Terreno di scontro. Riflessioni a margine delle polemiche intorno al Decreto scuola appena approvato
Quanti si occupano di scuola – e non solo loro – sono purtroppo spesso colpiti dall’insorgere di muri e contrapposizioni, anche sterili.
Ancora una volta la scuola, che dovrebbe essere un bene comune primario, diventa terreno di scontro politico durissimo e anche poco comprensibile nel momento attuale del Paese.
Le vicende legate alla conversione in legge del decreto scuola, con ostruzionismo, seduta fiume, accuse e controaccuse in Aula e immancabilmente sui social, con il rischio concreto di far saltare all’ultimo momento gli stessi esami di maturità la dice lunga su come chi dovrebbe avere una responsabilità politica lungimirante sia bravissimo ad evitarla.
Hanno tutti ragione. Le opposizioni che lamentano di essere state costrette a a una discussione affrettata su un decreto rimasto parcheggiato a lungo al Senato e arrivato a Montecitorio con poco spazio.
Ha ragione chi chiede sicurezza e più certezze. Ha ragione la maggioranza a lamentare gli atteggiamenti ostruzionistici e denunciare il tentativo di spallata al governo fatto attraverso la sfiducia al ministro dell’Istruzione, senza pensare ai danni alle famiglie e agli studenti, come aveva lasciato intendere ad esempio il capo politico dei 5 Stelle Vito Crimi che ha definito “irresponsabili” e “incoscienti” quanti con l’ostruzionismo avrebbero rischiato di far saltare gli esami: “capricci di forze politiche miopi e assetate di potere”. “I cittadini devono sapere quali danni Lega e Fratelli d’Italia fanno a milioni di famiglie italiane, solo per un po’ di pubblicità e qualche ora di visibilità sui social network”, scriveva Crimi nei giorni scorsi (naturalmente su Facebook): “Noi stiamo lottando con tutte le nostre forze per impedirglielo, ma se si arrivasse all’8 giugno senza la conversione in legge alla Camera del decreto, il ministero dovrebbe far rientrare a scuola, per gli esami di Stato che tornerebbero a prevedere scritto e orale, un milione di studentesse e studenti e altri 3 milioni di persone tra docenti e personale scolastico.
E’ da incoscienti, in questa fase delicata in cui dobbiamo tenere massima l’allerta per evitare il ritorno della pandemia, far correre un rischio così grande al Paese”. E per non lasciare alcuna possibilità ai malintesi, da registrare la dichiarazione di Luca Vacca (5 Stelle) che riferendosi al tentativo di bloccare il decreto scuola aveva dichiarato: “E’ giusto che gli italiani sappiano che livello di incoscienza si sta toccando alla Camera”.
Dibattito politico. Legittimo. Aspro. Urticante a volte. Ma il guaio è che di mezzo c’è la scuola, con il suo carico pesante di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, famiglie, docenti, presidi e tante altre persone che a vario titolo operano per far funzionare quella che dovrebbe essere la macchina più efficiente di un Paese sano.
La scuola dovrebbe poter raccogliere un impegno condiviso. Non significa, certo, che tutti debbano pensarla allo stesso modo, che le politiche scolastiche non si debbano discutere, anche con asprezza nel luogo titolato alla discussione, cioè il Parlamento. Ma quanti si occupano di scuola – e non solo loro – sono purtroppo spesso colpiti dall’insorgere di muri e contrapposizioni, anche sterili, quando invece, soprattutto nelle situazioni di emergenza, di dovrebbero e si potrebbero trovare accordi e stemperare tensioni.
Anche questo è un virus che colpisce duramente il nostro Paese, da ben prima del Covid. E purtroppo in questo caso sembrano inutili anche le mascherine o i divisori in plexiglas. E chissà se mai si troverà un vaccino.