rimpatrio in tutta l’Ue attualmente pari solo al 20% e con una frammentazione dei diversi sistemi che si presta ad abusi, è necessario un quadro giuridico moderno, più semplice ed efficace”. Così la Commissione europea ha presentato la necessità di un nuovo regolamento per i rimpatri dei migranti. La proposta dell'Esecutivo, che ha suscitato diverse prese di posizione critiche, passa ora per competenza a Consiglio e Parlamento europeo

Ue e rimpatrio migranti: diritto e diritti

Si deve al commissario agli Affari interni e le migrazioni, Magnus Brunner, la recente proposta di regolamento Ue sui rimpatri riguardanti i “migranti irregolari” (coloro a cui non è riconosciuta la protezione o l’asilo), armonizzando le pratiche che gli Stati membri possono attuare per le espulsioni. Il provvedimento ha raccolto il sostegno di diversi governi e partiti conservatori o di destra, mentre è stato subito contestato da varie forze politiche, da diverse voci del mondo cattolico italiano ed europeo e dalle ong che operano nell’accoglienza dei migranti. Si tratta, secondo numerosi esperti, di un provvedimento che da una parte – per le procedure che vorrebbe introdurre – sembra contrastare con il diritto internazionale, mettendo a rischio la tutela dei diritti umani, dall’altra lascia intravvedere una sortita dal sapore rassicurante per gli elettori, ma di scarsissima efficace per il contrasto all’immigrazione irregolare.

La misura che ha suscitato maggiori perplessità è costituita dai cosiddetti “return hubs”.

La Commissione intende introdurre la possibilità per gli Stati membri di concludere accordi con Paesi terzi nei quali trasferire i migranti in attesa di essere rimpatriati nel loro Paese di origine. Dietro la proposta sono stati intravisti i modelli delle deportazioni britanniche in Ruanda oppure – pur su un altro piano – l’intesa Albania-Italia per rinchiudere temporaneamente i migranti nel Paese delle Aquile. Uno dei nodi principali riguarda il fatto che, una volta trasferiti in un Paese terzo (spetterà a ogni singolo governo decidere se quello Stato rispetta i diritti fondamentali), i migranti saranno affidati alle giurisdizioni di quei Paesi, senza le necessarie garanzie del rispetto del diritto dell’Unione europea.
È stato inoltre osservato che si parla di “rimpatri”, dunque di trasferimento nella patria (ovvero nel Paese) d’origine: non in altri Stati.
Resta il fatto che il nuovo quadro giuridico per i rimpatri “costituisce – secondo l’Esecutivo comunitario – un elemento chiave per integrare il Patto sulla migrazione e l’asilo adottato lo scorso anno, il quale definisce un approccio globale alla migrazione”. “Con tassi di rimpatrio in tutta l’Ue attualmente pari solo al 20% e con una frammentazione dei diversi sistemi che si presta ad abusi, è necessario un quadro giuridico moderno, più semplice ed efficace”.

Le nuove norme proposte includono vari elementi.

Anzitutto un sistema “veramente europeo sotto forma di regolamento con procedure comuni per l’emissione di decisioni di rimpatrio e un ordine di rimpatrio europeo che deve essere emesso dagli Stati membri”. Ciò per superare i 27 sistemi diversi in vigore attualmente. Secondo: “Il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio consentirà a uno Stato membro di far rispettare direttamente una decisione di rimpatrio emessa da un altro Stato membro senza dover avviare una nuova procedura”.
Sugli “hub di rimpatrio” la Commissione ha specificato: “Gli Stati membri hanno chiesto soluzioni innovative per la gestione della migrazione. Questa proposta introduce la possibilità legale di rimpatriare le persone che soggiornano illegalmente nell’Ue e hanno ricevuto una decisione di rimpatrio definitiva, in un Paese terzo sulla base di un accordo o di un’intesa conclusi bilateralmente o a livello di Ue. Tale accordo o intesa può essere concluso con un Paese terzo che rispetti gli standard e i principi internazionali sui diritti umani in conformità con il diritto internazionale, incluso il principio di non respingimento”.
Tra le proposte legislative avanzate dalla Commissione si parla di norme che vorrebbero incentivare al contempo il rimpatrio volontario: i rimpatri forzati saranno invece obbligatori “quando una persona che soggiorna illegalmente nell’Ue non collabora, fugge in un altro Stato membro, non lascia l’Ue entro la scadenza stabilita per la partenza volontaria o rappresenta un rischio per la sicurezza”.
Le nuove norme proposte dalla Commissione sui rimpatri stabiliscono “chiare condizioni per la detenzione” in caso di rischio di fuga. La detenzione può arrivare fino a 24 mesi, rispetto agli attuali 18 mesi. Non mancano norme specifiche per le persone che “presentano rischi per la sicurezza”: gli Stati membri dovranno verificare in anticipo – occorrerà poi capire come – “se una persona presenta un rischio per la sicurezza. Una volta identificati, tali individui diventano soggetti a norme severe”.
D’altro canto la Commissione ribadisce che “tutte le misure relative al rimpatrio devono essere eseguite nel pieno rispetto degli standard fondamentali e internazionali sui diritti umani”. “Ciò è garantito attraverso procedure chiare come il diritto di appello, il sostegno alle persone vulnerabili, forti garanzie per i minori e le famiglie e l’adesione al principio di non respingimento”.
Spetta ora al Parlamento europeo e al Consiglio concordare sulla proposta della Commissione.

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Fonte: Sir