Scuola, classi sempre più multietniche: 1 su 10 è straniero (ma nato in Italia)

Lo dicono i dati del Centro studi e ricerche Idos, in un’anticipazione del Dossier Statistico immigrazione 2018. Sul totale sono 826 mila (9,4%). Di questi più del 60 per cento è nato in Italia: non hanno la cittadinanza ma l'italiano è la loro lingua madre. Di Sciullo (Idos): «La scuola deve affrontare conflitto identità degli alunni stranieri».

Scuola e bambini stranieri

La scuola italiana è sempre più multietnica: un alunno su 10 è infatti “straniero”, anche se in 3 casi su 5 nato in Italia. Lo dicono i dati del Centro studi e ricerche Idos, in un’anticipazione del Dossier Statistico immigrazione 2018, realizzato insieme al Centro studi Confronti, che sarà presentato il prossimo 25 ottobre.

I dati. I ricercatori di Idos hanno analizzato l'anno scolastico 2016/2017, quando sul totale sono stati 826 mila gli iscritti di cittadinanza straniera, circa un decimo (9,4%) della popolazione scolastica complessiva. L’incidenza – secondo Idos – è in continua crescita, visto che gli alunni figli di italiani vanno sempre più diminuendo (- 96.300 in un anno, -1,2%) per il costante calo delle nascite, mentre quelli nati da genitori stranieri stanno gradualmente aumentando (+11.200 e +1,4%). Questo perché la popolazione immigrata è generalmente più giovane e quindi anche più feconda. «Basti osservare che tra gli italiani gli ultra 65enni sono ormai 1 ogni 4 residenti (24,3%), tra gli stranieri invece, che per il 37,6% hanno meno di 30 anni, sono solo 1 ogni 25 (4,0%)». Tuttavia, i ricercatori rilevano che anche tra gli stranieri le nascite sono in progressivo calo e, se fino ad oggi la presenza di figli di immigrati aveva compensato la decrescita della popolazione scolastica nazionale, attualmente gli alunni stranieri non bilanciano più la perdita in atto e il numero complessivo di iscritti è calato in un solo anno di 85.000 unità (-1,0%).

Piccoli cittadini: più della metà frequenta l’asilo e la scuola primaria. Più della metà degli alunni stranieri (56,6 per cento) frequenta la scuola dell’infanzia e quella primaria, dove sono quasi l’11% di tutti gli scolari, mentre meno di un quarto (23,2%) le scuole superiori, dove rappresentano solo il 7,1% di tutti gli studenti e, anche per le maggiori difficoltà di inserimento e rendimento scolastico, scelgono con più frequenza istituti professionali (orientandosi così a un immediato inserimento nel lavoro piuttosto che alla prosecuzione degli studi, a scapito della futura mobilità). “Sebbene tra loro siano rappresentate 190 nazionalità, si tratta, per oltre la metà dei casi, di giovani romeni (158.000), albanesi (112.000), marocchini (102.000) e cinesi (49.500). D’altra parte, le regioni in cui è più alta la loro incidenza nelle scuole sono nell’ordine: Emilia Romagna (15,8%), Lombardia (14,7%), Umbria (13,8%), Toscana (13,4%) e Piemonte (13,0%)”.  si legge nel dossier.

Il caso delle seconde generazioni: il 60 per cento nato in Italia. Ma il dato più importante è la quota sempre più ampia di alunni stranieri che sono nati in Italia, le cosiddette “seconde generazioni”, che spesso riconoscono l’italiano come propria lingua madre, vivono con e come i coetanei italiani e si sentono tali a tutti gli effetti cittadini, anche senza avere la cittadinanza (e ciò che essa comporta, in termini di riconoscimento giuridico e di diritti). Se dieci anni fa, nel 2007/2008 erano appena un terzo (34,7%) di tutti gli alunni stranieri, oggi sono più di mezzo milione (503.000), i tre quinti (60,9%) del totale. Rispetto all’anno scolastico precedente, sono aumentati del 12,9% (+57.600).  «Si tratta – osserva Luca Di Sciullo, presidente di Idos – di identità non riconosciute dalla legge e spesso scisse tra due mondi culturali di riferimento, ora in conflitto con le famiglie immigrate d’origine, quando ne rifiutano il modello identitario per abbracciare quello italiano, ora con la società italiana, quando accade il contrario».  «Nel primo caso – afferma il Presidente del Centro studi – essi rischiano un doppio conflitto: oltre che con la famiglia d’origine, perché si sentono italiani, anche con la società ospitante, se, al momento di inserirsi nel mondo del lavoro o nei contesti di partecipazione sociale, verranno comunque discriminati perché formalmente stranieri».

La scuola deve affrontare il conflitto d'identità degli alunni stranieri. Per questo secondo Di Sciullo oggi la priorità della scuola non è più i mandare a regime una didattica meno incentrata sulla sola storia, geografia e cultura italiana e più aperta alla conoscenza dei paesi e delle tradizioni del resto del mondo, ma  «affrontare e gestire il loro conflitto d’identità, perché esso non finisca per esplodere, quando, usciti dalle aule, questi giovani si inseriranno nella società. Un compito in cui la scuola non può essere lasciata da sola, ma che richiede la collaborazione di tutte le altre agenzie formative (famiglie, associazioni, gruppi sportivi ecc.) che una volta formavano la cosiddetta comunità educante». (ec)

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Parole chiave: scuola (455), alunni stranieri (2), immigrati (78), integrazione (33)
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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)