Sinodo. Uniti verso lo stesso orizzonte
C’è stata grande partecipazione agli incontri – l’ultimo si tiene questo sabato all’Opsa (ore 9.30) – in cui il vescovo Claudio ha consegnato nelle mani degli organismi di comunione e degli operatori pastorali la lettera post-sinodale Ripartiamo da Cana.
Ogni sera ha ribadito: «Ho voluto il Sinodo. Me ne assumo la responsabilità e anche la contentezza. Ho ritenuto che fosse necessario perché la nostra Diocesi è tanto estesa; serviva un’occasione per dire dove vogliamo andare. Ma dovevamo farlo insieme, non potevo dirlo io da solo. E così sono state coinvolte tante persone, fin dall’inizio». Don Claudio ha sottolineato come, durante tutto il cammino sinodale – che è stata «un’esperienza faticosa ma formativa» – si sia molto ascoltato. «Abbiamo cercato di capire quello che veniva detto e quello che a volte restava inespresso. Abbiamo ascoltato nella Chiesa e fuori: sindaci, alcune categorie economiche... È stato bello quando siamo passati dall’ascolto al discernimento. Ma il discernimento non ci ha portato a risolvere i problemi, ma a trovare delle leve di cambiamento. Quella principale è stata: ripartire dal battesimo». La lettera post-sinodale racconta «quello che abbiamo capito dal Sinodo e quello che è stato raccolto dai tre documenti. E poi ho detto qualcosa io. Ho cercato di “scrivere” una strada che ha il vescovo come segno di unità. Siamo in comunione tra di noi non perché il Signore ci unisce, ma perché stiamo camminando nella stessa direzione. Mi impegno perché la Chiesa vada nella direzione emersa dal cammino sinodale. Ho bisogno del sostegno di tutti quelli che il Signore ha chiamato a servire la Chiesa». Ora è il tempo della recezione, «il tempo in cui dire alle comunità parrocchiali: abbiamo questa meta, questo orizzonte. Dobbiamo camminare uniti. Ma non possiamo fare tutto in un colpo. Qualcuno avrà un passo più lento, qualcuno correrà troppo. Dobbiamo aspettarci, ma senza fermarci. Ho immaginato cammini progressivi, aiutandoci una comunità con l’altra. Il mio compito è tenere unita la nostra Chiesa verso l’orizzonte che ci siamo dati, ma non sono solo. Preti, diaconi, laici: siamo tutti a servizio di questo percorso verso il quale ci orientiamo». Nelle serate sono emerse numerose domande: sulla formazione, sulla flessibilità con cui camminare, sui “requisiti” perché una parrocchia sia tale, sul vicariato... Don Claudio ha risposto, sottolineando che «domande e dubbi ne emergeranno ancora. L’importante è camminare uniti, ciascuno nella propria interiorità, prima di tutto, e verso gli stessi obiettivi. Non dobbiamo dimenticare che non siamo all’inizio di una riorganizzazione della Chiesa, ma camminiamo per darle un’anima. Per questo siamo chiamati a rinnovare la nostra adesione al Signore, la nostra docilità all’azione dello Spirito che unisce le nostre menti in un solo volere. Questo è il cammino che abbiamo davanti: dobbiamo liberarci dalle nostre resistenze, dalle fatiche che facciamo, dai confronti negativi e dare fiducia gli uni agli altri per poter costruire un solo volere della nostra Chiesa di Padova. Penso che potremo fare un bel servizio ciascuno a partire dal proprio territorio. Siamo una Chiesa unita in un solo volere, perché è condotta da Dio».