Scuola e memoria. La Giornata della Memoria ogni anno porta sotto i riflettori le pagine più buie della nostra storia: per non dimenticare
Non si è mai al sicuro dall’orrore, capace di spuntare all’improvviso proprio dove sembrano affermarsi progresso e miti di evoluzione.
Scuola e memoria. C’è un legame indissolubile tra i due termini. Non solo perché – possiamo sorridere – serve buona memoria per studiare le tante cose che vengono proposte a scuola, ma soprattutto perché l’ambiente scolastico è luogo principe della Memoria, quella con la maiuscola.
A scuola, infatti, avviene da sempre lo scambio del sapere, delle conoscenze, delle emozioni e delle esperienze tra generazioni. Viene, appunto, tramandata la Memoria di un popolo – e non solo – che prende forma nella storia, nella letteratura, nell’arte, ma anche nella matematica, nella fisica, nella religione. Tutti gli ambiti del sapere sono attraversati da questa dinamica e partecipano dello scambio proficuo tra adulti e più giovani. Ma anche viceversa. Un esempio? L’ambito del digitale, la trasformazione così rapida della nostra cultura influenzata dagli strumenti tecnologici che sono immediatamente compresi e comprensibili dai più giovani, mentre chi ha qualche anno di più – mettiamoci in buona parte gli insegnanti – fatica a stare al passo, a comprendere. Magari ha più strumenti per “governare” il cambiamento – e ha la possibilità di trasmetterli: quanto si parla di educazione digitale – ma talvolta nemmeno immagina le prospettive che si aprono e che per gli studenti sono del tutto scontate.
Detto questo, torniamo alla Memoria, che in questi giorni assume la connotazione tutta speciale legata al ricordo di avvenimenti storici tanto drammatici come furono quelli che hanno attraversato il secolo scorso e in particolare il tempo dello sterminio degli ebrei – e non solo loro: rom, sinti, disabili, omosessuali, malati mentali, persone semplicemente ritenute inabili e non conformi con una idea razziale aberrante sono state altre vittime – da parte dell’ideologia e del sistema organizzato nazista.
La Giornata della Memoria ogni anno porta sotto i riflettori le pagine più buie della nostra storia: per non dimenticare. Così si dice. E al di là delle parole si coglie il timore che in effetti il rischio di dimenticare esiste. Anche nei giorni scorsi quante provocazioni con svastiche e slogan nazisti che non vorremmo mai più vedere e sentire. E quanto è densa la preoccupazione che la scomparsa inevitabile – per anzianità – degli ultimi testimoni del tempo della Shoah possa portare a un calo di tensione rispetto a temi tanto forti.
Allora vale la pena di riprendere le parole del presidente Mattarella, che ha citato Auschwitz – luogo simbolo dello sterminio – definendolo “Un unicum nella storia dell’umanità che pure è costellata di stragi, genocidi, guerre e crudeltà. Una mostruosa costruzione realizzata nel cuore della civile ed evoluta Europa in un secolo che si era aperto nella speranza del progresso, della scienza, nella tecnica, nelle istituzioni e la democrazia ma i totalitarismi hanno arrestato la ruota dello sviluppo”.
Non si è mai al sicuro dall’orrore, capace di spuntare all’improvviso proprio dove sembrano affermarsi progresso e miti di evoluzione. Per questo una volta di più la scuola deve custodire la memoria e la Memoria: quella minuscola e quella maiuscola, perché non venga mai “abbassata la guardia”, come ha ricordato la ministra Azzolina. E perché – così dice spesso Liliana Segre, splendido esempio di testimonianza di pace, capace di condanna senza appello del passato e insieme di sguardo in avanti – i giovani sono il futuro, a loro dobbiamo affidarci, passare il testimone. Con fiducia che sappiano costruire un mondo migliore.