Saranno le macchine a “risolvere” i problemi? I bambini e gli adolescenti di oggi vivranno in un mondo trasformato dalle tecnologie
Lo scenario si fa sempre più futuristico, il mondo pare essere giunto a un “passo evolutivo” epocale.
Nuovi fermenti sollecitano il mondo della scuola, attualmente impegnato a progettare azioni da realizzare con i fondi previsti dal Pnrr Italia, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Quest’ultimo prevede, infatti, un pacchetto di investimenti articolati in sei missioni che riguardano direttamente anche l’ambito dell’istruzione e della ricerca, come la digitalizzazione e l’innovazione, la coesione e l’inclusione. L’idea di fondo è quella di realizzare una scuola “innovativa, sostenibile, sicura e inclusiva” con l’obiettivo di garantire a tutti il diritto allo studio, formando competenze atte a cogliere le sfide del futuro e superando ogni tipo di disparità.
All’interno di questi interventi due sollecitazioni sembrano essere particolarmente urgenti: il ruolo dell’AI (Artificial Intelligence) a scuola e i percorsi Sel (Social Emotional Learning), cioè improntati all’apprendimento socio-emotivo. Lo scenario si fa sempre più futuristico, il mondo pare essere giunto a un “passo evolutivo” epocale: l’uomo si avvarrà sempre di più del supporto delle intelligenze artificiali, perfezionando le proprie performance cognitive, ma nello stesso tempo dovrà mantenere vivo il proprio substrato socio-emotivo, in sostanza la propria “umanità”.
Una divaricazione, quella tra “uomo” e “macchina” che ha evidentemente il sapore della sfida.
I bambini e gli adolescenti di oggi sono destinati a vivere in un mondo trasformato (o forse rivoluzionato?) dalle tecnologie: che posseggano o no le competenze adeguate a quel futuro, che siano in grado di tenere salda la propria umanità di fronte al digitale dipenderà anche dalla scuola.
A tal riguardo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) scrive nel documento “The Future of Education and Skills: Education 2030”: “Esiste una domanda crescente nei confronti delle scuole perché preparino gli studenti ai cambiamenti economici e sociali più rapidi, ai posti di lavoro che non sono stati ancora creati, alle tecnologie che non sono state ancora inventate e a risolvere problemi sociali che non esistevano in passato”. Non si tratta, quindi, di acquisire competenze sul funzionamento dell’AI per poterla utilizzare a proprio vantaggio, ma di saperne distinguere anche eventuali usi impropri.
Il “Piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027) ”, elaborato dall’Ue, e la Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale , pubblicata dal Ministero dello Sviluppo economico, hanno evidenziato la necessità di riprogettare il curricolo delle scuole affinché includa gli apprendimenti nel campo dell’Intelligenza Artificiale e dei dati e favorisca l’aggiornamento delle competenze di studenti e corpo docente.
Naturalmente tali interventi dovranno avvenire nel “solco” dell’apprendimento “umano”, senza mettere in discussione le fondamentali relazioni con l’insegnante e tra i pari.
Si profila, dunque, l’opportunità di una reale “rigenerazione” della scuola, che apra nuove frontiere anche nell’ambito dell’inclusività, ad esempio con il supporto della cosiddetta “robotica sociale ”, utilizzata per favorire apprendimento e relazioni nei bambini con disturbi dello spettro autistico, o per migliorare le prestazioni degli studenti con Bisogni Educativi Speciali (Bse) e Disturbi Specifici dell’Apprendimento (Dsa). Anche dal fronte della “realtà aumentata” potrebbero giungere contributi con la realizzazione di ambienti educativi più coinvolgenti e coerenti al contesto e al mindset dei discenti.
Saranno quindi le macchine a “risolvere” i problemi dell’uomo? Riuscirà l’uomo a mantenersi “al centro” del proprio percorso senza perdere di vista la propria essenza?
Da questo punto di vista l’Unione europea, attraverso interventi nell’ambito della progettazione Erasmus+, sta tentando di diffondere buone pratiche relativamente al benessere socio-emotivo dei discenti. L’attenzione è puntata sulle pratiche di mindfulness e coaching. La proposta investe il ruolo del docente, sempre più immerso nell’“educazione” e nella “cura” emotiva dei propri studenti. Il passaggio anche in questo aspetto appare delicatissimo, perché mette in gioco la sensibilità e il senso di responsabilità del mondo adulto nei confronti degli orizzonti futuri.